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Processo Puma, le richieste di condanna

E’ alle battute finali, presso il Tribunale di Crotone, il processo denominato Puma. Ieri la requisitoria del pubblico ministero, PierPaolo Bruni e le richieste di condanna nei confronti dei 26 imp…

Pubblicato il: 26/10/2011 – 7:32
Processo Puma, le richieste di condanna

E’ alle battute finali, presso il Tribunale di Crotone, il processo denominato Puma. Ieri la requisitoria del pubblico ministero, PierPaolo Bruni e le richieste di condanna nei confronti dei 26 imputati  non giudicati con rito abbreviato. Prese in considerazione le intercettazioni telefoniche ed ambientali, in relazione a tutti i capi di imputazione, Bruni ha voluto ripercorrere tutto l’iter che ha condotto fino ad oggi, facendo riferimento «a conversazioni o a dichiarazioni di carattere confessorio degli imputati» chiedendo al collegio di giudicare se ed in che misura le intercettazioni e le successive dichiarazioni rese dalla parte civile, rappresentata dal professore Stefano Forleo, amministratore del condominio del villaggio “Praialonga” fino all’elezione di Luigi Bumbaca, quest’ultimo tra gli imputati accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso, siano «compatibili, quando non sovrapponibili a quelle degli imputati stessi». Immediato l’attacco a quella società civile «che si straccia le vesti – ha sottolineato Bruni – contro la criminalità organizzata e che si indigna, quando non anche offre ricette per combatterla, ma che arrivati in aula tesse le lodi di soggetti accusati di gravissimi reati. Lasciando intendere che la ‘ndrangheta e la cosca Maesano, nel villaggio Praialonga non ha mai operato ».
«Dunque – ha proseguito il pm – se tutti quei testimoni ascoltati hanno affermato che la ‘ndrangheta non ha mai messo piede a Praialonga è l’effetto di condizionamenti, assoggettamenti ed omertà». Secondo la sentenza di secondo grado si può statuire «la sicura esistenza dell’associazione». Dati fondamentali, secondo l’accusa sono che «il villaggio era governato dalla cosca Maesano, l’elezione di Luigi Bumbaca non è stata una libera manifestazione di voto, ma è una imposizione di un appartenente alla cosca».
Scandagliato, poi, il rapporto dei due fratelli, Giovanni e Antonio Puccio con la cosca e con lo stesso Bumbaca: “Giovanni Puccio ha un ruolo di vertice all’interno della cosca, a tal punto che è informato sulla volontà di uccidere Stefano Forleo. Le informazioni, così come certificato dall’articolo 416 bis, vengono veicolate tra gli intranei. E’ un chiaro indizio di appartenenza alla cosca». E’ Bumbaca l’espressione diretta della cosca Maesano nel villaggio: «I giudici di secondo grado, motivano su Bumbaca statuendo che ha una dipendenza gerarchica, ma è membro fondamentale che consente di perseguire i fini della cosca a Praialonga. Ha una personalità che gli consente di intrattenere rapporti con importanti politici, con imprenditori, con altre cosche e si destreggia tra criminali o presunti tali. Inoltre i giudici di secondo grado statuiscono l’intraneità dello stesso Bumbaca, a casa del quale si è tenuto un vertice mafioso tra i Maesano e gli Zicchinello da una parte e gli Arena dall’altra. Un incontro storico e delicatissimo. Fu decisa una pax, o comunque una tregua tra le due cosche. Bumbaca è consapevole delle dinamiche mafiose».
Ripercorsi anche i rapporti con i due fratelli Vrenna, Raffaele e Giovanni: «Raffaele Vrenna avrebbe avuto un vantaggio apprezzabile nella costruzione delle villette abusive. Così come lo avrebbe avuto la cosca Maesano».
Infine le richieste per i reati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, corruzione, voto di scambio, abuso d’ufficio. Per Maesano Santo classe ‘58, chiesti 10 anni; per Giovanni Puccio classe ‘48 14 anni; per Puccio Antonio classe ‘57 10 anni; per Bumbaca Luigi classe ‘56 chiesti 14 anni; per Bruno Michele classe ’60 chiesti 6 anni; per Bumbaca Antonio classe ‘84 chiesti 6 anni; per Battaglia Giuseppe classe ‘48 chiesti 8 anni; per Calabretta Domenico classe ‘51 chiesti 4 anni; per Biondi Agostino classe ‘53 chiesti 6 mesi; per D’Alfonso Michele classe ‘42 chiesti 9 anni; per Cosentino Lucio classe ‘60 chiesta l’assoluzione; per Marrazzo Gennaro classe ‘52 chiesti 5 anni; per Oliva Giuseppe classe ’66 chiesti 3 anni e sei mesi; per Megna Antonio classe ‘49 chiesta l’assoluzione; per Veneziano Cosimo classe ‘61 chiesta l’assoluzione; per Grano Gianfranco classe ‘76 chiesti 3 anni; per Bruno Rocco classe ‘65 chiesti 3 anni; per Tortello Cannata Angela classe ’59 chiesti 1 anno e sei mesi; per  Derose Francesco classe ’64 chiesti 1 anno e sei mesi; per Martucci Salvatore classe ’57 chiesti 1 anno e sei mesi; per  Fragola Michele clase ’48 chiesti 1 anno e sei mesi; per  Stella Natale classe ‘66 chiesti1 anno e sei mesi; per Cosentino Salvatore classe ’60 chiesti 1 anno e sei mesi; per Detursi Gaetano classe ’60 chiesti 1 anno e sei mesi; per Cristodaro Giuseppe classe ’62 chiesti 4 anni; per Gareri Luigi classe ‘58 chiesti 8 anni.

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