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E si continua a sparare

Lo scorso 31 marzo alle sei del mattino Carmelo Morena, titolare di un negozio di vernici a Reggio Calabria, veniva freddato davanti al bancone del bar mentre stava bevendo un caffè. Settimane fa F…

Pubblicato il: 02/07/2011 – 19:39
E si continua a sparare

Lo scorso 31 marzo alle sei del mattino Carmelo Morena, titolare di un negozio di vernici a Reggio Calabria, veniva freddato davanti al bancone del bar mentre stava bevendo un caffè. Settimane fa Francesco Torcasio è stato ucciso nella sua automobile nel centro di Lamezia Terme. Lo
scorso mese Giuseppe Prostamo, 51 anni, è stato vittima di un agguato a San Costantino Calabro, nel Vibonese: era appena uscito da un tabaccaio quando è stato raggiunto da alcuni colpi di pistola che non gli hanno lasciato scampo. Sono solo alcuni dei più recenti omicidi avvenuti in Calabria.
Nomi e date che irrobustiscono il contesto tracciato nel “Rapporto sulla criminalità e la sicurezza in Italia – 2010”, realizzato dalla fondazione Icsa (Centro di analisi e di elaborazione culturale sui temi della sicurezza, della difesa e dell’intelligence), in collaborazione con il ministero dell’Interno e Confindustria.
Lo studio è strutturato in dodici capitoli che analizzano in profondità i principali fenomeni criminali del Paese, su gran parte dei quali da diversi anni si concentra l’attenzione degli apparati statali della sicurezza, dell’opinione pubblica e dei media: dalla criminalità organizzata alla microcriminalità, dagli omicidi alle rapine, dagli stupefacenti agli abusi sessuali, dallo stalking alla violenza negli stadi.
Il Rapporto evidenzia una «svolta silenziosa» nel panorama nazionale: diminuiscono omicidi, rapine e furti, mentre la lotta alle mafie e l’aggressione ai loro patrimoni stanno raggiungendo risultati positivi.
Negli ultimi anni le condizioni di sicurezza in Italia sono «considerevolmente migliorate». Ma la nostra regione rimane sempre quella più a rischio.
Record di omicidi in Calabria
La Calabria risulta tra le regioni a più alto rischio con 3,1 omicidi ogni 100mila abitanti nel 2009. La provincia di Reggio mantiene un record negativo dagli anni Ottanta: il tasso più elevato di delitti (16,5 ogni 100mila abitanti), seguita con grande distacco dalle province siciliane (per esempio, Caltanisetta, 6,3; Catania, 6; Agrigento 5,7; Palermo, 4,3). Si tratta di agguati compiuti in gran parte nell’ambito della criminalità organizzata. È specialmente negli anni Novanta che gli scontri tra le cosche diventano più aspri e sanguinosi. Sempre Reggio, nel periodo 1988-1991, è in vetta alla classifica (più di 31 per 100mila abitanti). La città dello Stretto dal 1985 al 1991 è stata teatro della seconda guerra di mafia. «A oggi – è scritto nel Rapporto – una delle province più a rischio è Reggio Calabria, la quale seppur registrando un calo nel numero di omicidi, in linea con il trend nazionale, è ancora quella in cui le uccisioni sono più frequenti: 5,3 ogni 100.000 abitanti, nel periodo 2004-2009, 4,3 nel 2009. Sebbene al Centro-nord i delitti in ambito familiare siano ricorrenti, è una regione del Sud, la Calabria, che detiene il tasso di omicidi più elevato per milione di abitanti, 4,2, quasi il doppio di quello medio registrato nel Meridione. Seguono, poi, tre regioni settentrionali, Liguria (3,7), Emilia Romagna (3,3), Friuli Venezia Giulia e Lombardia, entrambe a tre omicidi per milione di abitanti».
È sempre e comunque la ’ndrangheta a spadroneggiare, rafforzando la propria presenza – ormai consolidata – al Centro e al Nord. Lo dimostrano operazioni antimafia, blitz, sequestri e ultimamente (solo in termini cronologici) anche la confisca degli storici locali della “dolce vita” capitolina, in primis il Cafè de Paris. Il celebre ritrovo di via Veneto era stato sequestrato due anni fa nell’ambito di un’indagine congiunta della guardia di finanza e dei carabinieri del Ros perché ritenuto, insieme con altri beni, nella disponibilità di affiliati della cosca Alvaro di Cosoleto. Quei tavolini, tra i quali è nata la storia d’amore tra Marcello Mastroianni e Anita Ekberg, secondo gli investigatori hanno un valore commerciale di ben 55 milioni di euro. Numeri e cifre esorbitanti che servono a dare l’idea della potenza economica della ’ndrangheta. Una ricchezza che emerge a chiare lettere dalla