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Corruzione elettorale: 17 avvisi di garanzia per la "cricca" Rappoccio

Assunzioni in cambio di voti. Concorsi “fantasma” banditi da tre cooperative che avevano sede nell`ex segreteria del consigliere regionale del Pri Antonio Rappoccio, già rinviato a giudizio per cor…

Pubblicato il: 14/02/2012 – 15:08
Corruzione elettorale: 17 avvisi di garanzia per la "cricca" Rappoccio

Assunzioni in cambio di voti. Concorsi “fantasma” banditi da tre cooperative che avevano sede nell`ex segreteria del consigliere regionale del Pri Antonio Rappoccio, già rinviato a giudizio per corruzione elettorale.
Per lo stesso reato dalla Procura di Reggio Calabria sono partiti 12 avvisi di garanzia destinati a quella che è stata definita la “cricca Rappoccio”.
Il provvedimento, firmato dal sostituto procuratore Stefano Musolino, è stato notificato a Santo Surace (di 52 anni), Maria Antonia Fedora Catanzariti (45), Elisa Campolo (31), Roberta Arcidiacono (48), Consolato Occhiuto (57), Andrea Gullì (46), Santo Mandalari (47), Antonino Scimone (38), Ilenya Comerci (23), Loredana Tolla (48), Emilio Domenico Tripepi (43) e Pasquale Tommasini (69).
Ed è stato proprio quest`ultimo a spiegare agli inquirenti il sistema che sarebbe stato adottato dal consigliere regionale dei Repubblicani per rastrellare voti. Un sistema denunciato dall`ex presidente del consiglio comunale di Reggio, Aurelio Chizzoniti, primo dei non eletti nella lista “Insieme per la Calabria” alla quale aveva aderito anche il Pri.
La centrale operativa era in via San Francesco Da Paola, a Reggio Calabria, allo stesso indirizzo dell`ex segreteria politica di Rappoccio a pochi metri da piazza Sant’Agostino.
In sostanza, gli indagati avrebbero «promesso – scrivono i magistrati – a numerosi elettori futuri posti di lavoro in cambio di un consistente numero di voti da destinare al Rappoccio, quale candidato nella lista provinciale n. 10 avente il contrassegno “Insieme per la Calabria” in vista della consultazione elettorale del 28 e 29 marzo 2010 per il rinnovo del consiglio regionale della Calabria. In particolare, approfittando della grave crisi occupazionale, ancora prima della campagna elettorale, iniziavano a prospettare concrete possibilità di lavoro presso cooperative, strumentalmente costituite, che avrebbero dovuto operare in vari settori fra cui, dopo il fallimento di altri fantomatici progetti (sportello informatico, orto botanico per piante rare e palestra per la riabilitazione di soggetti disabili) anche in quello fotovoltaico, creando a tal fine la cooperativa “Alicante” e, successivamente, altra denominata “Iride Solare”, così inducendo circa 850 persone a promettere il proprio sostegno elettorale e quello di amici e parenti».
Centinaia di aspiranti ai quali, stando alla ricostruzione della Procura, «oltre al versamento di una quota di 20 euro per la partecipazione al concorso, veniva richiesto un impegno elettorale per il raggiungimento dell`obiettivo della creazione di posti di lavoro ed a tal fine venivano consegnate delle schede (di cui 289 acquisite agli atti, unitamente a 6 copie fotostatiche di tessere elettorali ed una in originale) che poi venivano restituite alla segreteria del Rappoccio con indicati i nominativi degli elettori di cui veniva assicurato il voto, l`indicazione del seggio e della sezione elettorale».
Nell`avviso di garanzia, il pm Musolino sottolinea gli artifici, i raggiri e le false notizie messe in piedi dagli indagati che «esercitavano pressioni per costringere costoro ed i soggetti di cui veniva assicurato il voto, ad esprimerlo» in favore di Rappoccio.
Nell`ambito della stessa inchiesta, la Procura della Repubblica ha notificato altri cinque avvisi di garanzia anche ai soggetti che, «in qualità di elettori, avevano accettato le promesse formulare dal candidato Rappoccio Antonio e dai suoi sodali di procurare a loro e ai loro familiari, anche attraverso la cooperativa “Alicante” e successivamente un altra denominata “Iride Solare”, futuri posti di lavoro, in cambio di un consistente numero di voti».  
Si tratta di Antonino Caridi, Santino e Filippo Nucera, Antonino Malara e Domenco Quattrone.
Ritornando ai dodici indagati per corruzione elettorale, buona parte dei soggetti che ruotavano attorno alle cooperative di Rappoccio oggi lavorano a Palazzo Campanella nella struttura del consigliere regionale. È il caso di Maria Catanzariti che ha prestato servizio prima alla “Iride solare” e poi alla “Sud Energia” (la terza cooperativa riconducibile al politico). Ma anche di Loredana Tolla, la telefonista che avrebbe contattato i partecipanti ai concorsi fantasma e collega di Elisa Campolo, candidata ad aprile 2011 al consiglio comunale di Reggio nella lista del Pri. Riuscì a raccogliere 427 preferenze che non le hanno consentito di conquistare un seggio a Palazzo San Giorgio. Lavora, perciò, ancora al Consiglio regionale dove troviamo anche il figlio di Roberta Arcidiacono, compagna di Rappoccio e collega di Maria Catanzariti nella “Iride solare”.
E proprio per quanto riguarda la gestione di questa cooperativa che Arcidiacono e Catanzariti erano entrate in contrastro con l’amministratore della stessa, Pasquale Tommasini, colpevole di aver denunciato in Questura cosa avveniva in via San Francesco da Paola e di aver interrotto il bando di concorso per cui era stata nominata una commissione esaminatrice della quale, stando a una lettera firmata da Arcidiacono e Catanzariti (e finita nel fascicolo della Procura), avrebbe fatto parte anche «il giudice popolare del Tribunale di Reggio Calabria Lucia Spinella».
«Se tu avessi lavorato nella forestale dove ho lavorato io non campavi neanche quindici minuti».  L’istruttore direttivo della polizia municipale, Aldo Claudio Rotilio, riporta ai magistrati le parole sentite da Rappoccio a Palazzo San Giorgio, sede del Comune di Reggio Calabria. È lì, nella sede del gruppo consiliare del Pri, che il politico faceva segreteria prima di essere eletto al consiglio regionale.
Ed è sempre lì che il vigile urbano, un giorno, ha assistito a una lite tra il consigliere Paolo Ferrara e Antonio Rappoccio il quale, «ad un certo punto della discussione, si alzò dalla sedia per scagliarsi contro» il collega che pretendeva “addirittura” le chiavi della sede del suo partito diventata quasi un luogo di pellegrinaggio «di cittadini che chiedevano notizie» sui concorsi “fantasma”.
Notizie che adesso pretendono la Procura della Repubblica e la guardia di finanza.

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