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MEDIA E POTERE | Tutti i big della stampa contro Gentile

LAMEZIA TERME Tonino Gentile aveva paura degli effetti mediatici che sarebbero seguiti alla pubblicazione di un servizio sull’indagine del figlio. Ma adesso, dopo le pressioni ricevute dall’Ora del…

Pubblicato il: 02/03/2014 – 12:51
MEDIA E POTERE | Tutti i big della stampa contro Gentile

LAMEZIA TERME Tonino Gentile aveva paura degli effetti mediatici che sarebbero seguiti alla pubblicazione di un servizio sull’indagine del figlio. Ma adesso, dopo le pressioni ricevute dall’Ora della Calabria per non pubblicare quell’articolo, il neo-sottosegretario deve fare i conti con una bufera giornalistica di proporzioni gigantesche. Chi la stampa ferisce di stampa perisce, verrebbe da dire. E a brandire la spada contro il senatore cosentino ci sono i direttori di giornale più famosi e influenti d’Italia: Ferruccio De Bortoli (Corriere della Sera), Ezio Mauro (Repubblica), Mario Calabresi (La Stampa), Enrico Mentana (Tg La7) e Roberto Napoletano (Il Sole 24ore). Tutti insieme chiedono a gran voce una cosa sola: le dimissioni di Gentile. O, in alternativa, la sua rimozione, che spetterebbe al premier Matteo Renzi. Una simile presa di posizione da parte dei principali giornali nazionali è un inedito assoluto. A sintetizzare con efficacia il problema è il Fatto quotidiano, che al “caso Gentile” dedica la prima pagina dell’edizione di oggi. Accanto all’immagine del senatore di Ncd campeggia, in grassetto, il titolo “Quest’uomo non può restare al governo”. Occhiello, quanto mai esplicito: “Gentile, sottosegretario vergogna”. Ed è proprio il quotidiano di Padellaro e Travaglio a ospitare i giudizi dei direttori sul sottosegretario alle Infrastrutture e sull’opportunità di quella nomina in un governo che – secondo le stesse dichiarazioni di Renzi – avrebbe dovuto «cambiare passo». Invece l’entrata nell’esecutivo del senatore è – per dirla con le parole di Marco Lillo, che aprono i servizi del Fatto – uno «schiaffo alla libertà di stampa» mai andato in scena né nella Prima né nella Seconda Repubblica.
«Fare del giornalismo libero in Calabria è più complicato che altrove», riflette Ezio Mauro che, ricordando la telefonata dello stampatore De Rose all’editore Citrigno, spiega che «quando si fa riferimento al cinghiale ferito che può ammazzare,quando si dice “ma a te chi te lo fa fare”, quando si fa riferimento al potere che Gentile acquisterà diventando sottosegretario, c’è tutta un’aura di intimidazione, di minaccia vera e propria che configura un vero e proprio attacco alla libertà di stampa». La cosa – secondo il direttore di Repubblica – è particolarmente grave perché «Renzi si è scelto la sua squadra e poi ha aperto i cancelli e ha lasciato che gli altri facessero quello che volevano».
«Se quella nomina l’avesse fatta Berlusconi sarebbero insorti tutti», ragiona invece Ferruccio De Bortoli. Per il direttore del Corsera, «c’è stata una superficialità grave nelle scelte o una lottizzazione tra i gruppi che sostengono il governo. Ormai pensavamo che fatti come questi appartenessero a un’altra epoca o che fossero pratiche di altri Paesi che non hanno la nostra civiltà. Mai mi sarei aspettato una cosa di questo genere. Se questo è il prototipo dell’editoria che ha in mente Matteo Renzi, stiamo freschi».
Enrico Mentana, con riferimento alla vicenda dell’Ora, parla di «torto alla comunità che ha diritto di essere informata». Ma la questione è soprattutto di opportunità istituzionale: Renzi doveva dare un “riconoscimento” al partito di Alfano e Scopelliti, bene. Eppure «esisterà un altro politico di Ncd che non ha dato uno schiaffo all’informazione e quindi a una delle guance della democrazia», ragiona il direttore del Tg La7.
«Un urlo che viene da un altro mondo»: Roberto Napoletano giudica così il gesto dello stampatore che non «fa uscire il giornale con la notizia sgradita». I comportamenti di Gentile per bloccare quell’articolo sul figlio – continua il direttore del Sole – «sono gravi inquietanti e disarmanti» e Renzi deve «prendere le decisioni conseguenti».
«Non avrei mai immaginato che nel 2014, dopo quello che era uscito sui giornali, Gentile potesse entrare nel governo», commenta Mario Calabresi, convinto della necessità di «un passo indietro» del senatore di Ncd. Ma nemmeno Alfano è esente da colpe: «Dovrebbe capire che questa cosa non aiuta un partito che si presenta come Nuovo centrodestra». Come lo stesso premier: «Farebbe meglio a stare molto più attento a queste cose», conclude il direttore de La Stampa.
Insomma, un forcing mediatico straordinario contro il “mostro” del governo Renzi. Forse Gentile pagherebbe per tornare indietro. E leggere quella notizia sul figlio su un giornale calabrese.

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