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Palazzo San Giorgio nel caos È la nemesi del "modello Reggio"

A Reggio Calabria la situazione sta ormai precipitando. Palazzo San Giorgio è sistematicamente sotto assedio e il sindaco della città, Demetrio Arena, ha già, sul piano politico, l’acqua alla gola….

Pubblicato il: 20/10/2011 – 14:42
Palazzo San Giorgio nel caos  È la nemesi del "modello Reggio"

A Reggio Calabria la situazione sta ormai precipitando. Palazzo San Giorgio è sistematicamente sotto assedio e il sindaco della città, Demetrio Arena, ha già, sul piano politico, l’acqua alla gola. Il primo cittadino ha convocato improvvisamente una conferenza stampa nella quale si è espresso in termini molto duri sul sit-in messo in atto ieri dai lavoratori di una delle società miste del Comune, che non percepiscono da mesi lo stipendio. Operai esasperati, privi di garanzie economiche, con famiglie a carico e affitti scaduti da pagare.  Secondo il sindaco, «alcuni dipendenti di Multiservizi hanno protestato sul corso Garibaldi senza i connotati della legittima rivendicazione, ma seguendo i connotati violenti che il dibattito sulle vicende comunali sta assumendo. Ho riunito i miei collaboratori per avere un resoconto e mi sono fatto l`idea che c`è qualcuno che vuole trasferire il dibattito dalle aule alle piazze, con gravi pericoli per l`ordine pubblico». Come se i problemi per l’incolumità e la sicurezza fossero causati dai lavoratori.?
Da parte dell’uomo investito dal governatore Scopelliti dell’onere di traghettare il Comune fuori dalla tempestosa situazione finanziaria in cui versa, sono seguite altre pesanti considerazioni: «Abbiamo conferito i mandati di pagamento degli stipendi di Leonia e Multiservizi, ma anche da parte dei sindacati rilevo difficoltà a trattare in nome e per conto dei dipendenti». E ciò, sostiene Arena, in ragione di «infiltrazioni politiche caratterizzate da irresponsabilità o, addirittura non vorrei, a causa di intromissioni da parte di qualcuno che opera per conto della ‘ndrangheta».
?Accuse molto gravi, quelle del sindaco di Reggio Calabria. A farle scattare è stata la protesta dei dipendenti della società partecipata dal Comune, che evidentemente non si lasciano più rabbonire da promesse che ricevono da anni e che adesso non possono bastare. Anche perché non è solo una questione legata alla Multiservizi e alla Leonia. ?
In queste ore Palazzo San Giorgio è assediato dai creditori. Per l’ennesima volta, i lavoratori del terzo settore che non prendono un euro da nove mesi sono stati buggerati. Il 28 settembre scorso uscirono dalla stanza del sindaco convinti di aver avviato a soluzione una parte dei loro problemi. Quasi un mese dopo, nulla è cambiato. Ma in piazza Italia ci sono anche i lavoratori di Acquereggine, una società che funzionerebbe benissimo e che invece è praticamente fallita perché il suo principale committente, cioè il Comune di Reggio Calabria, non paga. E poi ci sono i professionisti, gli avvocati, gli architetti, gli ingegneri che presentano da anni parcelle che restano impagate, su cui hanno già versato decine di migliaia di euro in Iva e contributi previdenziali. E ancora le imprese, specie quelle del comparto edile, che vantano crediti per svariati milioni di euro ma paradossalmente sono costrette a licenziare. Qualcuno, tra le lacrime, confida: «Sto per portare i libri in tribunale».
È la nemesi del “modello Reggio”, lo sgretolamento di un sistema costruito sulle fondamenta assai fragili della finanza creativa e oggi destinato all’implosione. Arena, delfino di Scopelliti, adesso non promette più. I soldi sono finiti da tempo; ora, ad aggravare la situazione, c’è il fatto che nessuno fa credito al Comune. La crisi è gravissima e l’ente non ha più alcuna credibilità finanziaria. ?
Anche il linguaggio è cambiato. Non si difende più a spada tratta il “modello Reggio”, non è più un’astratta discussione tra sostenitori e detrattori di un modo di fare politica. È una lotta per sopravvivere e per evitare il baratro. Il primo cittadino continua a sostenere che il buco del bilancio sia di 75-80 milioni e non di 170. Dice di aver ricevuto la consulenza tecnica di parte della Procura di Reggio Calabria in cui si afferma che l’ammanco sia di quell’entità, e non pari alla cifra più che doppia fornita dagli ispettori di Tremonti. In realtà, la Procura di Reggio non ha indicato l’ammontare complessivo dei debiti del Comune, ma ha solo fatto riferimento a quella parte del disavanzo che è il frutto di presunti reati: accertare le dimensioni della massa debitoria non è compito della magistratura inquirente.
Sempre nella relazione peritale – che è stata diffusa soltanto in alcune parti e non integralmente – si sostiene che le irregolarità dei conti comunali «sono certamente da imputare in primo luogo al responsabile del servizio finanziario, attore primo della predisposizione di bilanci e rendiconti». E che  «le omissioni del collegio dei revisori hanno impedito al consiglio comunale di assumere le conseguenti deliberazioni che avrebbero dovuto essere attuate per evitare la crisi finanziaria».
«Occorre valutare se il sindaco ed il segretario comunale possano avere avuto coscienza della non veridicità dell`attestazione del collegio dei
revisori dei conti sulla situazione finanziaria del Comune», si legge in un altro stralcio della perizia, sulla cui base – ricordiamo – i magistrati hanno iscritto nel registro degli indagati il governatore ed ex sindaco di Reggio, Scopelliti.
Ma torniamo ad Arena. Che, sui debiti, insiste: «Sono solo (sic!) settantacinque-ottanta milioni». Un numero preciso non c’è, non lo sa nemmeno lui quanto sia profonda quella voragine. Numeri dati alla buona, cercando di non sparare una cifra troppo bassa per rischiare di non essere creduti, ma senza neanche eccedere in senso contrario e avvalorare la tesi di quanti, per tornare alle sue parole, sono responsabili di «infiltrazioni politiche caratterizzate da irresponsabilità». Quelle stesse infiltrazioni politiche che starebbero dietro i decreti ingiuntivi e i pignoramenti notificati al Comune: come il grande albergo Miramare, orgoglio della città ridotto a bene di garanzia per un’impresa che vuole i suoi soldi.?
Così, il sindaco epigono richiama tutti al «senso di responsabilità». Che per gli operai della Multiservizi, in base ai desiderata del capo dell’amministrazione comunale, non vuol dire solo restare senza stipendio, ma anche non protestare. Perché chi continua così vuol contribuire, dice ancora Arena, a «far saltare il banco». Espressione che il sindaco ripete due volte e che, freudianamente, evoca il gioco d’azzardo. Proprio lo stesso modo in cui, per anni, è stata gestita la cosa pubblica reggina. Ma traducendo dal gergale politichese al diritto amministrativo, cosa significa «far saltare il banco» se non determinare il dissesto delle casse comunali?

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