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All Inside, il pm chiede 800 anni di carcere

PALMI Ottocento anni di carcere complessivi, di cui quasi trecento solo per il cuore operativo e decisionale della cosca: di fronte ai giudici del Tribunale di Palmi, la pm della Dda reggina, Aless…

Pubblicato il: 22/02/2013 – 12:53
All Inside, il pm chiede 800 anni di carcere

PALMI Ottocento anni di carcere complessivi, di cui quasi trecento solo per il cuore operativo e decisionale della cosca: di fronte ai giudici del Tribunale di Palmi, la pm della Dda reggina, Alessandra Cerreti, affiancata dalla collega Giulia Pantano, ha concluso la sua requisitoria invocando pene severe per gli imputati del processo “All Inside”.
Per i 64 imputati del maxiprocedimento scaturito dall’inchiesta che ha messo in ginocchio il potentissimo clan Pesce di Rosarno – inaugurando una fortunata serie di indagini che ne ha prima intaccato la struttura militare ed esecutiva della cosca, quindi i patrimoni – il sostituto Cerreti ha chiesto condanne variabili da 30 ad un anno. Non si tratta di numeri a caso, ha spiegato il pm nel corso dell’ultima giornata di requisitoria, dedicata esclusivamente alle richieste, ma istanze di pena calibrate in ragione del ruolo e del peso di ciascun affiliato all’interno del clan.

LA COLLABORAZIONE DI GIUSEPPINA PESCE
Una famiglia, quella dei Pesce, non solo in grado di contaminare e condizionare il tessuto economico e sociale di Rosarno e del suo comprensorio, prendendo in mano tutto – dai pubblici appalti alle locali squadre di calcio – ma in possesso dei contatti necessari anche per tentare di condizionare i pubblici poteri al fine di ottenere benefici giudiziari. Un clan potente e ramificato, tanto medioevale nelle logiche fondate sul falso mito dell’onore, del sangue e dell’omertà, quanto spregiudicato e avveniristico negli affari. Un clan i cui segreti e meccanismi sono stati svelati soprattutto grazie alla collaborazione di Giuseppina Pesce, figlia di Salvatore, per la quale la pm Cerreti ha chiesto 4 anni di reclusione.
Inchiodata da una storia criminale ad essere sempre la figlia, la moglie, la sorella, cugina di qualcuno, Giuseppina – poco più di 30 anni e già tre figli da crescere – dopo l`arresto, avvenuto durante l`operazione “All Inside”, il 14 ottobre 2010 ha iniziato a collaborare con i magistrati. Alla pm Cerreti, è stata in grado di raccontare in dettaglio del giro di soldi e di affari legato alla famiglia, i ruoli che i diversi uomini ricoprono, la rete di prestanome che li protegge. 

