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‘Ndrangheta, l’usuraio “intoccabile” e le differenze tra i due Accorinti. «Peppone non lasciava niente»

Il racconto del collaboratore Moscato. Gli spari alla Bartolini: «L’ho fatto in pieno giorno, davanti agli operai. Un favore a Scrugli»

Pubblicato il: 03/08/2024 – 10:31
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, l’usuraio “intoccabile” e le differenze tra i due Accorinti. «Peppone non lasciava niente»

LAMEZIA TERME «C’era un uomo di Vibo, faceva parte di una famiglia per bene, ma dava i soldi in usura e li prendeva da Saverio Razionale». Lo ha detto in aula bunker il collaboratore di giustizia Raffale Moscato, sentito dalla pm del pool antimafia della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci davanti al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Il riferimento è a D.B., soggetto non indagato ma tirato in ballo a più riprese anche da altri collaboratori “eccellenti” come Andrea Mantella e Bartolomeo Arena.
«Saverio Razionale era a capo della ‘ndrina di San Gregorio dopo Rosario Fiarè» racconta ancora Moscato, di grandissimo spessore criminale, si diceva che avesse anche un conto nella Banca Vaticana». Secondo il racconto del collaboratore di giustizia Razionale «dava i soldi a questo qui affinché li vendesse a strozzo. Questa sua vicinanza lo aveva di fatto reso un intoccabile».

Gli affari di “Nilo” e i soldi da recuperare

La pm chiede poi a Moscato se conoscesse un tale “Nilo”. «È un soggetto di Vibo che aveva un’impresa a Roma, il compare d’anello o di Franzè o di Topia, persone fidate del narcotrafficante ucciso, Vincenzo Barbieri. A questo Nilo ricordo che gli sono stati dati soldi da questo usuraio e da Razionale. Lo so perché Antonio Franzè, quando trafficava dal Sudamerica, gli aveva chiesto 50mila euro da investire cosicché potesse moltiplicare i guadagni». Secondo il racconto del pentito «quando ero in cella con Antonio Franzè, mi disse se potevamo fargli un favore, cioè recuperare i soldi da questo Nilo. Era una vicenda che riguardava un po’ tutti perché Franzè ormai era inserito nel nostro locale. L’intento era che, se questo Nilo non avesse restituito i soldi, avremmo dovuto sparargli nelle gambe, avremmo dovuto tirargli “due botte”». Poi però arriva la ‘mbasciata «perché questo Nilo, essendo amico di Razionale era intoccabile», ha spiegato il pentito.



Il danneggiamento alla Bartolini

«Con il locale di Zungri ho avuto a che fare con “Lollo” ovvero Gregorio Niglia (tra gli imputati che hanno scelto l’abbreviato ndr) e con una serie di soggetti ma non c’erano grandi rapporti come quelli che avevamo con altre famiglie del Vibonese». «Per il 99% abbiamo avuto rapporti per droga e l’acquisto di un Kalashnikov da Vincenzo Riggio che io ho pagato in cocaina. A fare da intermediario è stato Peppone Accorinti, di fatto il capo di quel locale». Secondo Moscato «gestivano la zona di Pannaconi, Paradisoni, Zungri, San Costantino, Cessaniti, una parte del Monte Poro e anche una parte di Briatico, la frazione di San Leo e ovviamente Zungri». «Ricordo – ha detto ancora Moscato – che feci un danneggiamento alla Bartolini a Vena di Ionadi perché era ancora in vita Francesco Scrugli e Peppone Accorinti si stava un po’ “allargando”. Ricordo che sono andato lì, alla sede dell’azienda, e ho sparato in pieno giorno mentre c’erano i dipendenti. Era una cortesia che ho fatto a Scrugli».

I due Accorinti

Nel suo intervento in aula, su input della pm della Dda, Moscato fa anche una sorta di distinzione tra i due Accorinti. «Tra quello di Briatico e quello di Zungri c’è una grande differenza. Giuseppe Accorinti di Briatico diceva di volersi tirare fuori da tutto mentre quello di Zungri, Peppone, non lasciava nulla al caso, si prendeva tutto». A proposito di Lollo, Gregorio Niglia, «è stato battezzato nel locale di Zungri da Peppone Accorinti nel 2010. Ha fatto usura, ha trattato droga e fatto estorsioni per conto di Peppone. A dirmelo è stato Antonio Vacatello, mi ha detto che gli avevano “passato la novità”. Ricordo che eravamo in un ristorante». «Con Vacatello – ha detto ancora il pentito – avevo rapporti di traffico di stupefacenti, a volte la davo io a lui, altre volte il contrario e la spacciavamo a Vibo Marina». Antonio Vacatello ha rimediato una condanna a trent’anni di carcere al termine del processo “Rinascita-Scott”. Il classe ’64, infatti, è considerato il capo ‘ndrina di Vibo Marina, collegata con quella di Zungri. (g.curcio@corrierecal.it)

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