Bunker di cemento, piscine olimpioniche in mezzo ai boschi inaugurate e mai utilizzate, vecchi pontili dove mai nessuna nave ha attraccato. Il viaggio di Paolo Rumiz nelle eterne incompiute calabresi prosegue attraversando i percorsi del degrado e dello spreco. «Tra le Serre e la “maladiga” dell`Alaco – scrive Rumiz – c`è solo il rumore delle pale eoliche rotanti: “Distanti un chilometro, comunicavano un rantolo di agonia che nessun vento sarebbe stato capace di produrre”». Arriva poi nel golfo di Lamezia: «Appena oltre un filare di alberi, c`era un enorme bunker di cemento. “È la piscina olimpica”, spiegò Salvatore che mi accompagnava. Un`inutile piscina inaugurata in mezzo alle montagne, e ovviamente mai entrata in funzione. Nemmeno l`acqua ci avevano mai messo. L`ingresso degli spettatori era stato sbarrato da assi di legno, ma non per proteggere il posto dal degrado. La Calabria era la capitale mondiale del non finito; già attraversando la Locride avevo visto una foresta vergine di ferri e piloni abusivi sopra le case. Logico che anche quella anarchia edilizia generasse ombre e abbandoni».
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