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Baskettopoli: tarallucci e vino

Baskettopoli è finita, andate in pace. E continuate pure a operare, con la benedizione dei vertici della Federazione pallacanestro. Se, da un lato, l’inchiesta della Procura di Reggio Calabria, svo…

Pubblicato il: 29/07/2011 – 17:45
Baskettopoli: tarallucci e vino

Baskettopoli è finita, andate in pace. E continuate pure a operare, con la benedizione dei vertici della Federazione pallacanestro. Se, da un lato, l’inchiesta della Procura di Reggio Calabria, svolta in unità d’intenti con la polizia postale reggina, è approdata alle prime sentenze, sul fronte sportivo le sanzioni sono arrivate a macchia di leopardo, per alcuni sì e per altri no. Cosa aveva scoperto, in due anni di indagini partite nel 2007, il pm Maria Luisa Miranda? Che esisteva un “sistema” criminale dedito a organizzare i voti da dare agli arbitri di serie B e C. Alcuni direttori di gara compiacenti addirittura avrebbero truccato le partite, fischiando a favore o contro determinate società. E in cambio avrebbero ricevuto promozioni di categoria, stabilite a tavolino e poi certificate con i voti degli osservatori. Un’associazione per delinquere, secondo l’ipotesi accusatoria, retta dall’allora capo degli arbitri in Italia, Gianni Garibotti, dal responsabile degli osservatori Giovanni Montella, dal designatore degli osservatori Alessandro Campera e dal designatore degli arbitri di serie B Massimo Cuomo. Questo quartetto avrebbe rappresentato la mente, le braccia sarebbero state i vari osservatori. Come è andata a finire? Campera e Cuomo hanno patteggiato la pena per concorso in associazione a delinquere finalizzata all’abuso d’ufficio e alla frode sportiva: al primo inflitti un anno e 8 mesi, al secondo un anno e 4 mesi di reclusione. Altri quattro commissari hanno scelto la medesima via del patteggiamento, mentre in due hanno preferito il rito abbreviato. Ventisei persone sono state rinviate a giudizio e risponderanno a vario titolo di abuso d’ufficio, truffa e frode sportiva. Dovranno comparire davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Reggio il prossimo 12 luglio. Fin qui la vicenda della giustizia ordinaria. Ma a fronte di tutto questo la Federbasket ha fatto pulizia al suo interno? Ha pagato chi doveva pagare per le violazioni commesse al regolamento interno di giustizia? Non proprio. O meglio, non tutti. Nello sport, non tutto ciò che è penalmente irrilevante può essere consentito. E su questo postulato si incardina il confronto tra la giustizia ordinaria e quella sportiva. Che hanno scelto di procedere su percorsi separati, pervenendo a esiti molto diversi. Tanto è vero che sette tra gli indagati e rinviati a giudizio sono ancora presenti a pieno titolo negli organici (anche operativi) della Federazione, mentre 27 sono stati sanzionati. Quanto meno anomalo. A illuminare una vicenda complessa, ci sono le carte dell’interrogatorio reso alla polizia postale da Alessandro Campera, all’epoca indagato, oggi condannato. Campera rivela agli inquirenti un particolare che fa tremare tutta la Federazione e il Coni. Campera parla di una prassi che prevedeva l’incontro tra il presidente Cia (Comitato italiano arbitri) e i rappresentanti regionali della federazione. Perché si incontravano? Per concordare le «indicazioni circa gli arbitri delle loro regioni meritevoli di eventuale promozione alla categoria superiore». Non sarebbe stato, dunque, il campo a decidere, ma la politica, per stessa ammissione di Campera. Un «modus operandi da sempre noto e condiviso da tutti gli organi nazionali e regionali della federazione». Persino la sua nomina quale designatore degli osservatori era inquadrata nell’ottica di garantire «continuità al sistema». Quindi, secondo Campera, tutti sapevano. Di più: tutti avrebbero attinto a piene mani da questo serbatoio di voti aggiustati, di promozioni e retrocessioni organizzate con la calcolatrice. Avrebbero violato il regolamento di giustizia sportiva (box a fianco) eppure sono ancora al proprio posto. Ma Campera potrebbe essere un millantatore, uno che tira in ballo la federazione nel più classico “muoia Sansone con tutti i filistei”. Per capire da che parte stia la verità, ecco una storia accaduta in Calabria nel 2008. Il presidente della federbasket calabrese Sandro La Bozzetta, attualmente in carica, chiama Gianni Garibotti il 14 maggio 2008 alle 19.36. «Mi state maltrattando gli arbitri calabresi» dice La Bozzetta. E ancora: «Per Michele Capurro so che è subentrata qualche difficoltà». Capurro è un arbitro reggino di serie B1, la terza serie, e in quella stagione lottava per una promozione in LegaDue. Ma quel traguardo a lungo