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Villirillo ucciso per entrare nel clan

La dote di “sgarrista” conquistata a colpi di calibro 38. L`omicidio di Rosario Villirillo, avvenuto a Crotone il 14 dicembre del 1991, fu il battesimo del fuoco per Luigi Bonaventura (detto “gné g…

Pubblicato il: 07/10/2011 – 18:57
Villirillo ucciso per entrare nel clan

La dote di “sgarrista” conquistata a colpi di calibro 38. L`omicidio di Rosario Villirillo, avvenuto a Crotone il 14 dicembre del 1991, fu il battesimo del fuoco per Luigi Bonaventura (detto “gné gné”), ora collaboratore di giustizia, e i suoi cugini Guglielmo Bonaventura e Luigi Bonaventura, detto “Babà”. Fu la prova di coraggio che i boss del clan pretesero dai tre ragazzi per entrare nella cosca. Ora a distanza di vent`anni la Direzione distrettuale antimafia è riuscita a fare luce su quell`omicidio e ad arrestare Guglielmo Bonaventura in esecuzione di un`ordinanza emessa dal gip Abigail Mellace su richiesta del pm Salvatore Curcio.
Sono state proprio le dichiarazioni di “Gné gné” Bonaventura a permettere di ricostruire il brutale assassinio. A febbraio del 2007 fin dalle sue prime dichiarazioni il collaboratore si autoaccusò dell`omicidio Villirillo. In particolare ha spiegato che i vertici della cosca, Raffaele Vrenna e Giovanni Bonaventura (ora deceduti), avevano deciso di mettere alla prova il coraggio dei tre giovani cugini, all`epoca appena ventenni. Gli avevano così ordinato di uccidere Rosario Villirillo o un altro soggetto E. C., entrambi invisi al clan. Un mandato in bianco, potevano scegliere chi eliminare. Bonaventura quindi per «prendere lo sgarro» aveva accettato «quando ancora non era né picciotto né camorrista». I tre cugini si erano messi subito a caccia delle loro prede. Villirillo si trovò nel posto sbagliato al momento sbagliato: passeggiava vicino al porto. A quel punto avevano deciso di entrare subito in azione. Luigi scese dall`auto e seguì la vittima, l`altro cugino faceva da palo, Guglielmo attendeva in auto. Giunto a pochi passi si calò il passamontagna e puntò la pistola. Villirillo ebbe solo il tempo di alzare le braccia «come se si volesse arrendere». Cinque colpi, il primo al volto, poi due al petto e infine una volta a terra due colpi alla nuca. Quindi la fuga sull`auto guidata da Guglielmo Bonaventura.
Le dichiarazioni di Luigi Bonaventura hanno trovato conferma nelle dichiarazioni rilasciate, il 3 gennaio scorso, da un altro pentito del clan, Pino Vrenna. È lui a confermare la ricostruzione dell`omicidio e a spiegare che l`eliminazione di Villirillo venne commissionata da Giovanni Bonaventura «per farsi il bello con Mico Megna che era convinto che ad accompagnare il padre nel luogo ove poi era stato ammazzato era stato appunto Rosario Villirillo». I racconti dei due pentiti trovano conferma anche nelle poche testimonianze raccolte dalla polizia nell`immediatezza del fatto. Un testimone oculare, infatti, aveva parlato di un uomo di bassa statura (Luigi Bonaventura è alto 1 metro e 66 centimetri) che si allontanava dal luogo del delitto e saliva su un`automobile che lo attendeva. Oggi, infine, l`arresto di Guglielmo Bonaventura che nonostante la condanna a 4 anni e 10 mesi emessa dalla Corte d`appello nel processo “Eracles” era libero.

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