Lo scorso 30 settembre ad Arcore al cinema locale sullo schermo si assiste ad una proiezione particolare. È in programma il docufilm “Il padrino e lo scrittore-Storie di ‘ndrangheta in Brianza”. La storia è quella del capo della Locale riunificata di Seregno e Giussano, Antonino Belnome, pentito di alto rango che da tempo dialoga con lo scrittore locale Camillo Costa per costruire un libro pedagogico di memorie. Il documentario realizzato dal regista brianzolo Marco Tagliabue è stato trasmesso dalla Tv svizzera ma salvo proiezioni militanti non è stato diffuso da nessun canale o piattaforma italiana.
Benvenuti in Brianza. Terra ampia estesa oltre la nuova provincia di Monza, nell’immaginario abitata da sciur Brambilla e oggi approdata grazie al cavalier Berlusconi in serie A con la squadra di Galliani.
La ‘ndrangheta la si immagina a Milano, posizionata nella metropoli a conquistare Borsa e affari. Invece tutto nasce grazie al controllo di comuni medi che non superano i 40mila abitanti come Seregno e Giussano.
Il fenomeno è arrivato con qualche confinato, c’è sempre l’emigrazione dei muratori, quella che negli anni Sessanta dilata la popolazione. Poi iniziarono i sequestri di persona.
Nel 1983 a Seregno rapirono Isabella Schiatti e Giovanni Cesana, l’antivigilia di Natale del 1982 fu amara invece per Pierantonio Colombo, all’epoca 39 anni, cummenda della “Seven salotti” di Giussano. L’anno dopo nello stesso paese rapiscono un altro titolare di mobilificio, Ambrogio Elli.
Le buone ricerche sociologiche nate dopo le numerose inchieste della Dda hanno recuperato la figura di Erminio Barzaghi, sindaco di Giussano, che ha le antenne giuste per comprendere che la Brianza sta cambiando. Da presidente del locale ospedale rifiuta anche i regali di Natale, è sindaco quando rapiscono l’Ambrogio Elli. Il giorno dopo organizza una fiaccolata con 4mila persone e 30 sindaci della zona. Organizzerà altre mobilitazioni con l’obiettivo di creare coscienza civica contro le mafie di zona. Vede lungo il sindaco democristiano che all’epoca sosteneva: «In Brianza il pericolo serio è che il peggio del Sud si sposi con il peggio del Nord».
Quando esce di scena il ricambio non sarà della stessa matrice.
Ma chi comanda in Brianza? Attenti a non fare equazioni a paese calabrese corrisponde Comune da conquistare.
Ad esempio a Giussano prevalgono quelli di Francica, vibonesi arrivati in zona nel 1952, ma il locale era giurisdizione dei Gallace di Guardavalle nel Catanzarese che dista 60 chilometri da Vibo. Nella vicina Seregno invece per lungo tempo il dominus è Rocco Cristello di Mileto del Vibonese. Gente tosta capace in un circolo sportivo di Paina di Giussano di minacciare con coltelli il fratello di un consigliere comunale di Seregno per farsi restituire una somma di denaro di un loro socio e prendersi tutto il mobilio di casa per chiudere il lodo.
Nella stessa zona nel 2006 viene rinvenuto un arsenale di kalashnikov e bombe a mano in una casa di Salvatore Mancuso originario di Limbadi ma residente a Giussano.
Ma Antonino Belnome, il padrino pentito del film, di dov’è? Figlio di un siciliano sposato ad una donna di Guardavalle. Nei giornali del Sud dicono che il suo soprannome è “u fagiolino”. Ma a Giussano dove è nato nel 1972 lo chiamavano “nome”.
Cresce al parco pubblico delle Romanelle. Comitiva locale che affronta quelli dei quartieri confinanti. D’estate va in Calabria in vacanza. Pugni, moto e pallone. E’ bravo al calcio. Inizia in zona. Arriverà a giocare con il Catania e il Teramo lasciandosi alle spalle l’apprendistato di muratore e montatore di mobili. Un incidente stradale stronca la carriera. Torna a Giussano.
All’Ortomercato di Milano grazie ad un cugino incontra Andrea Ruga, uomo di panza di Monasterace che in un banco lavora in regime di semilibertà. Si prendono in simpatia. Sembrano padre e figlio. Lo accompagna ai summit. Nulla è come prima. Non viene da famiglia di ‘ndrangheta Belnome, anche se la mamma è di Guardavalle, ma viene introdotto dai Cristello di Seregno. Al quartiere Crocione in un piccolo prato circondato da siepi viene affiliato come sgarrista. Poi in una villa disabitata di Caulonia, con due omicidi di alto calibro, gli viene data la nomina di padrino. In copiata ci sono Commisso, Alvaro e Iamonte. È diventato uno che conta il capo della Locale di Giussano. È lui ad aver ucciso Carmelo Novella, il boss autonomista che voleva attuare la secessione della Lombardia dalla Calabria. Belnome è uno che non è nato in Calabria. Arrestato nell’operazione Infinito. In carcere produce un memoriale di 49 pagine in cui esorta i giovani a non commettere i suoi errori.
