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Moio fa tremare i palazzi del potere

Spuntano i primi nomi dei politici. Alcuni erano già nell’aria, altri sono completamente inediti. Il collaboratore di giustizia Roberto Moio si è rivelato un fiume in piena questa mattina durante i…

Pubblicato il: 19/10/2011 – 20:29
Moio fa tremare i palazzi del potere

Spuntano i primi nomi dei politici. Alcuni erano già nell’aria, altri sono completamente inediti. Il collaboratore di giustizia Roberto Moio si è rivelato un fiume in piena questa mattina durante il processo “Testamento” contro la cosca Libri e contro l’ex consigliere comunale di An Massimo Labate che si sta celebrando davanti alla Corte d’Appello di Reggio Calabria.
Rispondendo alle domande del sostituto procuratore generale Franco Mollace, il pentito non ha avuto freni dimostrando di poter provocare un terremoto nei palazzi della politica reggina.
Ha parlato di ‘ndrangheta e delle sue parentele con il boss Tegano di Archi. Ma anche di politica e dei rapporti che la sua famiglia mafiosa ha intrattenuto con gli amministratori della città e della Regione.
«I Tegano avevano rapporti ottimi con l’amministrazione. – ha svelato Moio – Hanno sempre candidato qualcuno, hanno sempre appoggiato i politici. La maggior parte erano di destra. Gigi Meduri, Renato Meduri, il dottore Cellini (quando si è portata la sorella). Ad Antonio Franco gli abbiamo raccolto voti, così come a Raso. Questi erano i frequentatori, e con questa parola intendo i politici che salivano nel palazzo dei miei zii. C’ero io direttamente a quegli incontri. Di solito abbiamo votato sempre a destra. A sinistra ultimamente abbiamo portato a Nino De Gaetano. Lo appoggiava Bruno Tegano per fare un favore al dottore Suraci c’è stato sempre vicino, durante e dopo la guerra di mafia. De Gaetano lo abbiamo aiutato moltissimo».
Il collaboratore fa il nome anche dell’ex primo cittadino di Reggio, oggi governatore della Calabria: «Abbiamo sempre votato il sindaco Scopelliti attraverso Peppe Agliano. Con lui avevamo rapporti ottimi. Qualche volta è salito anche dai miei zii. Agliano è venuto a chiedere i voti. Abbiamo appoggiato Scopelliti negli anni passati anche tramite Antonio Franco. Votammo sia lui che Scopelliti».
E su Massimo Labate, imputato del processo “Testamento” con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa: «L’ho conosciuto da Ugo Marino, suocero di Demetrio Condello. Con Labate avevamo il saluto e forse qualche volta abbiamo preso un caffè. Io andavo da Ugo Marino per i vestiti e per qualche piccola fornitura di cocaina. Labate era molto amico di Mimmo Condello detto “Gingomma”».
Tornando alla politica, Moio spiega qual era il sistema: «I voti si compravano. Ho ricevuto soldi da tutti. Ho raccolto voti per un sacco di gente. Nelle ultime elezioni, con Alberto Rito abbiamo incontrato un politico che, se saliva, ci poteva dare appalti e lavori. Ma di lui non ricordo il nome. Carmelo Murina era il reggente di Santa Caterina dopo la morte di Moschera. Lui mi chiamava per aiutare a Raso. Prima del mio arresto, invece, Enzo Pileio (anche lui imputato del processo “Testamento”, ndr) mi ha chiesto dei voti. Io gli avevo detto di recuperare qualcosa perché se mi impegno lo faccio con serietà. Poi ci siamo rivisti ma non mi ha detto più nulla».
E per quanto riguarda le ultime elezioni regionali, secondo Moio, il candidato di riferimento sarebbe stato Alessandro Nicolò del Pdl: «Nel 2010 abbiamo aiutato anche lui che ha festeggiato l’elezione in un locale nella discesa dell’istituto industriale. C’era Andrea Braghetta, Polimeni, Ciccio Trimboli. Mi sono stati chiesti voti pure da un politico di Pellaro che fa il primario. Me li aveva chiesti tramite Nicolazzo perché la moglie lavorava in ospedale. Adesso non ricordo come si chiama ma c’è nei verbali».
Dal “fiume” Moio non si sono salvati neanche l’assessore comunale Demetrio Berna («Era aiutato dai Libri») e Paolo Gatto, ex consigliere che si è ricandidato alle ultime amministrative: «Voleva candidarsi a sindaco e ci ha detto: “dovete darmi una mano”. Ci siamo visti nel 2010 nella villetta di Santa Caterina e c’era anche Tonino Monorchio».
Le ultime rivelazioni del pentito, infine, hanno riguardato la lupara bianca che ha ucciso Paolo Schimizzi («Schimizzi era sostenitore di Nucera ed è scomparso per mano di suo zio Giovanni Tegano») e le società miste, considerate dagli inquirenti la “zona franca” dove la politica si siede allo stesso tavolo della ‘ndrangheta.
«La Fata Morgana è gestita dai Zito-Bertuca. – afferma Moio – La Leonia ce l’ha Giovanni Fontana che prende i soldi e li divide con le altre famiglie. Non so se anche con i politici. Io ho conosciuto De Caria. So che alla Leonia hanno assunto Rocco Melissari e Rocco Mandalari, cognato di Enzo Zappia. La Multiservizi, invece, è molto più gestita da noi Tegano, anche per via del fidanzamento tra il figlio di Peppe Richichi con la nipote di mia moglie».

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