rincorso stava sfuggendo per lotte interne (e politiche) alla regione Calabria con un altro arbitro, il catanzarese Scrima. La Bozzetta chiede il motivo. «Sembrava una cosa scontata e normale» dice il numero uno della Fip calabrese, parlando della promozione di Capurro. Garibotti replica che «non c’è nulla di scontato ed è il campo che decide». Chiaro il bluff, leggendo le intercettazioni e le carte dell’inchiesta condotta dalla Procura e dalla polizia postale. Allora il presidente La Bozzetta chiede un consiglio spassionato a Garibotti su come comportarsi. «Vorrei fare una telefonata a Fausto Maifredi (all’epoca numero uno della Federazione italiana pallacanestro, ndr), che ne dici?». «Più che opportuna» risponde deciso l’allora numero uno degli arbitri italiani. Questo era il “sistema” e i protagonisti, tutti i protagonisti lo conoscevano bene. Che senso ha affannarsi per una promozione? Quella che può apparire come un mera questione di prestigio, nei fatti è un affare. Dai circa 300 euro (in A dilettanti, l’ex B1) a partita, si arriva a guadagnare anche 800 euro a partita (in LegaDue). Uno scatto economico non da poco, considerato che un arbitro in un mese può dirigere anche tre gare. Alla fine di quella stagione 2007/2008 né l’uno né l’altro arbitro calabrese approderanno alla categoria superiore, quindi niente scatto economico, nonostante i tentativi di pressione che avrebbe perpetrato il presidente regionale della Fip Calabria. La Bozzetta, dunque, ha tenuto un comportamento che potrebbe aver violato il regolamento di giustizia sportiva e che non è stato sanzionato dalla Fip. Ed è ancora al proprio posto. Gaetano Iovine è il numero uno del settore arbitrale in Campania, tuttora in carica, e osservatore dei fischietti di A dilettanti: viene intercettato al telefono con Montella (il supervisore degli osservatori) nel maggio del 2008. Parla della scalata dalla C1 alla B2. «Se passano due salernitani mi incazzo, perché uno va bene, ma due no». E perché? Chi è Iovine per stabilire la geografia dei meriti arbitrali nella sua regione? Montella lo rassicura e Iovine scioglie il riserbo sul nome che “gradirebbe” venisse promosso: Biagio Napolitano, di Napoli come lui. «U vulim virì nu pocu stu guagliune? Impegnati». Evidentemente Montella in questo caso non si è impegnato abbastanza ed è passato Fimiani, un arbitro di Avellino. Ma Napolitano ha ottenuto la B2 nell’anno successivo. Iovine ha tenuto un comportamento che potrebbe aver violato il regolamento di giustizia sportiva e che non è stato sanzionato dalla Fip. Ed è ancora al proprio posto. Gianni Attard, siciliano di Priolo Gargallo, invece, è attualmente osservatore nei campionati di B e C dilettanti. Nella stagione 2007/2008 riceveva molte telefonate e ubbidientemente seguiva le indicazioni. «Non massacrare Vaccarini» gli diceva Campera e lui (Attard) proponeva un bel «66», un voto medio-alto, senza aver visto un secondo di partita. Un favore si ricambia con un favore. Attard, quindi, chiedeva a Garibotti che venissero retrocessi alcuni suoi corregionali arbitri: Parisi, Furnari e Gallotta. «Tutti non potranno scendere». E lui: «Peccato». Attard ha tenuto un comportamento che potrebbe aver violato il regolamento di giustizia sportiva e che non è stato sanzionato dalla Fip. Ed è ancora al proprio posto. Per La Bozzetta, Iovine e Attard la giustizia ordinaria non ha ravvisato elementi per procedere in sede penale. Nessun reato, dunque. Ma la procura federale, sulla base del materiale di intercettazioni messo a disposizione dalla Procura di Reggio, sarebbe potuta intervenire con provvedimenti di sospensione, quanto meno in via cautelare, in vista di accertamenti più a
pprofonditi. Tutto questo non è avvenuto e l’arbitro ligure Maurizio Patrone ha addirittura diretto gare di B dilettanti in questa stagione, fino all’inizio di gennaio, prima di essere rinviato a giudizio. Così anche i nomi degli osservatori Fumagalli, Licari, Maggiore, Mioni, Tocco (rito ordinario) e Puccini (rito abbreviato) sono ancora nell’elenco degli osservatori nazionali. Invece gente come Villemari, ex designatore arbitri di serie C, la cui posizione è stata stralciata dal processo di Reggio Calabria, è stata squalificata dalla Federazione. In questi giorni l’Uefa, l’organismo che sovraintende il calcio in Europa, ha brandito la minaccia di usare il pugno di ferro contro i tesserati che non denunceranno gli illeciti di cui sono a conoscenza.  Il riferimento per nulla casuale è all’ultima vicenda italiana di calcioscommesse. Mentre nel mondo della pallacanestro, dalle parti della Capitale, dicono che scarseggino le scorte di tarallucci e di vino.

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