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Truffa ai danni della Fallara: arrestati un poliziotto, la moglie e un faccendiere

Il dirigente del Comune di Reggio Calabria, Orsola Fallara, era stata “invitata” a non denunciare il ricatto che stava subendo e a non rivolgersi «all’amico pezzo grosso che prima stava a Reggio e …

Pubblicato il: 17/11/2011 – 9:56
Truffa ai danni della Fallara: arrestati un poliziotto, la moglie e un faccendiere

Il dirigente del Comune di Reggio Calabria, Orsola Fallara, era stata “invitata” a non denunciare il ricatto che stava subendo e a non rivolgersi «all’amico pezzo grosso che prima stava a Reggio e poi a Roma».
Il «pezzo grosso» al quale la Fallara non si sarebbe dovuta rivolgere era il questore Mario Blasco, «precedentemente in forza – scrivono i magistrati – ai servizi in questo Centro ed attualmente in servizio nella città di Roma, intimo amico del Fallara Paolo e cognato, poiché coniugati a due sorelle, di Ferraro Salvatore Francesco Nicola, a sua volta cognato di Fallara Paolo».
I ricattatori si erano organizzati bene. Il gip, che ha emesso l’ordinanza, li ha definiti «un nucleo organizzato di soggetti facenti capo alla persona di Franco Antonino Consolato, un appartenente alla Polizia di Stato, evidentemente disposto ad utilizzare informazioni in suo possesso, anche per ragioni di ufficio, a scopo di lucro».
Per lui e per il faccendiere odontotecnico Angelo Belgio, il giudice per le indagini preliminari Antonino Laganà ha accolto la richiesta di ordinanza di custodia cautelare in carcere mentre alla moglie del poliziotto, Rosa Bruzzese, ha concesso il beneficio degli arresti domiciliari.
I dettagli dell’operazione sono stati illustrati stamattina dal procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza durante una conferenza stampa tenuta al Comando provinciale dei carabinieri.
Nell’inchiesta risulta indagata a piede libero anche una quarta persona, la rumena Mihaela Motas, che «ha avuto un ruolo marginale» – ha spiegato il magistrato – nell’attività criminale del gruppo «al quale è stata contestata l’associazione a delinquere finalizzata alla truffa, ma siamo al limite con la tentata estorsione».
Un reato commesso ai danni di Paolo e Orsola Fallara, ma anche di Mario Congiusta (il padre dell’imprenditore ucciso a Gioiosa Jonica) e di Francesca Bruzzaniti, moglie e madre di Alessandro e Giuseppe Marcianò condannati all’ergastolo per l’omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale Franco Fortugno.
In sostanza, gli arrestati manipolavano informazioni «da offrire (in una logica palesemente ricattatoria) ai prossimi congiunti di persone a vario titolo coinvolte (realmente o ipoteticamente) in vicende giudiziarie, spesso scaturite da indagini svolte (guarda caso) dalla Polizia di Stato e dall’indubbio impatto mediatico».
Le vittime venivano approcciate sempre allo stesso modo, attraverso l’invio di lettere anonime, «contenenti, oltre alle richieste di denaro ed ai motivi che le giustificano, delle istruzioni, spesso connotate da una certa farraginosità, seguendo le quali si porterà a termine la “transazione”».  
Ritornando al caso Fallara, i ricattatori avevano riferito alla dirigente che sarebbe stata lei a dover decidere la cifra da offrire per l’acquisto della documentazione, precisando di essersi rivolto alla donna poiché la stessa era considerata un personaggio di minor rilievo della fantomatica indagine di polizia giudiziaria in cui era coinvolta.
«Sono Andrea parli solo lei» è la frase che Orsola e Paolo Fallara si sentivano pronunciare al telefono. Era questo Andrea, stando alla ricostruzione dei carabinieri, che dava indicazioni su dove il sodalizio avrebbe lasciato le lettere con le istruzioni da seguire.
