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Caso Spadaro Tracuzzi, Chizzoniti: «No alla politica della doppia morale»

«Non condivido la politica della doppia morale, strabica ed intermittente che individua “ad libitum” magistrati da tutelare ad oltranza e magistrati da abbandonare a se stessi; rectius da offrire i…

Pubblicato il: 12/08/2011 – 17:18
Caso Spadaro Tracuzzi, Chizzoniti: «No alla politica della doppia morale»

«Non condivido la politica della doppia morale, strabica ed intermittente che individua “ad libitum” magistrati da tutelare ad oltranza e magistrati da abbandonare a se stessi; rectius da offrire in pasto, omettendo qualsiasi considerazione critica, a “collaboratori di giustizia” fra l’altro smentiti da elementi intranei addirittura al contesto familiare, strumentalmente impegnati in una sfacciata corsa alla captatio benevolentiae dello Stato sul versante premiale». Aurelio Chizzoniti, per due consiliature presidente del consiglio comunale di Reggio Calabria, interviene così «sull`iniziativa volta a consacrare in un istituendo libro bianco i successi di chi “garantisce verità e giustizia”, opponendosi, per l’effetto, alla “strategia studiata a tavolino” tesa a delegittimare il lavoro della magistratura. Riconoscendo, senza riserve, l’attività meritoria svolta dal coordinatore del museo della `ndrangheta, Claudio La Camera, e da Mimmo Nasone, apprezzato esponente di Libera». «Ne deriva, – aggiunge – in virtù dell’opzione manichea nella specie rapidissimamente esercitata, che se le esternazioni, tutte da verificare, di un ufficiale dei carabinieri, detenuto in un carcere militare ma non pentito, lambiscono un procuratore della Repubblica  (Pignatone) il graduato (“persona caratterizzata da una propensione criminale con attitudine a commettere illegalità” al contrario del “pentito di allevamento” avviato a gran falcate verso la beatificazione) diventa “sic et simpliciter” un volgare complottista impegnato a manipolare “la verità con la compiacente contiguità di una parte della stampa disinformatrice” (i giornalisti sono come i filosofi: servono soltanto quando bevono la cicuta). Il procuratore invece (Santo subito) può ora essere solo vittima della cattiveria di giornalisti maligni che tali sono perché riferiscono notizie documentate ma aliunde ritenute scomode; se di contro un comune delinquente travestito da boss snocciola un rosario di accuse nei confronti di ex magistrati della stessa Procura (Cisterna, Mollace) o di altri uffici giudiziari (Neri, Carlo e  Vincenzo Macrì) diventa immediatamente e senza tentennamenti se non proprio il Padre Pio della situazione quantomeno la bocca della verità, da far impallidire i più ispirati sacerdoti di Apollo che ben conoscono liturgie e giaculatorie». Secondo Chizzoniti «in questo contesto il procuratore è considerato Santo a prescindere mentre i dottori Cisterna, Mollace, Neri navigano verso l’inferno stipati sull’imbarcazione condotta dall’arcigno Caronte. In quest’ultimo caso nessuno ha avvertito la stessa sensibilità di scrivere ai giornali, di istituire libri bianchi, libretti o anche opuscoletti da oratorio, organizzare volantinaggi e quant’altro utile per proteggere magistrati da sempre in prima linea contraddistinti da un intenso, quotidiano impegno professionale ricco di contenuti e straordinari risultati non meno importanti di quelli certamente perseguiti dall’attuale Procura. Per non dire dell’incredibile accusa rivolta dal pentito spacciato per boss ad altri due magistrati, a dir poco integerrimi (Carlo e Vincenzo Macrì), accusati di ormeggiare in una pluri-frequentata darsena una barca quando gli stessi mai hanno posseduto una tinozza. Ma, ciononostante,  temerariamente additati al pubblico ludibrio senza aver avvertito l’esigenza di disporre un controllo, fra l’altro, agevolissimo». Quindi, aggiunge «galleggiano alla deriva di un frettoloso schieramento non a difesa della magistratura bensì di una parte della stessa conclusioni affrettate, fideistiche ed acritiche in palese conflitto con il principio secondo cui “in iudicando criminosa est celeritas” (è criminale giudicare con rapidità inconsulta). Ne consegue che se, allo stato, a Reggio opera “la migliore Procura al mondo” restano fuori da questa valutazione quei magistrati già in forza alla stessa Procura, quali i dottori Scuderi, Boemi, Cutroneo, Gratteri, Mollace, Cisterna, Neri, ecc., che in tanti anni di qualificato impegno professionale si sarebbero quindi occupati soltanto di battaglie navali o diritto balneare! La verità è che rancori professionali e livore represso trovano spesso terreno di scontro sui valori etici della Giustizia che in virtù di programmi ed organigrammi vengono disinvoltamente calpestati se non addirittura smantellati».
«La sfida Tracuzzi-Pignatone – conclude Chizzoniti – non prevede pareggi e se fra le armi utilizzabili vi è anche il libro bianco affermo, assumendomene tutte le responsabilità, che se dovessi scrivere un solo capitolo probabilmente lo stesso, se non proprio nero, rischierebbe di diventare quantomeno a pois (vedi caso Rappoccio). E poiché in questo momento tutte le strade della Giustizia non portano a Roma ma in Sicilia, sperando di non fare la stessa fine riservata a quei militanti della sinistra che nel recente passato politico sono diventati immediatamente fascisti perché hanno avuto l’ardire e l’ardore di criticare l’operato della sinistra stessa, suggerisco una sbirciatina al libro “L’arte dell’annacarsi”: scritto – uno dei tanti – da Roberto Alajmo, siciliano illustre, che non collabora con i giornali di Berlusconi ma stabilmente con l’Unità». «Si capirà  – afferma infine Chizzoniti – il significato dell’annacarsi inteso quale “massimo del movimento col minimo di spostamento…”».

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