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La Consulta scomparsa

Leggete bene questa norma dello Statuto della Regione Calabria, perché non la troverete nell’attuale versione dello Statuto. In quest’ultima la Consulta non c’è più, è stata abrogata, cancellata, s…

Pubblicato il: 18/08/2011 – 15:42
La Consulta scomparsa

Leggete bene questa norma dello Statuto della Regione Calabria, perché non la troverete nell’attuale versione dello Statuto. In quest’ultima la Consulta non c’è più, è stata abrogata, cancellata, soppressa, insieme al Consiglio regionale dell’Economia e del lavoro, previsto dall’articolo 56 dello Statuto e alla Consulta per l’ambiente prevista dall’articolo 7.
Eppure, quando lo Statuto venne emanato con legge regionale 19 ottobre 2004, n. 25, al termine di un lungo lavoro preparatorio, proprio la previsione di quest’organo riscosse ampi consensi tra i commentatori, una sorta di fiore all’occhiello per il legislatore regionale. Si trattava di un organo di garanzia, vagamente  paragonabile ad una Corte costituzionale regionale, sia pure con poteri non giurisdizionali, competente a decidere sui conflitti tra enti regionali e tra regione ed enti locali (Province, Comuni, ecc.), a dichiarare ammissibili i referendum regionali,  a fornire pareri preventivi circa la compatibilità delle proposte di leggi regionali e di regolamenti con le norme dello Statuto, pareri ai quali gli organi regionali, e dunque Giunta e Consiglio avrebbero dovuto attenersi, salvo casi di dissenso in presenza dei quali il Consiglio avrebbe dovuto deliberare con adeguata motivazione e a maggioranza assoluta.
La fine della Consulta fu sancita con la legge di modifica dello Statuto 19 gennaio 2010, n. 3. Trattandosi di revisione dello Statuto occorreva una procedura analoga a quella prevista dall’articolo 138 della Costituzione per la modifica delle norme costituzionali, e cioè doppia lettura a intervallo non inferiore di due mesi ed a maggioranza assoluta dei suoi componenti. È bene precisare che la Consulta non iniziò mai a vivere, nonostante una legge regionale avesse provveduto a regolarne la costituzione ed il funzionamento (legge regionale 5 gennaio 2007, n. 2).
È interessante rileggere oggi la relazione che accompagnava la proposta di tale legge perché espone in maniera chiarissima  la valutazione, si potrebbe dire entusiastica, che gli organi regionali davano di questo nuovo organo:
Proposta di legge 135. «L’approvazione della legge relativa alla Consulta statutaria – se accompagnata da una rapida elezione di componenti dell’organo particolarmente autorevoli – creerebbe un formidabile strumento di controllo su tutte le attività della Regione e la necessaria premessa istituzionale (di garanzia e consulenza) per una effettiva e definitiva attuazione dello Statuto regionale calabrese. In questo senso, si tratta forse del disegno di legge più qualificante e caratterizzante, sul piano istituzionale, l’attività di indirizzo politico promossa dalla Giunta.
Infatti  in realistica analogia al periodo in cui non venne attivata la Corte costituzionale sul piano nazionale (1948-1956), periodo durante il quale la Costituzione fu praticamente “congelata” – può dirsi senz’altro che, finché non sarà attivata la Consulta statutaria regionale, la Regione Calabria non disporrà del più alto ed efficace strumento istituzionale di garanzia per un corretto funzionamento non solo dei propri organi, ma anche di quelli degli Enti locali, in un quadro, a ben vedere, di controllo di legalità/legittimità statutario complessivo che interessa tutte le istituzioni e la stessa società civile calabrese.
Senza indulgere in alcun eccesso d’enfasi, può dirsi che la creazione della Consulta – con le raffinate caratteristiche di qualificazione e specificazione delle funzioni proposte nel presente disegno di legge – costituisce il contraltare “giuridico” indispensabile persino per la promozione delle grandi riforme “economiche” di cui la Calabria ha bisogno, al fine di favorire uno sviluppo economico-sociale equilibrato e sano, non inquinato da purtroppo tradizionali fattori di incertezza e irregolarità giuridico istituzionale».
I componenti della Consulta erano cinque e potevano accedervi magistrati, professori universitari in materie giuridiche e avvocati con oltre quindici anni di attività i primi, con oltre venti i secondi. Ciascuno di questi profili professionali doveva essere rappresentato e tra di essi i componenti prescelti avrebbero eletto  un presidente e un vicepresidente. La durata della nomina (sei anni) era prevista in modo da non coincidere  con quella delle scadenze elettorali regionali e i nominati non potevano essere immediatamente rieletti ma erano incompatibili con qualsiasi altra attività pubblica  o privata.
Ancora nel 2008, la valutazione positiva non era cambiata se, sul bollettino regionale del 15 settembre di quell’anno, veniva pubblicato il bando di concorso per accedere alla Consulta, e molte furono le domande presentate.
Cosa era successo nel breve arco di due anni perché quella valutazione venisse ribaltata tanto da condurre alla ingloriosa e definitiva sepoltura di quel “gioiello istituzionale” che la Regione Calabria aveva avuto il merito di istituire? Certo è che nell’estate del 2009 qualcosa dovette cambiare improvvisamente, perché nel corso di due diverse sedute del consiglio regionale, vennero abrogate, in prima lettura, prima il consiglio regionale dell’economia e del lavoro e subito dopo la Consulta statutaria. Peraltro, il testo approvato nelle sedute del 21 e 24 luglio 2009 dalla Conferenza dei presidenti dei gruppi e dalla 5ª Commissione Riforme prevedeva la sola soppressione degli articoli 7 e 56 dello Statuto, ma non dell’articolo 57.
La sorpresa aumenta ove si consideri che quella decisione, certamente legittima sul piano formale, avvenne nel silenzio generale, senza dibattito, senza pubblicità.  Non la stampa, non il sempre informatissimo e aggiornato tg regionale, dettero notizia di quella soppressione, che, forse, un qualche interesse avrebbe potuto avere per l’opinione pubblica regionale. Un vero e proprio giallo, un mistero nascosto dalla generale distrazione per la torrida estate  2009. Come risulta dalla relazione allegata alla deliberazione legislativa 6 agosto 2009, n. 356, (cui seguì la deliberazione 8 ottobre 2009 n. 371 in seconda lettura e, infine, in mancanza di richieste di referendum confermativo la definitiva legge 10 gennaio 2010, n.3) la ratio dell’abrogazione pare potersi rintracciare nella necessità di «adeguare lo Statuto alla giurisprudenza costituzionale… anche in considerazione della sentenza n. 200 del 2008» e, soprattutto, nella rielaborazione di tale necessario adeguamento da parte del legislatore statutario in termini di «semplificazione degli organi di carattere amministrativo», «eliminazione di strutture di dubbia utilità pratica» e «contenimento dei costi di gestione dell’amministrazione regionale». Sul piano del risparmio gestionale la motivazione sfiora il ridicolo, posto che l’intero costo annuale della Consulta (600mila euro) sarebbe stato più o meno eguale allo stipendio di due o tre dirigenti di vertice, mentre, sul piano  giuridico, è bene precisare per i lettori, che la Corte costituzionale con la sentenza n. 200 del 2008 si era limitata, decidendo sullo Statuto di un’altra regione, a stabilire che era contrario alla Costituzione affidare alle consulte regionali la valutazione di osservanza delle leggi allo statuto dopo la loro emanazione (competenza riservata alla Corte costituzionale) mentre era possibile il controllo prima della emanazione e cioè quale organo amministrativo consultivo (come prevedeva lo Statuto calabrese).
Circa «la dubbia utilità pratica dell’organo» si rimanda a quanto affermato meno di 2 anni prima nella relazione alla legge 2/07 . Un raro esempio di coerenza, non c’è dubbio.
E infine, anche la Consulta avrebbe potuto fornire sostegno all’opera di semplificazione amministrativa, sempre che questa sia mai iniziata.
Nessuno considerò allora che quell’organo avrebbe potuto rappresentare un presidio di legalità nell’attività legislativa ed amministrativa della Regione Calabria, senza necessità di declamazioni formali antimafia inutili e fuorvianti. Ma si sa, conta più l’apparenza che la
sostanza.

