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Reati e prevenzione

Il carattere “sistemico” di un modus operandi non rispettoso delle regole (deontologiche o giuridiche che siano), in settori istituzionalmente, socialmente ed economicamente rilevanti, che interess…

Pubblicato il: 14/11/2011 – 16:39
Reati e prevenzione

Il carattere “sistemico” di un modus operandi non rispettoso delle regole (deontologiche o giuridiche che siano), in settori istituzionalmente, socialmente ed economicamente rilevanti, che interessano l`esercizio di attività imprenditoriali o professionali o quello di funzioni pubbliche, impone di porsi la domanda se la normativa attualmente vigente sia idonea a svolgere un compito di deterrenza.
La risposta ad un tale quesito non può essere formulata in termini di certezza, perché l`aumento o la diminuzione del numero di reati non dipende esclusivamente dalla capacità preventiva del diritto, ma è agganciata, anche, a fattori del tutto indipendenti da esso.
Si può, però, rispondere, con sufficiente sicurezza, che, nella corretta prospettiva di un innalzamento della capacità di prevenzione generale e speciale, può essere perfezionata la regolamentazione in materia, attraverso norme che meglio individuino i limiti, giuridici, cui è (o dovrebbe essere) sottoposto l`esercizio delle attività imprenditoriali e professionali e quello delle funzioni pubbliche.
Attività, quelle professionali e imprenditoriali, che, se anche per loro natura indirizzate al conseguimento di interessi di tipo privatistico, devono, comunque, armonizzarsi, nel loro svolgimento, con l`interesse pubblico, ed il cui esercizio non deve porsi in contrasto con l`utilità sociale.
Chi affronta questo tema deve, realisticamente, prendere atto che in una società caratterizzata da logiche di mercato e da notevole relativismo etico appare velleitario fare affidamento sulla capacità di dissuasione che può derivare dalla stigmatizzazione sociale di comportamenti spregiudicati o su quella di autodisciplina di chi opera nel settore imprenditoriale o in quello professionale.
La semplice lettura delle cronache giornalistiche consente di afferrare la rilevanza del tema: si tratta di stabilire puntualmente cosa sia consentito all`imprenditore o al libero professionista (o, comunque, all`esercente attività privata) nel rapporto col settore pubblico o nell`operare in zone ad alta densità mafiosa, cosa sia loro consentito al fine di soddisfare l`interesse proprio o quello del cliente, cosa sia loro permesso nel relazionarsi a particolari situazioni ambientali (non soltanto mafiose, ma anche di diffusa corruzione), e così via.
Una precisa previsione di ciò che è consentito e di ciò che non lo è risponde ad un`esigenza economica, perché la certezza del diritto in questo campo si traduce in una incentivazione dell`iniziativa economica e sociale ed in una disincentivazione di fattori criminogeni.
Il discorso riguarda, in particolare, la riformulazione della normativa attinente all`area oggi interessata dalla figura del concorso esterno associativo (non soltanto di tipo mafioso).
L`incertezza dei profili del concorso esterno associativo dipende dall`essere esso, sostanzialmente, una figura di creazione giurisprudenziale; tale incertezza indebolisce la sua funzione di prevenzione generale e speciale; tale funzione deve essere rafforzata attraverso una puntuale definizione legislativa della normativa in materia; ciò soddisferebbe, anche, le esigenze di garanzia.
Una delle soluzioni possibili per regolamentare l`area oggi interessata dalla figura del concorso esterno associativo (non soltanto di tipo mafioso) è quella di prevedere norme che abbiano come bene giuridico tutelato l`ordine pubblico, inteso come corretto assetto dei rapporti istituzionali, politici, giudiziari, sociali, economici, come definiti dalla Costituzione, alla cui tutela sono indirizzate le regole che disciplinano lo svolgimento delle attività economiche e professionali e delle funzioni pubbliche.
In proiezione della tutela di tale bene si potrebbe valutare l`opportunità di delineare fattispecie incriminatrici diversificate, strutturate come reati propri per ciascuna categoria professionale , economico – imprenditoriale  o attinente a pubbliche funzioni. Fattispecie da imperniarsi sullo stravolgimento funzionale. Il che significa che il bene giuridico tutelato – ordine pubblico – si dovrebbe specificare nell`interesse allo svolgimento corretto della funzione pubblica o dell`attività privata e, quindi, nelle finalità ordinamentali che il corretto esercizio di tali funzioni e attività intende perseguire.
A tale fine, i temi che il legislatore dovrebbe affrontare sono quelli della identificazione delle categorie destinatarie delle norme penali, della delineazione delle condotte vietate, della definizione dell`evento, dell`indicazione dell`elemento soggettivo richiesto (dolo).
Le condotte vietate dovrebbero consistere nell`uso distorto del potere o della facoltà (innanzitutto, attraverso  la violazione degli obblighi o dei doveri connessi al loro esercizio), al fine del conseguimento di uno scopo diverso da quello per il cui conseguimento il potere o le facoltà stessi sono stati attribuiti dall`ordinamento: si tratterebbe, quindi, di configurare fattispecie di abuso, ad esecuzione monosoggettiva.
L`evento (doppio) dovrebbe essere costituito dall`agevolazione di un`associazione e dal conseguimento di un ingiusto vantaggio, anche non patrimoniale, proprio o altrui (rendendosi, così, configurabile anche il tentativo): in alternativa, il fine del conseguimento di un ingiusto vantaggio come qui descritto potrebbe essere delineato come elemento di dolo specifico.
La diversa gravità delle condotte, a seconda del tipo di associazione cui esse, in concreto, dovessero accedere, potrebbe trovare riconoscimento in un equilibrato sistema di circostanze aggravanti (del tipo di quella contenuta nella  norma che prevede un aumento di pena per chi commetta un delitto avvalendosi delle condizioni previste dall`articolo 416 bis codice penale o al fine di agevolare l`attività delle associazioni previste dallo stesso articolo).
* sindaco di Modena – avvocato
** avvocato

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