Il 14 marzo del 2012 nell’aula bunker di San Vittore “nome” collegato in videoconferenza si mostra con i capelli rasati, occhiali da sole calzati in testa e maglietta rossa dietro una scrivania bianca. Parla per 8 ore di seguito aggiungendo particolari ai suoi copiosi verbali. Racconta tutto quello che sa della ‘ndrangheta in Brianza. Direttori di banca, uomini delle istituzioni, politici, omicidi. Antonio Tedesco detto l’Americano, freddato il 27 aprile 2009 in un maneggio di Bregnano (Como) attirato nella trappola di una finta affiliazione e Rocco Stagno, ucciso e dato in pasto ai maiali nella porcilaia di Bernate Ticino. Non mancano retroscena di una vita vissuta al di sopra di tutti. Al Noir di Lissone dove consumavano champagne delle migliori marche senza pagare. Dei locali notturni, pub, ristoranti controllati dai loro clan.
La ‘ndrangheta a Seregno non era solo quella del quartiere Crocione, solito falansterio di case popolari nate come la via Gluck di Milano dove prima c’era la campagna brianzola.
La ‘ndrangheta ha deturpato la Brianza di Berlusconi. Vicino alla villa di Arcore trovi «una distesa di centri commerciali e megaparcheggi, di carcasse di cemento prefabbricato con appartamenti che perennemente non trovano compratori» come scrive la ricercatrice Silvana Carcano. È il ciclo del cemento, delle licenze facili, degli appalti pilotati, dei padroncini del movimento terra.
Collabora con la giustizia anche l’altro killer di Novella, Michele Panajia, anche lui affiliato di Seregno. Al Molo 13 di Guardavalle riceve il ringraziamento dei tre boss di riferimento che avevano bloccato la secessione lombarda.
Guardavalle richiama vecchie stragi. L’Italia inorridiva nel 1974 sentendo che un ragazzino di 13 anni in quel paese sconosciuto era rimasto ucciso in una faida tra due famiglie. Cinque morti e dieci feriti in poche ore. “Legami con gli agrari del posto” scriveva Franco Martelli sull’Unità. I cognomi dei morti e dei fermati uguali ai fatti di Brianza. Il 4 agosto del 1991, si consuma una ennesima “strage di Guardavalle”.
Come le connetti queste vicende barbare, poco comprese all’epoca, con l’inchiesta sull’amministrazione comunale di Seregno, commissariata dopo l’arresto del sindaco Edoardo Mazza e le successive dimissioni di Giunta e Consiglio? Mazza, avvocato civilista e sindaco dal 2015, è accusato di corruzione per avere favorito un imprenditore legato alle cosche, Antonino Lugarà, in cambio di voti. Tra gli interessi del noto costruttore edile della provincia brianzola c’è la convenzione per la costruzione di un centro commerciale nel comune lombardo.
Al processo per corruzione hanno chiesto 5 anni per il sindaco e 7 anni e 4 mesi per il costruttore. In molti ricordano, soprattutto le ricerche di Mattia Maestri commissionate da Assolombarda e quella di Silvana Carcano, sostenuta dal senatore Gianmarco Corbetta, che ricordano che, nel pieno della campagna elettorale a sostegno di Mazza, il vicepresidente della Regione Lombardia Mario Mantovani partecipò all’aperitivo organizzato da alcuni candidati consiglieri, il 27 maggio 2015 a Seregno, presso il bar-panificio «Tripodi». Un evento che rimbalzò sulla stampa nazionale e locale, dal momento che esso si teneva presso un locale gestito da una famiglia di ‘ndrangheta. A quell’aperitivo parteciparono numerose persone invitate da Lugarà e tra queste vi erano soggetti appartenenti alla criminalità calabrese e alte cariche della sanità lombarda. Aveva visto giusto il sindaco Barzaghi. Il peggio del Sud si sposerà con quello del Nord. Gli emigrati di Santa Agata d’Esaro sono gemellati con i cittadini di Seregno. Non hanno dato mai problemi a nessuno.
Antonino Belnome vive in località protetta. Pensa ai suoi gol, agli omicidi, al pentimento. Attendiamo di leggere la sua storia scritta da uno scrittore brianzolo. (redazione@corrierecal.it)
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