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Caso Cacciola, raccolta firme e sit-in

Una petizione con un sit-in all`insegna dello slogan “Chi collabora non deve morire più ingoiando acidi”: è il programma dell`iniziativa, che ha tra le prime firmatarie Antonia Lanucara, le parlame…

Pubblicato il: 29/08/2011 – 12:58
Caso Cacciola, raccolta firme e sit-in

Una petizione con un sit-in all`insegna dello slogan “Chi collabora non deve morire più ingoiando acidi”:
è il programma dell`iniziativa, che ha tra le prime firmatarie Antonia Lanucara, le parlamentari Angela Napoli, Maria Grazia Laganà, Doris Lo Moro, Giovanna Ferrara, Rosy Perre, Mimma Pacifici e il coordinamento donne di Fli Calabria, che è stata organizzata per il prossimo 8 settembre a Reggio.
«In questo caldo agosto – è scritto in una nota degli organizzatori – Maria Concetta Cacciola, testimone di giustizia, si toglie la vita a Rosarno ingerendo acido muriatico. È assalita dal dubbio sulla scelta che precedentemente ha compiuto. Il dubbio, forse, in lei è divenuto senso di colpa; il tormento non le ha dato tregua in quella realtà sconvolgente, forte nella sua violenza qual è la `ndrangheta. Sorge spontanea, sulla scorta delle notizie di cronaca, la domanda: “Che cosa ha accomunato donne scomode a ricorrere all`acido muriatico?”. Noi donne calabresi intendiamo combattere qualunque tipo di violenza, anche al fine di evitare che questi gesti, che hanno portato al suicidio più donne, vengano liquidati come crisi a sfondo psichico. La violenza nei confronti delle donne è sotto gli occhi di tutti. Basti fare mente locale sugli omicidi (femminicidi) che si compiono sistematicamente per mano maschile». Ed ancora: «Le donne, ancora oggi – prosegue la nota –  tentano di trovare un equilibrio tra le loro scelte e la famiglia; investono sempre e comunque dalla parte del cuore e di cuore ci si ammala e si muore. Maria Concetta ha conosciuto la violenza maschile e la violenza di `ndrangheta. Questo è il punto da cui partire per comprendere come agire per essere accanto a donne coraggiose e leali che vogliono combattere la violenza subita. Maria Concetta ha scelto di aprire uno squarcio e poiché noi donne che scriviamo non siamo psichiatre non ci vogliamo attardare sulla sua eventuale “depressione”. Lei ha paura e si ribella da donna, da madre, da figlia». «Questo suicidio che non è il solo, pensiamo a Tita Buccafusca, sulla quale è ricaduta la stessa sorte: bere acido e a quella più grave toccata a Lea Garofalo, sciolta nell`acido. Donne e madri calabresi chiamate da un triste e doloroso destino, scomode, sicuramente». La raccolta di firme prosegue in Calabria e fuori dalla regione. La Procura dei minori ha aperto un fascicolo Intanto, la Procura dei minori di Reggio Calabria ha aperto un fascicolo sul caso di Maria Concetta Cacciola.?La donna era tornata pochi giorni prima a Rosarno dopo aver abbandonato la località protetta.?Aveva scelto di collaborare con la giustizia perché voleva allontanarsi dall’ambiente in cui è cresciuta, dalla famiglia che, a suo dire, la maltrattava non consentendole di avere una vita normale. ?Quasi impossibile in una cittadina, come quella della Piana di Gioia Tauro, in cui la `ndrangheta detta legge. In cui le cosche Bellocco e Pesce sono per molti al pari delle istituzioni. Lo Stato è percepito come troppo lontano per chi, come Maria Concetta, è nata in una famiglia legata a esponenti di primo piano dell’onorata società. Dopo essersi nascosta a Cosenza, a Bolzano e a Genova, la testimone voleva riabbracciare i figli che, da maggio ad agosto, erano rimasti con i nonni. In fondo, per loro, aveva saltato il fosso. E sempre per loro voleva ritornare indietro. Se la madre che collabora finisce sotto protezione e i figli restano con il nonno, Michele Cacciola cognato del boss Gregorio Bellocco, allora è evidente che qualcosa nel sistema non ha funzionato. Di tutto questo, fino alla notizia apparsa sui giornali, il procuratore dei minori Carlo Macrì non ne sapeva nulla. Magari la procedura, per motivi di riservatezza, non obbliga la Dda e il Servizio centrale di protezione a informare gli uffici requirenti di via Marsala in merito alla nuova collaborazione, ma il dato di fatto è che tre minorenni sono stati a Rosarno senza la madre per tre mesi.  

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