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Il boss contesta il sindaco antimafia con una lettera del "Comune di Rosarno"

Potrebbe essere l`esito di un nuovo e più grave livello delle intimidazioni mafiose ai danni degli amministratori, quello che si trovano davanti i carabinieri che stanno indagando su una inquietant…

Pubblicato il: 26/08/2011 – 19:25
Il boss contesta il sindaco antimafia con una lettera del "Comune di Rosarno"

Potrebbe essere l`esito di un nuovo e più grave livello delle intimidazioni mafiose ai danni degli amministratori, quello che si trovano davanti i carabinieri che stanno indagando su una inquietante lettera arrivata al sindaco Elisabetta Tripodi. La missiva che il primo cittadino si è trovata sulla scrivania, infatti, era firmata dal boss detenuto Rocco Pesce e, particolare che doppiamente ha fatto sobbalzare l`amministratore, era contenuta in una busta intestata Comune di Rosarno. Una sorta di cinica trovata  che, camuffata come un`apparente goliardata per tentare di sminuire il potenziale intimidatorio, potrebbe nascondere un messaggio subdolo per far capire che anche dal carcere si segue l`attività antimafia della giunta di centrosinistra che dallo scorso novembre guida Rosarno. Il presunto mittente, condannato all`ergastolo e ristretto nel carcere milanese di Opera, nel testo che ora è al vaglio degli inquirenti si è lamentato con la Tripodi per due azioni amministrative specifiche e realmente poste in essere dal Comune nel recente passato, fatto che tenderebbe a far considerare autentico il presunto messaggio intimidatorio, spiegato con dovizia di particolari dall`estensore della missiva. Pesce ha rimproverato nella lettera la recente costituzione di parte civile dell`amministrazione comunale nel processo All Inside, che vede alla sbarra parecchi soggetti intranei o gravitanti nella stessa potente famiglia di `ndrangheta di cui fa parte il detenuto 56 enne, e inoltre si è lamentato per lo sgombero di un immobile occupato dalla madre e dal fratello del boss. E` stata la stessa Tripodi a segnalare l`accaduto ai carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro. «Non sono spaventata ma semplicemente amareggiata – ha dichiarato il sindaco -. Non abbiamo mai svolto nessuna attività persecutoria, ma semplicemente abbiamo compiuto atti amministrativi». Non sarebbe la prima volta che Pesce scrive dal carcere per lanciare messaggi sinistri. In diverse occasioni le sue lettere sono state pubblicate sui giornali, esprimendo critiche lecite per il taglio di alcuni articoli e volendo difendere la sua famiglia da quello che il boss detenuto suole definire attacco mediatico.  Mai però si era spinto fino a “parlare” al sindaco attraverso la cancelleria dello stesso ente che, chissà come, si è procurato in carcere.

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