Trentamila euro sarebbe stata la cifra pattuita con i ricattatori per avere il fascicolo dell’inchiesta in cui sarebbe stata coinvolta la dirigente comunale del settore Finanze e Tributi. La consegna doveva avvenire il 30 aprile 2008 nei pressi di Ortì, vicino a una radura, dove gli uomini del colonnello Carlo Pieroni avevano predisposto un servizio di appostamento.
È interessante, a proposito, leggere lo stralcio dell’ordinanza di custodia cautelare che ricostruisce i vari passaggi riportando la relazione dei carabinieri: «La sera stessa alle ore 20,20 circa i militari in servizio di osservazione nel punto sopra indicato e sito in Contrada San Bruno di Ortì notavano un autovettura Opel Corsa di colore grigio targata CC141HN transitare sulla strada provinciale per la località Gambarie con direzione mare monte, la stessa autovettura veniva notata transitare in direzione opposta pochi minuti dopo. I successivi accertamenti permettevano di appurare che l’autovettura di cui sopra era intestata a Anastasi Rosa, nata a Caltagirone (CT) il 13.02.1976 ed in uso al marito convivente Belgio Angelo. Alle successive ore 22,05 circa i militari di supporto a quelli in servizio di osservazione notavano entrare nella radura un’autovettura che dapprima spegneva i fari e successivamente, probabilmente accortasi della presenza dell’autovettura degli operanti, usciva repentinamente dalla radura dirigendosi verso mare. Gli operanti a quel punto decidevano di fermare l’autovettura per identificarne gli occupanti, cosa che avveniva a circa 500 metri dal luogo sopra descritto sulla via provinciale Ortì Gambarie. Non appena intimato l’alt dalla vettura, lato passeggero, scendeva un uomo che si identificava in Franco Antonino Consolato vice sovrintendente della polizia di Stato in servizio presso il Nop di Reggio Calabria. Gli operanti chiedevano all’uomo i motivi della presenza in quel luogo e questi riferiva di trovarsi lì con un proprio confidente a bordo di autovettura non di servizio. Il guidatore veniva prontamente riconosciuto nel suddetto Belgio Angelo, già conosciuto ai militari operanti. Dato il comportamento sospetto dei due e l’improbabilità della veridicità di quanto dichiarato gli stessi venivano condotti dapprima presso gli Uffici della Stazione Carabinieri di Ortì e successivamente in questi Uffici per gli accertamenti del caso».
Nell’ordinanza ci sono molti omissis, a dimostrazione che le indagini della Procura continuano per fare luce anche sui presunti complici di Franco e Belgio. Alcuni passaggi dell’ordinanza, infatti, fanno capire che i due si sarebbero serviti non solo della moglie del poliziotto che forniva le sim intestate a soggetti inconsapevoli.
«Si ritiene segnalare  – scrivono sempre i magistrati  – che la circostanza per cui il Franco ed il Belgio abbiano agito in raccordo con altri soggetti trovi riscontro anche nei contatti anonimi con la parte offesa che sono stati registrati in tempi successivi al controllo di Polizia subito da entrambi gli indagati. Appare poco plausibile la circostanza per cui l’esperto poliziotto, già in servizio presso la Squadra Mobile di Reggio Calabria, dopo il fermo cui era stato sottoposto, abbia perseverato per altre due settimane nella medesima condotta delittuosa e con le medesime modalità, eseguendo anche la consegna di un ulteriore plico».
Interessanti, infine, anche le perquisizioni che i carabinieri hanno eseguito poche ore dopo aver identificato i due ricattatori. «Nel computer dell’agente di polizia – ha spiegato il procuratore aggiunto Sferlazza – sono stati trovati file che sarebbero serviti per commettere altri reati».
Antonino Franco, infatti, aveva a casa 18 ritagli di fogli riportanti il timbro della Procura della Repubblica di Reggio Calabria e un ritaglio di carta riportante il gruppo firma del «Sost. Procuratore della Repubblica Dr. F.MOLLACE».
È stato utilizzato un timbro intestato all’attuale sostituto procuratore generale Francesco Mollace anche lui, quindi, vittima del sodalizio criminale.

Truffa alla Fallara

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