Acri Un genere in continua evoluzione, nato e cresciuto nomade e perciò ricco di spunti: nell’entroterra cosentino risuoneranno i virtuosismi frutto dell’unione fra l’antica tradizione musicale zingara e il jazz americano. Per questa VI edizione, il Festival di musica jazz manouche di Acri (8-13 agosto) molla gli ormeggi e, come una carovana immaginaria, porta il pubblico attraverso i paesaggi del jazz meno conosciuto in Italia. Collocato nel cuore selvaggio della Calabria, tra mari e montagne del Mediterraneo eterno, il festival ospiterà artisti di grande talento, conosciuti o da conoscere. Gli ultimi “sacerdoti” della genie che porta direttamente al ceppo dei Manouches passando per lo swing degli anni Trenta firmato Duke Ellington e il virtuosismo eclettico zigano, le influenze folk e spagnole e tutte le sugge- stioni assorbite dai vari artisti lungo il loro percorso. La rassegna organizzata dal calabro-francese Graziano Sammarro partirà lunedì 8 agosto: per l’apertura sarà nella città di Padula la leggenda della chitarra jazz, Biréli Lagrène con il suo trio. Conosciuto dalla sua giovane età, Lagrène, il giovane prodigio del jazz manouche ha saputo superare questa musica, andare incontro al jazz americano, al jazz-fusion, per creare uno stile riconoscibile da tutti. Questo musicista libero da ogni barriera, da ogni frontiera, è l’immagine stessa dell’evoluzione del festival: manouche, certo, ma aperto sul mondo.
In questa e in tutte le altre serate acresi ci sarà spazio per la creatività e l’estro, tenendo presente che il manouche si differenzia dal jazz classico tecnicamente per un particolare non da poco: il free-style non è di tipo modale (non ricorre, cioè, alle scale) ma si basa su accordi e arpeggi.
Il 10 agosto, per la seconda serata del festival, si riscoprirà la grande tradizione alsaziana del jazz manouche con il Brady Winternstein trio. La scuola alsaziana del genere raggruppa, da molti decenni, gli eredi più famosi del chitarrista di origine belga ed etnia sinti Django Reinhardt – considerato l’ideatore e il massimo esponente di sempre, amico di Ellington – come Moreno Winterstein, Lulu e Schnuckenack Reinhardt. Brady, con il suo “drive” ed il suo swing tipico, è uno dei big.
Il 12 si abbandoneranno per una notte le terre zigane e ci si lascerà cullare dalle note e dalle parole che raccontano il Mediterraneo: un gruppo di giovani musicisti parigini di jazz, Babel sound of music, farà da mattatore. Un tappeto musicale che mescola le armonie del jazz contaminate da un’energia ereditata dal rock dei Led Zeppelin, anche se all’origine dell’ispirazione del gruppo sono da individuare i suoni che dalle rive del Libano approdano alle montagne del sud Italia, accenti multiculturali che ricordano i rumori delle strade di Istanbul e la luce del Cairo.
Chiusura del festival in grande stile il 13 agosto. L’immaginario delle culture zigane apparirà in tutta la sua potenza, con Les gens du voyage. Ad accompagnare la cantante di fama internazionale Matriona “Motia” Iankovskaia ci sarà una formazione composta dai grandi nomi del jazz zigano: Boulou ed Elios Ferré (chitarre), Costel Nitescu e Natacha Britsch (violoni) e Claude Dupont (contrabbasso). Il gruppo ci porterà ad Oriente, con gli occhi e il cuore rivolti a quel mar Jonio che si può ammirare dalla “Crista” d’Acri sembrerà di giungere fin sulle strade infinite del viaggio umano. Al cuore delle leggende del mondo zigano dell’est dell’Europa.
x
x