Sigilli al tesoro di Santi Zappalà

Sigilli al tesoro di Santi Zappalà. L’ex consigliere regionale del Pdl, condannato in primo grado a quattro anni per corruzione elettorale aggravata dalle modalità mafiose, si è visto sequestrare, dalla guardia di finanza e dai carabinieri del Ros e del comando provinciale, un patrimonio del valore di sette milioni e mezzo di euro. Denaro contante, titoli ed assicurazioni riconducibili a un soggetto che, dal 2000 in poi, aveva presentato dichiarazioni dei redditi da non più di centomila euro annui. Una colossale incongruenza che, anche alla luce delle inchieste giudiziarie sull’uomo politico, lascia molti dubbi sulla provenienza della ricchezza di Zappalà. L’esponente pidiellino, con oltre 11mila preferenze, alle Regionali del 2010 aveva dato un importantissimo contribuito all’elezione a governatore di Giuseppe Scopelliti, che proprio in provincia di Reggio Calabria costruì la sua leadership regionale.
Gli accertamenti patrimoniali a carico di Zappalà (ma anche della moglie Francesca Parisi, della figlia Carmela e delle due società riconducibili alla famiglia, la “Fisiokinesiterapia Bagnarese” e la “Ileca Charter”) hanno consentito di scoprirne l’ingente ricchezza.
Zappalà era stato arrestato il 21 dicembre 2010 nell’ambito dell’inchiesta “Reale 3”. Indagine da cui era emerso che l’allora candidato del Pdl aveva avuto contatti con esponenti della cosca Pelle, al fine di ottenere voti per la sua elezione in consiglio regionale. Circostanza dimostrata anche attraverso un video che filmava una visita di Zappalà in casa del boss Pelle, prima delle Regionali, proprio per “trattare” un contribuito in termini di consenso elettorale da parte della potente consorteria della ‘ndrangheta.