CLETO È tornato a nuova vita poco più di un anno fa ma è fruibile soltanto “a singhiozzo”. Il castello di Cleto è stato inaugurato in pompa magna il 20 luglio 2010 tra gli interventi di recupero e riqualificazione effettuati (progetto finanziato dai Por Calabria 2000/2006 – Asse II Risorse Culturali Pis) ma adesso, al turista che capiti qui – entroterra del basso Tirreno cosentino a pochi minuti dall’aeroporto – risulterà impossibile entrare eccetto nel caso in cui abbia chiesto autorizzazione al Comune con almeno 4 giorni d’anticipo. «L’accesso – si legge in un’ordinanza – resta inibito per motivi di sicurezza» se non con guide autorizzate.
Rinato da un anno e già agonizzante? Nel dubbio, ci pensano i ragazzi del laboratorio socio-culturale “La piazza” a rianimare il paese: ai piedi dell’imperioso castello proporranno musica e incontri (“Essenza”, dal 19 al 21 agosto) su cultura ed enogastronomia. Per parlare anche di questo e della loro idea di futuro: «È possibile sognare uno sviluppo occupazionale per la nostra comunità anche grazie al turismo, e crediamo che l’attrazione possa essere, soprattutto per i tanti che vivono nelle grandi città, la semplicità che circonda Cleto, non Casinò o Europaradisi, ma il nostro grande patrimonio: ad esempio i nostri 130mila ulivi centenari, con un olio extravergine d’oliva che potrebbe fare la ricchezza di questa comunità. In pochi chilometri – ricordano i ragazzi della piazza – si producono la cipolla Rossa di Tropea e il pomodoro di Belmonte, una perfetta unione per un piatto estivo, semplice ma anche unico». Un consiglio? «Meglio se aromatizzato con dell’origano selvatico che si trova in abbondanza sulle nostre colline». Qualcuno di loro, anni fa ebbe l’idea di far rinascere il borgo intitolato, pare, all’amazzone Klete: per evitare lo spopolamento del loro paese scrissero anche una lettera all’allora premier Romano Prodi, che si esaltò per l’idea ma non se ne fece niente. In compenso lo spopolamento di Cleto è andato acuendosi con gli anni: servizi minimi al collasso (trasporti, assistenza sanitaria, poste) e una sola speranza di rinascita, appunto: il castello.
“Essenza” sarà una tre giorni a chilometro zero. «Quello che era il cibo della sopravvivenza per i nostri nonni che vivevano nella miseria è oggi qualcosa di esclusivo e raro, per questo sogniamo turisti che vengano a Cleto per mangiare cicoria o finocchi e asparagi selvatici, o ancora il pane appena sfornato condito con olio d’oliva, aglio ed origano selvatico, quello che ancora si fa in tutte le case e per tutti si chiama “cialetta”. Non esiste alimento più profumato e più popolare allo stesso tempo». Il 19, per l’apertura del festival, le “cialette” saranno preparate impastando la farina prodotta da Libera di Isola Capo Rizzuto su terreni confiscati alla ’ndrangheta.
x
x