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Ore di angoscia a Motta San Giovanni

Niente fuochi d`artificio, niente scherzi o festeggiamenti. A Motta San Giovanni si resta in silenzio, si spera, si prega. Un ferragosto di angosciosa attesa per le sorti di Francesco Azzarà, 34 an…

Pubblicato il: 15/08/2011 – 14:39
Ore di angoscia a Motta San Giovanni

Niente fuochi d`artificio, niente scherzi o festeggiamenti. A Motta San Giovanni si resta in silenzio, si spera, si prega. Un ferragosto di angosciosa attesa per le sorti di Francesco Azzarà, 34 anni sequestrato lunedì pomeriggio nella capitale del Sud Darfur, Nyala. Da quasi due mesi il giovane calabrese prestava servizio come logista del Centro pediatrico che Emergency ha aperto in città nel luglio del 2010. Era la sua seconda volta nel Darfur. Il giorno di ferragosto insieme a due colleghi, stava raggiungendo in auto l`aeroporto della capitale africana. Improvvisamente, secondo quanto è stato ricostruito, la vettura su cui viaggiava Azzarà sarebbe stata fermata da un gruppo di uomini armati. Il calabrese sarebbe stato costretto a scendere dalla macchina e a seguire i rapitori. Da quel momento non si sono avute più notizie del trentaquattrenne. Immediatamente Emergency ha lanciato l`allarme, informando le autorità locali e il ministero degli Esteri italiano. È toccato ai carabinieri, invece, raggiungere i familiari di Azzarà a Motta San Giovanni per informarli di quanto accaduto.
LA PROCURA DI ROMA SEGUE LA VICENDA Non è stato ancora aperto un fascicolo di indagine, ma la Procura segue con attenzione gli sviluppi relativi al sequestro avvenuto domenica in Sudan di Azzarà. A piazzale Clodio si attendono informazioni dalla Farnesina e dagli organi investigativi, già in contatto con le autorità locali, per capire se si tratta di un sequestro avvenuto a scopo di estorsione o per finalità di terrorismo.
NELLE MANI DELLA TRIBU` DEI REZEGAT? Secondo un’autorevole fonte dell’intelligence sudanese contattata dal Corriere della Sera, l’operatore di Emergency potrebbe essere nelle mani di un sottogruppo della tribù araba filogovernativa dei Rezegat. Lunedì il commando dei banditi si trovava in viaggio verso il proprio accampamento e non è stato possibile rintracciarlo direttamente. Ma il loro capo è stato identificato e si spera che i primi contatti possano essere stabiliti nel più breve tempo possibile. I Rezegat sono arabi nomadi e negli anni scorsi sono stati la spina dorsale dei janjaweed, i «diavoli a cavallo» cioè i miliziani irregolari che terrorizzavano i civili darfuriani, neri e africani, razziando i loro villaggi, bruciandoli e radendoli al suolo, violentando le donne, rapendo i bambini e ammazzando a sangue freddo gli uomini.
GENITORI PREOCCUPATI, MA FIDUCIOSI I genitori di Francesco sono molto conosciuti in paese per essere stati proprietari di un frequentato bar. Il trentaquattrenne dopo essersi laureato in Economia aziendale a Pisa si è specializzato nel commercio estero. Poi, circa due anni fa, la decisione di collaborare con la ong di Gino Strada. «La sua è una grande passione», ha spiegato Vincenzo Catalano, cognato del giovane rapito. «La nostra speranza è che Francesco venga liberato il più presto possibile e che questa vicenda si concluda nel modo migliore». «In questo momento – ha detto il cognato preferiamo lasciare che le cose vengano fatte col massimo riserbo. Con Emergency e la Farnesina i contatti sono continui. Dalla Farnesina ci hanno fatto sapere che le indagini continuano e che hanno un`idea, ma non ci dicono molto e d`altro canto preferiamo che le cose vengano fatte con riservatezza». I genitori di Francesco, Giuseppe Santo Azzarà e Fortunata Legato, aspettano notizie nella loro abitazione di Motta San Giovanni, il comune a 30 chilometri da Reggio Calabria dove vivono, “protetti” dal contatto con l`esterno dai familiari. «Ovviamente – ha detto il cognato di Francesco – sono provati e preoccupati per quanto sta avvenendo, ma aspettano con speranza. Anche la Farnesina, con sobrietà, sta cercando di alimentare questa speranza». La comunità di Motta San Giovanni vive queste ore con trepidante attesa. «Il sindaco e l`amministrazione comunale, in stretto contatto con le autorità preposte – è scritto in una nota del Comune – seguono fiduciosi l`evolversi della vicenda con la speranza di poter riabbracciare presto il giovane professionista di pace». Anche il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, ha diramato una nota stampa in cui si è detto «vicino alla famiglia di Azzarà».
In Darfur da otto anni si combatte una sanguinosa guerra civile che ha già causato 300mila morti e due milioni di sfollati.

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