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Da Gela a Platì, i viaggi di notte in auto per rifornirsi di cocaina in Calabria

Inchiesta della Dda di Caltanissetta che ha fatto luce nuovamente sulla rotta Calabria-Sicilia e i viaggi a bordo di un Q5

Pubblicato il: 13/09/2024 – 17:45
di Giorgio Curcio
Da Gela a Platì, i viaggi di notte in auto per rifornirsi di cocaina in Calabria

LAMEZIA TERME Un’organizzazione criminale fervidamente impegnata in un fiorente traffico di sostanze stupefacenti. È l’ennesimo scoperto nel blitz eseguito in Sicilia con l’esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 14 persone, indagate a vario titolo per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Caltanissetta, ha messo in evidenza ancora una volta il legame tra Sicilia e Calabria nel rifornimento di droga destinato dalla nostra regione a quella sicula.


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L’inchiesta

Tra gli elementi più importanti emersi dall’inchiesta c’è Crocifisso Di Gennaro (cl. ’81) mentre in posizione subordinata gli inquirenti hanno individuato il nipote Michael Nicholas Liardo (cl. ’04) e Mauro Di Francesco (cl. ’98), tutti e tre finiti in carcere. L’indagine coordinata dalla Procura di Caltanissetta ed effettuata dagli uomini del R.O.N.I. del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caltanissetta, sono partite da una serie di elementi, a cominciare dal numero elevato di incendi ai danni di numerose attività commerciali nel corso del 2021, ai quali si aggiungono danni di autovetture e abitazioni di privati cittadini in un contesto, quello di Gela, dove storicamente si è registrata la compresenza di gruppi criminali appartenenti tanto al sodalizio mafioso denominato “stidda” quanto a diverse anime di Cosa Nostra.

Il “Coffe one”

Sulla scorta di tali elementi, veniva avviata un’attività tecnica di intercettazione sulle utenze telefoniche in uso ai soggetti di interesse investigativo, nonché un’attività di videosorveglianza in corrispondenza dell’esercizio commerciale “Coffe One” gestito da Di Gennaro che, giovandosi dell’apporto del nipote Liardo, «teneva le redini di un gruppo criminale dedito al narcotraffico», scrive il gip nell’ordinanza. Nei loro dialoghi, intercettati all’interno del “Coffe One”, gli indagati «utilizzavano termini espliciti quali “panetti”, “sostanza da taglio”, “grammi”, “fumo”, “canne” e “cocaina”, convinti di non essere intercettati. Durante l’indagine, inoltre, è emersa anche una certa preoccupazione manifestata dagli indagati di essere intercettati con l’adozione di particolari cautele.

Da Platì a Gela

L’inchiesta ha soprattutto svelato – ancora una volta – il profondo legame tra la Sicilia e la Calabria in materia di traffico di droga, prediligendo ancora l’asse tra Gela e la costa jonica calabrese, tra Bovalino e Platì. Uno dei protagonisti dell’inchiesta, infatti, spiega di essersi rifornito in Calabria in più di un’occasione per rifornirsi di droga. Attraverso la visione delle immagini tratte dalle telecamere, gli inquirenti sono riusciti a documentare altri viaggi in piena notte dalla Sicilia in Calabria, a bordo di un’Audi Q5, nonché la sosta di oltre mezzora a Platì, prima di ripartire alla volta dell’isola siciliana. Inoltre, nel periodo oggetto di monitoraggio (ossia in poco più di un anno) è stata accertata la costante disponibilità di sostanza stupefacente da parte del sodalizio, i cui componenti non solo potevano contare su almeno due canali di approvvigionamento (Catania e Calabria), ma «si dedicavano, in modo spasmodico, anche alla successiva distribuzione ad una vasta platea di consumatori», ricostruisce il gip nell’ordinanza.

La diffidenza dei Calabresi

In una circostanza, ad esempio, dopo che il nipote aveva consegnato 600 euro in contanti, Di Gennaro raccontava al nipote una interlocuzione avuta con un soggetto terzo, evidentemente un fornitore calabrese di sostanza stupefacente, il quale aveva lamentato che «un soggetto di Gela sottoposto ad intercettazioni si era recato da lui in Calabria esponendolo ad evidente rischi connessi alle attività in corso. Allo stesso soggetto, Di Gennaro raccontava di aver detto di essere stato sempre estremamente preciso nella gestione delle proprie transazioni.
«(…) ah … allora tu gelese sotto intercettazioni… ah… non venire in Calabria». In un’altra conversazione intercettata dagli inquirenti, lo stesso Di Gennaro faceva intendere che i fornitori calabresi non si fidavano dei soggetti gelesi in quanto a loro dire erano sempre intercettati, tanto che preferivano recarsi loro dalla Calabria in Sicilia per consegnare lo stupefacente. (g.curcio@corrierecal.it)

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