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Lo Stato pagherà la difesa all`aguzzino di Lea Garofalo

CROTONE Ha sciolto sua moglie, Lea Garofalo, in cinquanta chili di acido, dopo che lei aveva deciso di denunciare le attività illecite di un clan del Crotonese. È considerato dalla Procura di Milan…

Pubblicato il: 30/10/2011 – 19:44
Lo Stato pagherà la difesa all`aguzzino di Lea Garofalo

CROTONE Ha sciolto sua moglie, Lea Garofalo, in cinquanta chili di acido, dopo che lei aveva deciso di denunciare le attività illecite di un clan del Crotonese. È considerato dalla Procura di Milano il mandante di uno degli omicidi più efferati degli ultimi anni. Un delitto catalogato nell`immaginario collettivo come crimine di `ndrangheta. Lui, Carlo Cosco, è sotto processo insieme ad altri cinque nel capoluogo lombardo. E lo Stato gli pagherà l`avvocato. Perché è povero (ha dichiarato un reddito inferiore alla soglia di 10.628 euro) e, soprattutto, perché nell`accusa è caduta l`aggravante mafiosa. Le due circostanze, insieme, permettono all`imputato di ottenere il gratuito patrocinio. Così la sua difesa, affidata a un noto penalista milanese, sarà pagata dai cittadini.
Carlo Cosco, ritenuto organico all`omonima cosca di Petilia Policastro, è stato rinviato a giudizio per omicidio premeditato e occultamento di cadavere, ma non per motivazioni legate alle rivelazioni di Lea Garofalo sugli affari della `ndrina crotonese. Così inquadrato, il delitto che ha sconvolto l`intero Paese, sarebbe un omicidio “normale”, legato alle dinamiche familiari, alle continue liti in casa. E non alla volontà della donna di emanciparsi dal substrato mafioso e denunciare.
Un quadro, quello che si appresta a descrivere il processo, molto diverso da quello emerso dalle indagini. La rete di relazioni della famiglia Cosco e, di conseguenza, il contesto in cui è nato l`omicidio, sembrerebbero tutt`altro che “normali”. I fratelli Cosco, infatti, sarebbero esponenti della omonima cosca di Petilia Policastro, nel crotonese. Quartier generale della famiglia sarebbe stato un palazzo di proprietà dell’Ospedale Maggiore ma occupato abusivamente. Qui i tre fratelli avrebbero gestito gli affari legati al settore edilizio, al traffico di droga e ai subaffitti delle case popolari. Cose di cui Lea aveva parlato con i magistrati prima di essere torturata e uccisa.

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