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Ma per la Regione il mare è sempre più blu

Miracolo in Calabria. Ad attestarlo non è la Congregazione vaticana per le cause dei santi, ma molto più semplicemente l’ineffabile Arpacal, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. I c…

Pubblicato il: 29/07/2011 – 17:25
Ma per la Regione il mare è sempre più blu

Miracolo in Calabria. Ad attestarlo non è la Congregazione vaticana per le cause dei santi, ma molto più semplicemente l’ineffabile Arpacal, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. I cui vertici smentiscono con la forza delle provette quanto i bagnanti calabresi denunciano dall’inizio della stagione estiva, derubricando proteste e lamentele al rango di polemiche strumentali, artatamente messe in circolazione dai soliti disfattisti. «Il mare calabrese è balneabile al 95 per cento», hanno annunciato in pompa magna i rappresentanti dell’agenzia, che non hanno lesinato energie quando si è trattato di realizzare ritratti agiografici, esaltando le capacità taumaturgiche di chi ha reso possibile tutto questo. D’altra parte, perché porre limite alle legittime ambizioni dei protagonisti dello sbandierato “nuovo corso”? Dopo l’apertura delle acque del Mar Rosso e la passeggiata sul lago di Tiberiade, solo i soliti detrattori della Calabria possono ritenere irrealizzabile la mission di una nuova classe dirigente che con la sola imposizione delle mani riesce a rendere possibile l’impossibile: così, da queste parti, il mare, sporchissimo quando i depuratori funzionavano, è diventato pulitissimo adesso che quegli impianti sono in gran parte sotto sequestro. Certo, i dati presentati dall’Arpacal non sono molto aggiornati: funzionari indaffaratissimi, con la camicia zuppa di sudore e dall’aria accaldata e stravolta di chi è sull’orlo di una crisi di nervi, hanno infatti presentato alle soglie di luglio i risultati del monitoraggio compiuto un anno fa.

QUANTE STRANEZZE
Ma niente paura: per sapere su quale tratto di costa fare il bagno (almeno secondo l’Arpacal), sarà sufficiente dotarsi di un accesso a internet e collegarsi al portale del ministero della Salute su cui sono inseriti i dati aggiornati sullo stato delle spiagge in tutta Italia. Effettuato l’intero screening sulla Calabria, non mancano le sorprese e le bizzarrie. Come quella che riguarda il lungomare di Reggio (città che da sempre si distingue per avere le acque più inquinate della regione), dove in teoria non potreste fare il bagno se siete frequentatori del lido comunale o della limitrofa spiaggia libera. Ma se proprio siete mossi da un’irrefrenabile voglia di tuffarvi, vi basterà fare un metro e oltrepassare il paletto che delimita il confinante lido privato: lì il mare è perfettamente balneabile e pulito. Un prodigio anche questo?