ricerca realizzata dalla fondazione Icsa: «La Calabria risente della forte presenza nel suo territorio dell’organizzazione di stampo mafioso denominata ’ndrangheta, che nel panorama criminale italiano è certamente l’organizzazione più moderna, la più potente nel traffico di cocaina (mediando fra le due rotte, quella africana e quella colombiana), quella capace di procurarsi e procurare micidiali armi da guerra, la più stabilmente radicata nelle regioni del Centro e del Nord, oltre che in numerosi Paesi stranieri. In tutte queste realtà operano attivamente le ’ndrine che, a partire dagli anni Sessanta e ancor prima – gli anni Trenta per quanto riguarda il Canada e l’Australia – si erano spostate dalla Calabria per diffondersi in tutto il mondo. Sotto il profilo dell’architettura del sistema ’ndranghetistico, gli esiti investigativi più recenti hanno progressivamente rafforzato alcune pregresse conoscenze circa l’esistenza di un organismo risolutore delle controversie, quanto meno in ambito provinciale e con specifico riferimento all’area jonica del territorio reggino, mettendo in luce collegamenti operativi tra le cosche della Locride e altri gruppi egemoni nel territorio, che consentono un’attenta ripartizione degli interessi economici tra le ’ndrine e la condivisione delle scelte sugli organigrammi delle strutture di vertice. Di significativo è, inoltre, emersa l’esistenza di un organismo sovraordinato ai “locali”– la “Provincia”».
Il riferimento è alla geografia criminale disegnata dal maxiblitz “Crimine”, che ha portato nel luglio dello scorso anno a oltre 300 arresti tra Calabria e Lombardia. «Come importante elemento di novità – si legge nel Rapporto – la “Provincia” non avrebbe autorità “sacerdotale” limitata ai locali della fascia jonica, in quanto le sue scelte e prassi sarebbero state riconosciute anche dalle famiglie operanti nella zona sud della città di Reggio Calabria».
Ed ancora: «L’indagine ha ulteriormente evidenziato l’esistenza, in Lombardia, di “aggregati criminali” di matrice ’ndranghetista contraddistinti dallo stesso principio che caratterizza i locali in territorio calabrese: quello dell’omogeneità geografica. Anche in territorio lombardo, infatti, i sodali sono coordinati da un’unica struttura verticistica, denominata “La Lombardia”. Gli interessi criminali spaziano dal traffico di droga e armi allo smaltimento illegale di rifiuti, ai tentativi di infiltrazioni nelle attività economiche e di condizionamento della vita amministrativa locale, specie nel settore degli appalti. L’egemonia si è sviluppata anche in virtù della capacità dell’organizzazione di instaurare una ragnatela di rapporti con il mondo imprenditoriale e gli apparati amministrativi locali nel tentativo di aggiudicarsi la realizzazione di opere pubbliche. I sodalizi più strutturati, pur continuando a curare i tradizionali settori illeciti, hanno rafforzato l’interesse verso nuovi settori economici per lo più connessi con la realizzazione di grandi infrastrutture, destinatarie di cospicue erogazioni pubbliche e al tempo stesso di importanza strategica per la crescita e lo sviluppo della regione».
Recenti operazioni antimafia hanno consentito di arrestare latitanti di elevato spessore criminale e di stroncare i vertici di alcune ’ndrine. Ecco come questo aspetto è analizzato nello studio dell’Icsa: «Ciò ha inciso sugli equilibri interni ed ha “aperto” il contesto locale ad aggressive rivendicazioni dei gregari e a più netti confronti fra antagonisti volti a soddisfare mire espansionistiche. In considerazione degli stretti legami stabilmente intessuti dall’organizzazione criminale calabrese con i cartelli colombiani, anche le Autorità statunitensi hanno avviato iniziative di contrasto attraverso l’inserimento della ’ndrangheta nell’elenco delle narcotics kingpin organizations (le principali organizzazioni
dedite al narcotraffico). Tale classificazione consentirà al Dipartimento del Tesoro americano di svolgere indagini attive e individuare soggetti (sia persone fisiche che giuridiche) legati all’organizzazione, permettendo il congelamento dei beni in loro possesso che rientrano nella giurisdizione americana, senza alcun obbligo di procedere ad analogo provvedimento da parte delle istituzioni finanziarie italiane». La ’ndrangheta dovrebbe essere così più (in) sicura.

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