* Magistrato

TITOLO X
STRUMENTI DI GARANZIA
Articolo 57
(Consulta statutaria)
1.    La Consulta statutaria è l’organo di consulenza e garanzia della Regione, chiamato ad esprimersi sull’applicazione e sull’interpretazione delle norme statutarie. Si compone di cinque membri, eletti, con la maggioranza dei due terzi, dal Consiglio regionale. Essi sono scelti tra i magistrati delle giurisdizioni ordinaria, amministrativa e contabile; tra i professori universitari ordinari in materie giuridiche con almeno quindici anni di carriera; tra avvocati con almeno venti anni di esercizio effettivo della professione.
2.    La Consulta è insediata con provvedimento del Presidente del Consiglio regionale. I membri della Consulta durano in carica sei anni e non sono immediatamente rieleggibili. La carica di componente della Consulta è incompatibile con altre cariche pubbliche, con l’esercizio delle professioni o dell’impresa e con lo status di dipendente pubblico o privato.
3.    La Consulta elegge il suo Presidente, che resta in carica per la durata del mandato.
  Il voto del Presidente prevale in caso di parità.
4.    La Consulta ha sede presso il Consiglio regionale; è dotata di autonomia organizzativa e amministrativa; svolge le sue funzioni secondo le disposizioni del proprio regolamento deliberato a maggioranza assoluta dei componenti e pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione.
5.    La Consulta, su richiesta del Presidente della Giunta, del Presidente del Consiglio regionale, del Presidente del Consiglio delle Autonomie locali, nonché di un terzo dei componenti del Consiglio regionale, esprime il proprio parere, in particolare, riguardo a:
a)    l’interpretazione dello Statuto nei conflitti tra gli organi della Regione;
b)    l’interpretazione dello Statuto nei conflitti tra gli organi della Regione e gli Enti locali;
c)    la compatibilità di proposte di legge o di regolamento con lo Statuto;
d)    la regolarità e l’ammissibilità delle richieste di referendum;
e)    gli altri casi previsti dallo Statuto.
6.    La legge regionale assicura l’autonomia della Consulta e disciplina le modalità di accesso e le altre norme che ne regolano l’attività, nonché il trattamento economico dei componenti.
7.    Gli organi regionali si attengono alle valutazioni della Consulta. Il Consiglio regionale può comunque deliberare in senso contrario a singole valutazioni, con motivata decisione adottata a maggioranza assoluta.

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