CONDANNE DURE PER IL GRUPPO DI COMANDO
Ed anche grazie alle rivelazioni di chi per anni ha vissuto a un passo dal cuore pulsante della cosca che le condanne richieste sono tarate al millimetro sul peso criminale dei singoli esponenti dell’organizzazione. E sono severe per la cabina di regia del clan: 30 anni di reclusione sono stati chiesti per il patriarca Antonino e per Salvatore Pesce, padre della pentita, così come per Giuseppe Ferraro, capo operativo del clan a Milano, che nel corso dell’istruttoria aveva provocatoriamente invocato lo psichiatra per la nipote Giuseppina. Trent’anni totali, in ragione di una richiesta di condanna a 26 anni più 4, sono stati chiesti anche per Francesco Pesce, conosciuto come “Cicciu Testuni”, arrestato dopo una breve latitanza e considerato il giovane reggente del clan. Per il cognato di “Testuni”, Roberto Matalone, arrestato da latitante nell’agosto scorso mentre leggeva tranquillamente in spiaggia il libro “Cacciatori di mafiosi”, che dedica uno dei capitoli proprio all’attività investigativa messa in campo per braccare Francesco Pesce, il pm Cerreti ha chiesto 26 anni di reclusione.
Ventotto anni sono stati chiesti per Marcello Pesce, tuttora latitante, mentre di 26 è la richiesta di condanna avanzata per Rocco Palaia, il marito di Giuseppina, accusato dagli inquirenti di aver tentato di fare pressione sulla donna, sia direttamente sia tramite i figli,  per convincerla a interrompere la collaborazione con la Dda.
Dure le richieste di condanna anche per la madre e la sorella di Giuseppina, Angela Ferraro e Marina Pesce, per le quali il pm Cerreti ha chiesto rispettivamente 14 e 13 anni di reclusione, in ragione del fondamentale ruolo che la stessa pentita ha spiegato nel corso dell’istruttoria: «Io e le altre donne abbiamo garantito la sopravvivenza della cosca mantenendo la continuità dei proventi anche in assenza degli uomini. Oltre a questo, io e le altre donne avevamo il compito di raccogliere i soldi delle estorsioni e di portarli in carcere a mio fratello Francesco».
Venticinque anni sono stati chiesti invece per Rocco Pesce, di 56 anni e Mario Ferraro, mentre di 28 anni è la richiesta avanzata nei confronti di Andrea Fortugno, giovanissimo e indicato dagli inquirenti come elemento operativo di spicco del clan, in particolare nel settore dello smercio di sostanze stupefacenti e nell`approvvigionamento di armi, già balzato agli onori delle cronache come principale indagato per l’aggressione ai migranti di Rosarno, che nel 2010 diede il via alla rivolta.
Vent’anni sono stati chiesti invece per  Francesco D`Agostino e Vincenzo Pesce, di 27 anni, diciotto per Claudio Lucia, Domenico Varrà e Franco Rao, mentre di 16 anni di detenzione è la richiesta avanzata nei confronti di Rocco Rao, Marco Bassolamento, Francesco Di Marte, Giuseppe Di Marte, Domenico Leotta, Francesco Pesce (1987) e Alberto Petullà, tutti considerati esponenti del clan con ruoli operativi di rilievo. Compiti altrettanto importanti nella gestione del clan svolgevano anche i soggetti colpiti da una richiesta di 15 anni di reclusione come Domenico Fortugno, Rocco Giovinazzo, Francesco Pesce (1979), Rocco Pesce (1984) e Domenico Sibio.

RUOLI OPERATIVI E CONDANNE INTERMEDIE
Un secondo blocco di condanne intermedie, che vanno dai 9 anni di reclusione, chiesti per Maio Palaia, ai 14 che il pm Cerreti ha chiesto che vengano inflitti a Giuseppe Filardo, uno dei responsabili del traffico di sostanze stupefacenti, nonché della gestione di un’emittente radio riconducibile a Salvatore Pesce, utilizzata per comunicare messaggi dall’esterno ai detenuti e Giuseppe Gaglioti, riguardano personaggi che pur non avendo ruoli di comando, svolgevano per il clan compiti di fondamentale importanza. Tra questi si annoverano Antonino Tirintino (13 anni), così come Carmelo Luciano, Yuri Odierna, Giuseppe Pesce, Maria Grazia Pesce, Maria Stanganelli, Carmelina Capria e quella che viene considerata la cassiera del clan, Maria Grazia Messina, per i quali è stata chiesta una condanna a 12 anni di reclusione.

LE POSIZIONI MINORI
Un ultimo blocco di condanne minori riguarda invece Signorino Armeli, Giovanna Ciurleo, Maria Carmela Garruzzo, Giovanna Iulio, Maria Concetta Larocca, Erminda Paterna, Ettore Tassi, Daniela Tirintino, Teresa Mazzuoccolo e Giuseppe Valenzise, per i quali sono stati chiesti 4 anni di reclusione. Tre anni  e 10 mesi sono stati chiesti invece per Giuseppe Raso e Alessandro Zagarella, 3 anni e 8 mesi per Giuseppe Mazzeo, mentre per Michele Cuppari, Rachele Salvatore Angela Staltari, Antonino Staltari, Michelangelo Zagami e Serenella Fedele Rustico, la pm Cerreti ha avanzato una richiesta di condanna pari a 3 anni e 6 mesi. Infine, il sostituto della Dda reggina ha chiesto che vengano condannati a 1 anno e 6 mesi Giuseppa Bonarrigo, Francesco Pesce (1988) e Francesco Saffioti, mentre alla pena di un anno di carcere Salvatore Michelizzi.
I pm hanno inoltre  chiesto la confisca del Sapri Calcio e la trasmissione al proprio ufficio degli atti riguardanti 14 testimoni sospettati di falsa testimonianza, fra i quali Francesco Cosentino, presidente del Catanzaro Calcio, formazione che milita in prima divisione Lega Pro, chiamato a testimoniare in qualità di imprenditore. Da parte loro, i legali delle parti civili, costituite dal ministero dell`Interno, dalla Regione Calabria, dalla Provincia di Reggio e dal Comune di Rosarno, hanno chiesto risarcimenti complessivi per oltre 50 milioni di euro.

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