Ultimo aggiornamento alle 15:19
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 6 minuti
Cambia colore:
 

Le mani della cosca Tegano sulla Multiservizi

REGGIO CALABRIA Scatole cinesi, ma soprattutto il controllo della cosca Tegano sulla Multiservizi spa, la società mista della quale il Comune di Reggio Calabria detiene il 51% delle quote. Su dispo…

Pubblicato il: 18/11/2011 – 13:54
Le mani della cosca Tegano sulla Multiservizi

REGGIO CALABRIA Scatole cinesi, ma soprattutto il controllo della cosca Tegano sulla Multiservizi spa, la società mista della quale il Comune di Reggio Calabria detiene il 51% delle quote. Su disposizione del gip Tommasina Cotronei, il Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza ha eseguito  11 ordini di custodia cautelare in carcere e un sequestro di beni di oltre 50 milioni di euro. Oltre 150 finanzieri del Gico sono stati impiegati dalle prime luci dell’alba nell’operazione “Astrea” coordinata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, dall’aggiunto Michele Prestipino e dai sostituti della Dda Giuseppe Lombardo e Beatrice Ronchi. Un duro colpo per la cosca degli “arcoti” Tegano e De Stefano. Tra gli arrestati, infatti, il boss Giovanni Tegano, il commercialista Giovanni Zumbo e il direttore della Multiservizi Giuseppe Rechichi, già in carcere da mesi perché coinvolto nell’operazione “Archi”. Manette ai polsi anche per i figli gemelli di quest’ultimo, Antonino e Giovanni Rechichi (di 26 anni), Rosario Giovanni Rechichi, Maurizio e Antonio Lavilla, il commercialista Roberto Emo, Porzia Maria Zumbo e l’avvocatessa Maria Francesca Toscano. Queste ultime, rispettivamente, sono la sorella e la moglie di Giovanni Zumbo, arrestato da oltre un anno per aver fornito informazioni ai boss Giovanni Ficara e Giuseppe Pelle, in merito alle inchieste “Crimine” e “Infinito” delle Dda di Reggio e di Milano. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati, nel corso di una conferenza stampa tenuta stamattina al Comando provinciale della guardia di finanza. «Con questa inchiesta – ha spiegato il procuratore Pignatone – si è avuta la prova della presenza della cosca Tegano a capo di una società che aveva una rappresentanza nella Multiservizi. Agli indagati è stata contestata l’intestazione fittizia dei beni aggravata dall’aver favorito la `ndrangheta. Un aspetto significativo dell’indagine riguarda la figura di Giovanni Zumbo e dei suoi familiari (la moglie, la sorella e il cognato) disposti a intestarsi le quote delle società coinvolte nell’inchiesta, contando sul fatto di essere persone incensurate e, quindi, insospettabili. Inoltre abbiamo scoperto che tra Zumbo e Giovanni De Stefano, figlio del boss Giorgio, ci sono stati una serie di contatti relativi ad appuntamenti tra i due. Anche se non ci sono elementi rilevanti in quelle telefonate, i contatti tra i due dimostrano la fluidità dei rapporti del commercialista in certi ambienti. Inoltre i quattro componenti della famiglia Zumbo sono stati soci di minoranza della società che gestisce il “Parco Caserta”».«L’operazione di oggi – ha concluso Pignatone – ha dimostrato inoltre che a Reggio ci sono professioni che sono a disposizione non solo di una cosca. Così come abbiamo visto nei giorni scorsi con l’arresto dell’imprenditore Pasquale Rappoccio».
Ritornando all’inchiesta “Astrea”, le risultanze investigative della guardia di finanza hanno accertato che la cosca Tegano, attraverso una serie di passaggi societari, predisposti da noti professionisti, e avvalendosi di prestanomi, è riuscita a controllare una parte del capitale privato della municipalizzata Multiservizi Spa. La Rec.Im. Srl, oggetto dell’indagine, controlla infatti il 33% del capitale sociale della Gestione servizi territoriali srl che a sua volta controlla il 49% della società mista. L’indagine mira all’aggressione del patrimonio – societario, mobiliare e immobiliare – riconducibile alle cosche Tegano-De Stefano. In particolare, stando agli accertamenti è stato dimostrato come, al di là delle varie intestazioni formali, l’attività imprenditoriale con sede in via Vecchia Provinciale Archi (sotto la denominazione Com.Edil S.r.l., prima, Sica S.r.l., poi, e Rec.Im S.r.l., da ultimo) abbia mantenuto, nel tempo, la stessa identità economica e gestionale in capo ai Tegano che si sono avvalsi, nel tempo, di fidati prestanome intranei (Giuseppe Rechichi) o quantomeno contigui (Rosario Rechichi, Maurizio e Antonio Lavilla e i gemelli Antonio e Giovanni Rechichi) alla consorteria mafiosa. Prestanome che, secondo gli inquirenti, a volte sarebbero stati pienamente consapevoli dell’apporto fornito ai Tegano in un rapporto fiduciario dai reciproci vantaggi. È il caso, stando all’impianto accusatorio della Dda reggina, di Giovanni Zumbo, della moglie Maria Francesca Toscano, della sorella Porzia Maria Zumbo e del cognato Roberto Emo. In particolare, Giuseppe Rechichi sin dagli anni Ottanta, con la consapevole collaborazione del fratello Rosario Giovanni, sarebbe stato soggetto stabilmente a disposizione degli “arcoti” per la gestione e la cura di affari illeciti, anche di natura imprenditoriale, legati all’attività economica svolta dalla Com.Edil Srl, operante nel settore del commercio di materiale da costruzione, di fatto riconducibile al boss Giovanni Tegano. Il sistema, come confermano i collaboratori di giustizia Giovanbattista Fracapane e Antonino Lo Giudice, era quello delle intestazioni fittizie che hanno interessato questa società al fine di eludere sequestri patrimoniali che potessero ricondurre il tutto alla cosca Tegano. Ecco spuntare, quindi, la Sica S.r.l. e la Rec.Im. S.r.l.
Ricostruendo le composizioni societarie delle due imprese, la guardia di finanza è riuscita a scoprire che gli «insospettabili» non erano altro che «prestanome» ai quali veniva attribuita la titolarità, solo formale, di importanti attività economiche socie del Comune di Reggio Calabria in una delle società miste, che si stanno rivelando sempre di più una “zona franca” dove i politici, i colletti bianchi e la `ndrangheta sono “titolati” a intrattenere rapporti.
L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia non tocca la politica, ma quest’ultima ha giocato un ruolo fondamentale nelle manovre societarie della Multiservizi, i cui soci privati sono l’ingegnere Pietro Cozzupoli, l’ingegnere Michelangelo Tibaldi e, appunto, Rechichi.
Come ha spiegato nel nostro settimanale il collega Roberto De Santo, nel 2002 la gara d’appalto era stata vinta da un’Ati che vedeva Ingest Facility Spa (in sostanza la Fiat, ndr) come mandataria capogruppo, l’unica a possedere i requisiti tecnici ed economici previsti dalla gara. Nel 2006 la Ingest uscì dalla Multiservizi e la sua quota venne rilavata da Cozzupoli e Tibaldi che poi ne cedettero una parte alle società di Rechichi.
Il Comune si girò dall’altra parte. Alle manovre societarie della municipalizzata, l’amministrazione Scopelliti ha assistito da spettatore senza alcun intervento di controllo nella cessione delle quote, pur potendo esprimere una clausola di gradimento sull’ingresso di nuovi soci per contrastare proprio l’infiltrazione mafiosa.

Ordinanza operazione Astrea

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x