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Corruzione elettorale, il consigliere regionale Rappoccio: «Sarò rinviato a giudizio»

REGGIO CALABRIA Il consigliere regionale Antonio Rappoccio (Pri) sarà rinviato a giudizio per il reato di corruzione elettorale. A renderlo noto è stato lo stesso esponente della maggioranza che so…

Pubblicato il: 20/10/2011 – 11:46
Corruzione elettorale, il consigliere regionale Rappoccio: «Sarò rinviato a giudizio»

REGGIO CALABRIA Il consigliere regionale Antonio Rappoccio (Pri) sarà rinviato a giudizio per il reato di corruzione elettorale. A renderlo noto è stato lo stesso esponente della maggioranza che sostiene il governatore Scopelliti che in caso di condanna perderebbe lo scranno di Palazzo Campanella. «Apprendo dal mio legale, avv. Giacomo Iaria, che a sua volta ha appreso informalmente dagli organi giudizialmente preposti, che sarà disposto nei miei confronti “decreto di citazione diretta a giudizio” in ordine alle vicende, di cui mio malgrado sono stato oggetto sulle cronache locali», sostiene Rappoccio. «Avrò modo di difendermi e fornire tutte le spiegazioni necessarie – prosegue il consigliere regionale – affinché si dimostri la mia totale estraneità in merito ad una vicenda cavalcata esclusivamente per fini personali, dove la tutela della verità non appartiene sicuramente al primo dei non eletti ma agli organi preposti. Rimanendo come sempre fiducioso nella magistratura ed essendo innanzitutto persona perbene, oltre che uomo delle istituzioni. Mi affido serenamente nelle mani degli organi giudicanti».
«CHIESTA ISPEZIONE» Intanto l’ex presidente del consiglio comunale di Reggio, Aurelio Chizzoniti, ha trasmesso gli atti relativi all’indagine su Rappoccio al ministero della Giustizia, sollecitando un’ispezione alla Procura di Reggio Calabria. Secondo il primo dei non eletti alle Regionali nella lista “Insieme per la Calabria”, «la magistratura inquirente reggina ha inteso perseguire soltanto il reato fine e non anche i reati mezzo, consumati con spietato cinismo e glaciale disprezzo della dignità umana». Chizzoniti, in particolare, stigmatizza la mancata contestazione del reato previsto dal testo unico delle leggi in materia di composizione ed elezione dei consigli comunali, che punisce chiunque usi «violenza o minaccia ad un elettore, o alla sua famiglia, per costringerlo a firmare una dichiarazione di presentazione di candidatura o a votare in favore di determinate candidature», o ancora i comportamenti tesi a «diminuire la libertà degli elettori» con notizie false, raggiri e artifizi. Il riferimento è ai fatti contestati a Rappoccio che avrebbe promesso posti di lavoro (peraltro mai assegnati) in una società a quanti gli avessero garantito un “pacchetto” di voti. Secondo Chizzoniti, anche questo reato avrebbe dovuto essere contestato al consigliere regionale. Per questo motivo ha formulato la richiesta ispettiva, definendola «quantomeno opportuna al fine di acquisire utili elementi di valutazione indispensabili per capire la ratio ispiratrice del modus operandi della Procura della Repubblica. Laddove, la stessa, per un verso si impegna per perseguire un magistrato integerrimo e di altissimo profilo professionale quale è il dott. Alberto Cisterna, per altro consente ad un consigliere regionale considerato dalla stessa Procura un “corruttore elettorale” di continuare ad esercitare funzioni istituzionali fraudolentemente conseguite».
AVOCAZIONE Chizzoniti ha inoltre chiesto l’avocazione delle indagini da parte della Procura generale presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria, preannunciando la volontà di «incatenarsi davanti alla sede del Csm a Roma, assieme a molto giovani truffati e fino qui senza voce e senza tutela», qualora non dovesse essere fatta luce su «una giustizia ingessata in una palude contraddistinta da stagnanti illogicità, contraddizioni ed inspiegabili inerzie»: come quelle che hanno portato a non disporre «perquisizioni, acquisizioni di atti e intercettazioni, pur ripetutamente richiesti».

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