«DIFFIDARE DEI DATI»
In realtà il monitoraggio può anche dare esito positivo, ma fornendo dati che corrono il rischio di essere fuorvianti, quando non completamente sbagliati. Perché sarebbe il caso di approfondire il modo in cui vengono effettuati i campionamenti, accertando quanto distino i punti di prelievo l’uno dall’altro e con che frequenza, durante la giornata, avvengano i controlli: «Continuare a ripeterli nell’arco di due ore non serve a nulla, visto che la marea cambia quattro volte al giorno e dunque, in un lasso di tempo più lungo, possono essere ottenuti risultati molto diversi, addirittura opposti», spiega Nuccio Barillà, che con Legambiente ha spesso denunciato le gravissime condizioni in cui versa la costa calabrese. E a confermare come non sia tutto rose e fiori, anzi, è il comandante della Direzione marittima regionale, Vincenzo De Luca, che pur dando atto «degli sforzi compiuti» ammette l’esistenza di «fattori di inquinamento» grave e pericoloso. L’origine di buona parte di questa situazione, spiega De Luca, è rappresentata «dalla depurazione e dallo smaltimento abusivo dei fanghi, sulla cui filiera è necessario attuare un lavoro di indagine perché è da lì che parte tutto». Pagare la depurazione costa troppo. Meglio, allora, trasportare di notte i liquami su camion e cisterne che scaricano in mare. Ecco spiegata l’origine del disastroso spettacolo che si presenta agli occhi dei bagnanti la mattina presto, anche se – ad avviso dell’Arpacal – è tutto sotto controllo e il mare è terso come un cristallo.
Proprio la Direzione marittima regionale, nelle scorse settimane, ha indirizzato a Palazzo Alemanni un dossier, contenente l’esito del monitoraggio svolto sulla depurazione in Calabria. I risultati sono pessimi e, afferma De Luca, «presentano situazioni di colpa estremamente grave: non si capisce infatti come possa mai funzionare la pompa di un impianto, se chi è chiamato a gestirlo non si prende neanche la briga di fare un contratto con l’Enel per la fornitura dell’energia elettrica». Circostanze grottesche, al limite dell’assurdo, che sono state evidenziate a doppio tratto per rimarcare quanto la Calabria sia una sorta di bomba ecologica innescata con mezzi rudimentali. «Noi abbiamo lavorato sulla depurazione perché è da questa che dipende l’in- quinamento del mare», aggiunge De Luca, i cui uomini quest’anno si sono dovuti fare carico di effettuare alcuni rilevamenti per conto dell’Arpacal, che non ha più (v. box) personale addetto al controllo dello stato delle coste. È stato mandato a casa perché non ci sono soldi a sufficienza.

L’INCHIESTA DEI MAGISTRATI DI CATANZARO
Resta il dubbio di partenza: com’è possibile oggi che le coste siano in perfette condizioni, dal momento che i depuratori funzionano un giorno sì e quattro no? Domanda che viene ancora più spontaneo porsi, alla luce dell’inchiesta condotta dalla Procura di Catanzaro sulla gestione degli impianti di Lamezia Terme e Nocera Terinese. Un fascicolo che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di diciassette persone. Tra loro, Giancarlo Mongiat, rappresentante dell’associazione temporanea d’imprese “Costruzioni Dondi – Idrobioimpianti”, i vertici della società “Gerica”, i direttori dei lavori di manutenzione degli impianti di depurazione al centro dell’indagine, dirigenti e funzionari dell’Ato 2, il titolare del settore acque della Provincia di Catanzaro Giancarlo Del Sole, nonché diversi funzionari e tecnici dell’Arpacal. Spicca il nome di Annamaria Albano, responsabile del servizio bio-naturistico del dipartimento provinciale di Catanzaro. Una storia di omissioni, mancati controlli, violazioni contrattuali ed enormi somme di denaro erogate nei confronti delle società che hanno mal gestito il servizio. Il personale dell’Arpacal sottoposto all’indagine, secondo l’ipotesi dei magistrati di Catanzaro, avrebbe chiuso gli occhi; di più, Annamaria Albano e il tecnico Carlo Bilotta avrebbero «attestato falsamente fatti dei quali gli stessi erano destinati a provare la verità», affermando che «le analisi dei campioni prelevati presso gli scarichi in uscita dai depuratori di Lamezia Terme e Nocera Terinese erano positivi e rientranti nei limiti tabellari previsti». I rappresentanti delle imprese sono accusati di disastro ambientale colposo, «consistente nell’inquinamento grave e prolungato nel tempo delle acque marine, del fondale marino e delle spiagge del litorale tirrenico lametino, determinato da presenza di colibatteri», i cui livelli sarebbero stati «60 volte superiori» alla norma a Nocera Terinese e «6000 volte» a Lamezia Terme. Era il periodo compreso tra il 2004 e il 2008. All’epoca i depuratori funzionavano. Oggi, dopo mille traversie e numerosi sequestri giudiziari, sono molto meno efficienti. Ma il mare è più blu: miracoli calabresi.

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