CROTONE È tornato a nuova vita il “Premio Crotone” e ha ricominciato bene. È stato assegnato al calabrese Carmine Abate, Karmini Kallogjer. Questo il suo nome in albanese. Abate è considerato dalla critica letteraria uno dei più importanti scrittori viventi e a conferma le sue opere sono state proposte alle scuole statali affinché diventino materia di studio. Nel 2010 Abate ha ricevuto il plauso da parte dell’Accademia della Crusca per la sua lezione, tenuta durante il convegno “L’italiano degli altri. Insegnare italiano, lingua di incontro”, dal titolo “Lingua del cuore, lingua del pane”. E sono, in fondo, questi i grandi temi entro cui si muove la scrittura di Abate. Percorsi che partono dalla Calabria, terra madre dove si lascia il cuore e l’anima, percorsi che vanno verso i Paesi in cui si trova lavoro, quelli in cui si parla la lingua del pane. Ma, per quanto lontano il crudele e certo destino ti possa portare lontano, un cordone ombelicale, invisibile agli altri, continua a tenerti legato stretto a quelle strade, a quel cielo, a quel mare, a quei profumi che rimangono l’unica radice certa. Abate parla dell’emigrazione che lui stesso ha vissuto. Sin da bambino. Lo fa, dunque, conoscendo la barriera che divide gli uomini, quel razzismo che ancora oggi rimane il più grande nemico della società. Nei racconti, nei romanzi e nelle poesie di Carmine Abate si avverte il desiderio di abbattere queste stupide barricate che impediscono agli uomini di conoscere l’altro e di arricchirsi dell’esperienza che porta con sé. «Se si amasse per addizione tutti ne avremmo beneficio» ha dichiarato lo scrittore al momento del ricevimento del premio. Abate a Crotone, accompagnato da Cataldo Perri e lo squintetto, ha dato lettura di alcuni brani delle sue opere, emozionando e commuovendo quanti hanno preso parte all’evento. Perché Abate ha profondamente in sé la bellezza della Calabria e della sua gente. Un premio di grande pregio consegnato, negli anni della Crotone operaia e ricca, a Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia. Pasolini quando lo ritirò per il romanzo “Una vita violenta” dichiarò «sono felice di non aver vinto lo Strega o il Viareggio, perché considero quello che mi avete dato come il più adeguato riconoscimento alla mia opera. I protagonisti del mio romanzo, anche se vivono nella capitale, fanno parte del Mezzogiorno d’Italia, ed è giusto che qui a Crotone, trovassero l’esatta comprensione, in una terra giovane perché nasce ora ala vita sociale, e in modo fresco, genuino prende coscienza della sua forza, dei suoi bisogni». Riportare agli onori il premio e affidare le prossime edizioni allo stesso Abate che ne curerà la parte artistica, potrebbe essere una risposta all’auspicio finora mancato di Pasolini. Crotone riprende coscienza della sua forza e del suo bisogno di cultura.
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