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Il MoBi, una rete tra i produttori

«Non esiste la birra, esistono le birre». Non c’è scampo, gli homebrewers (produttori di birra) sono implacabili con chi affronta l’argomento birra in modo generico. E hanno ragione, perché quello …

Pubblicato il: 02/07/2011 – 19:28
Il MoBi, una rete tra i produttori

«Non esiste la birra, esistono le birre». Non c’è scampo, gli homebrewers (produttori di birra) sono implacabili con chi affronta l’argomento birra in modo generico. E hanno ragione, perché quello della birra è un universo sterminato, fatto di gusti, aromi, colori e sfumature, gradazioni e tradizioni. La birra è una passione che si declina solo al plurale ed è amore a prima vista, anzi più precisamente al primo assaggio. È stato così per Giovanni Mallamaci, di Reggio, che vent’anni fa ha assaggiato una birra fatta in casa e ne è rimasto innamorato. L’amore è così, ti travolge. È stato attraverso questa via che Giovanni ha cominciato il suo lungo cammino di mastro birraio in proprio. «Volevo imparare tutto e a quei tempi non c’era nessuno a cui domandare, così ho preso contatti con Mister Malt, di Udine, allora e ancora oggi azienda leader nella produzione di materiali e prodotti per fare la birra», racconta Giovanni, rievocando quasi un tempo pionieristico. Quegli anni sono stati come il tempo dell’università, fatto di corsi, lezioni, esperimenti. «Quelli di Mister Malt mi hanno invitato a seguire i loro corsi – racconta Giovanni – così ho appreso quanto era necessario sui malti, sui luppoli, sulle tecniche di fermentazione». Il resto l’ha fatto la fantasia e la voglia di sperimentare, che ancora non si è stemperata. Giovanni però la sua prima birra l’aveva prodotta prima di andare all’università di Mister Malt, e i prodotti che servivano se li era fatti spedire per corrispondenza. Né a quel tempo esistevano i kit già pronti. Tutto si consumava nella cucina di casa, tra malti in grani da macinare, con quantità che si aggirano attorno ai cinque chili,  fermentazioni naturali da seguire, pentole di oltre venti litri, quantità enormi di acqua. E poi il luppolo, parte preziosa della lavorazione per determinare l’aroma della birra e il grado di retrogusto amaro. La gradazione invece viene dal malto – per cui una birra doppio malto è maggiormente alcolica – e dallo zucchero, ovviamente. Il vero homebrewer però è uno sperimentatore, e da questo punto di vista Giovanni Mallamaci si inoltra in sentieri assai audaci per quanto riguarda i gusti e gli esperimenti. «Mi piace sperimentare, cercare nuovi sapori – confessa Giovanni – per questo mi sono prodotto birre del tutto originali, al bergamotto, per esempio, oppure alla menta, ma anche al peperoncino, perfino ai chiodi di garofano», perché non si può mai scordare la terra in cui si è nati e non si possono tradire certe radici così fortemente mediterranee. Sapori lontani eppure del tutto nostri, una forma di contaminazione assoluta tra una bevanda che non ha tradizione in Calabria dove è egemonica la cultura del vino, e aromi che invece rappresentano per intero questa terra. Oggi Giovanni Mallamaci continua a produrre la sua birra, per sé e per gli amici, ma soprattutto continua la sua personale ricerca lungo la frontiera della sperimentazione. «Mi piace assaggiare le birre degli altri, scoprire i nuovi gusti cui sono stati capaci di dare vita. Per esempio so di qualcuno che da qualche tempo sta sperimentando la sostituzione dello zucchero con il miele, che è molto meglio, o addirittura con l’estratto di malto».
Va da sé che gli homebrewers sono alchimisti gentili, capaci di superare le reciproche e comprensibili gelosie circa i propri esperimenti e disposti invece a scambiarsi informazioni, suggerimenti, forse perfino segreti. «Non siamo tantissimi – spiega ancora Giovanni Mallamaci – ma siamo certamente cresciuti numericamente. La fatica maggiore consiste nel vincere la diffidenza, lo scetticismo naturale che c’è nei confronti di una bevanda che tenta di affacciarsi in una terra dove dominante è la tradizione del vino». Si direbbe una battaglia persa. Il vino in Calabria è la Magna Grecia, è la radice della cultura mediterranea e occidentale. La birra, nella opinione più diffusa, è una cosa che viene da lontano, da un generico altrove. Ma paradossalmente questa mancanza, questa assenza di storia e tradizione può tradursi in un vantaggio per i produttori di birra calabresi. «L’essere senza tradizioni, che invece sono fortissime in Belgio, Inghilterra, Germania, ci consente di sperimentare senza per questo tradire», spiega Francesco Donato, uno dei protagonisti di Beer Emotion, l’associazione che cerca di raccogliere gli homebrewers calabresi. Donato infatti è il referente per la Calabria del MoBi, il movimento che raccoglie i birrai italiani e cerca con impegno di costruire la rete degli amanti della birra di qualità. Una sfida che Donato spiega non essere stata per nulla facile e che è cominciata nel 2009 «avviando collaborazioni e incontri con i massimi birrai del Meridione, con i quali facciamo degustazioni e ci confrontiamo». Negli ultimi tempi i calabresi risultano assai attivi nell’organizzare eventi finalizzati alla diffusione della cultura birraia. «Siamo alla ricerca del gusto – spiega Francesco Donato – delle sfumature infinite del sapore, perché la cultura della birra è complessa e porta con sé mille varianti». Non si tratta solo e banalmente di affermare che la birra non è un prodotto di seconda fascia, rispetto al vino, ma che è soprattutto una cultura estremamente variegata e plurale. Sarebbe sbagliato infatti considerare homebrewers soltanto quanti si cimentano nell’autoproduzione di birra in casa. L’universo plurale di cui parla Francesco Donato è rappresentato anche da chi, esattamente come lui, non si diverte tra serpentine, malti e luppoli, ma batte il sentiero della diffusione della cultura della birra attraverso la degustazione e la divulgazione, alimentando e sostenendo la rete di contatti. Si tratta di un altro fronte dell’amore per la birra, fatto di relazioni e confronti. Su questo aspetto Donato ci tiene a sottolineare come il sito della Beer Emotion sia stato visitato da moltissime persone, anche da fuori della Calabria, perfino dall’Argentina, con contatti di calabresi emigrati laggiù. La birra, insomma, come occasione per raccontare storie e macinare umanità. Anche oltre l’oceano.

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