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`Ndrine a Fondi, chiesti 16 anni di carcere per i fratelli Tripodo

La scure del pm sulle cosche calabresi nell`Agro pontino. Richieste di condanna fino a 16 anni nel processo “Damasco 2” sulle infiltrazioni della `ndrangheta a Fondi. Sedici anni per i fratelli Car…

Pubblicato il: 27/10/2011 – 11:56
`Ndrine a Fondi, chiesti 16 anni di carcere per i fratelli Tripodo

La scure del pm sulle cosche calabresi nell`Agro pontino. Richieste di condanna fino a 16 anni nel processo “Damasco 2” sulle infiltrazioni della `ndrangheta a Fondi. Sedici anni per i fratelli Carmelo e Venanzio Tripodo, 14 per Aldo Trani, titolare di una ditta di pompe funebri, avrebbe fatto capo ai fratelli Tripodo, (di Reggio Calabria ma insediati a Fondi da molto tempo), con un ruolo importante nel condizionamento delle attività del Comune. Sette per Vincenzo Biancò, Antonio Schiappa, Alessio Ferri. Sei anni per Franco Peppe e Riccardo Izzi, fino all’anno prima degli arresti assessore ai Lavori pubblici. Chiesti sei anni per Igor Catalano, il quale, a differenza degli altri imputati, verrà giudicato con il rito abbreviato. Due per Pasquale Peppe e per l’imprenditore Massimo Di Fazio, per Tiziana Simonelli e Deborah Ruggeri. Otto anni per Antonino D’Errigo, un anno per Mario Renzi, dirigente del settore Lavori pubblici, un anno e mezzo per Serafino Spamigni, tre anni per Enza Petrillo e per Maria Laura Trani, sette anni per Vatanga De Silva, un anno e dieci mesi per Loredana Trani. Sette mesi per Pietro Munno, Dario Leone e Vincenzo Boccia, cinque mesi per Massimiliano De Filippis. Chiesta, invece, l’assoluzione per Gemma Peppe, Tommasina Biondino,Valentino Marrocco, Sergio Peluso, Sandro Massa, Pasqualino e Ercole Rega, Maurizio Grossi. Ora la parola passerà agli avvocati per le arringhe finali. A dicembre è prevista la sentenza. Il gruppo è accusato, a vario titolo, di aver condizionato le attività del Mof, uno dei più grandi mercati ortofrutticoli dell`Europa, e dell`amministrazione comunale di Fondi. Nel corso della requisitoria, il pm della Dda di Roma, Maria Cristina Palaia, ha ricostruito la lunga indagine. Di fronte alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Lucia Aielli i legali si sono opposti alla discussione, per il mancato deposito del fascicolo per la posizione di Igor Catalano: il suo legale Domenico Oropallo aveva chiesto e ottenuto di procedere con il rito abbreviato, in virtù dell’estensione temporale dei capi di accusa. Il pubblico ministero ha dedicato la prima parte alla genesi delle indagini, poi una lunga descrizione del contesto sociale e temporale in cui sono maturati i rapporti tra gli imputati. In prima istanza la ricostruzione della storia della famiglia reggina Tripodo, partendo dall’omicidio di Domenico, del successivo stanziamento della famiglia in una realtà, quella di Fondi, non abituata a queste dinamiche. E ancora il mantenimento dei rapporti con la terra d’origine, i contemporanei soggiorni in Calabria di Venanzio Tripodo. Una parte della discussione è stata dedicata agli elementi che andrebbero a supportare l’ipotesi associativa per alcuni di loro, partendo dalla stabilità dei contatti, interessi comuni, la forza intimidatrice, «la consapevole volontà di far parte di una compagine criminosa». Spesso è stato sottolineato il tipo di linguaggio utilizzato per affermare i ruoli: «Quelli che contano a Fondi siamo noi». Ma anche il clima di omertà creato sia nella cittadina che in aula, nel corso delle udienze, dove diversi testimoni non hanno ricordato dichiarazioni rese in sede di indagine alle forze dell’ordine. La Palaia è passata poi ad analizzare i rapporti con i commercianti del Mof, che secondo quanto emerso dalle indagini è da tempo nelle mire delle `ndrine. Infine le richieste di condanna fino a sedici anni di carcere.

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