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Pizzo, sangue e politica. I clan spadroneggiano e Cosenza tace

COSENZA Il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Vincenzo Lombardo, prova anche a dare una chiave di lettura sociologica: «Forse Cosenza pensava che la `ndrangheta non esistesse, poi l`ha scoper…

Pubblicato il: 06/12/2011 – 13:19
Pizzo, sangue e politica. I clan spadroneggiano e Cosenza tace

COSENZA Il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Vincenzo Lombardo, prova anche a dare una chiave di lettura sociologica: «Forse Cosenza pensava che la `ndrangheta non esistesse, poi l`ha scoperta e ora fa fatica a denunciare. Il livello di omertà, qui, è superiore che in qualsiasi altro posto della Calabria». Ma, davanti ai numeri, non c`è sociologia che tenga. In media, nella città dei Bruzi, ci sono due attentati di matrice estorsiva al giorno. E negli ultimi cinque anni le denunce sono state zero. Zero. Perché la cosiddetta società civile non esiste né si organizza. Perché lo Stato non riesce a catturare latitanti che sembrano inafferabili. Perché le cosche si infiltrano dappertutto e trovano, spesso, spalancate le porte della politica.
L`operazione “Terminator” continua un filone inaugurato nel 2007 per assestare un colpo alla malavita bruzia. Pizzo, usura e sangue sono i tre core business del crimine cosentino, ieri colpito da 16 arresti (nove appartenenti alla cosca Lanzino-Ruà). Sarebbero stati 18, se Ettore Lanzino e Francesco Presta, latitanti da troppo tempo, fossero finiti in carcere insieme ai loro presunti sodali. E invece mancano ancora all`appello.
Secondo il procuratore aggiunto della Dda, Giuseppe Borrelli, «la città di Cosenza è sottoposta ad una pressione estorsiva capillare, ma nessuno degli imprenditori colpiti ammette di essere sottoposto ad attività estorsiva».

TUTTO PER IL BUSINESS:
LA PAX MAFIOSA
Poca fiducia nello Stato che si accompagna all`accortezza delle consorterie criminali. La cosca Lanzino-Ruà, secondo quanto documentato nelle indagini, è riuscita a stabilire una pax con gli altri gruppi “concorrenti”. Il clan, guidato da Francesco Patitucci, ha mantenuto rapporti equilibrati con le `ndrine Cicero e Bruni (alias Bella Bella). Con quest`ultimo gruppo, nel 2006, veniva siglato un patto di non belligeranza, associato a un accordo comune per la ripartizione dei proventi illeciti. Da cinque anni, dunque, i tre clan operano autonomamente ma in costante accordo, per evitare conflitti sanguinosi che potrebbero ledere i loro affari. Niente spargimenti di sangue, insomma, in nome del business.

I RESPONSABILI DI TRE OMICIDI
Non è sempre andata così. In altri anni, neppure troppo lontati, a Cosenza si uccideva proprio per difendere quegli affari attorno ai quali oggi si è cementata la pax mafiosa. L`operazione di oggi ha consentito di fare ulteriore chiarezza sui presunti esecutori dell`omicidio di Vittorio Marchio (avvenuto nel novembre 1999, per il quale sono già a giudizio come mandanti Ettore Lanzino e Domenico Cicero), e anche sui mandanti ed esecutori degli omicidi di Enzo Pelazza (gennaio del 2000) e Antonio Sassone (giugno del 2000).

LA MAFIA E IL TESSUTO PRODUTTIVO
Nelle indagini sono entrati anche tre episodi di estorsione e due di usura, ai danni di operatori commerciali di Cosenza. Quella del capoluogo bruzio è una `ndrangheta feroce e ben radicata sul territorio, che ne divora il tessuto produttivo nonostante le operazioni che hanno portato ad arresti e sequestri. Lo scrivono gli inquirenti, che le cosche «si sono organizzate per eludere le investigazioni e fronteggiare gli attacchi, dando vita a nuovi e sempre più forti assetti societari», per «esercitare un potere mafioso che, ormai, da moltissimi anni soffoca il territorio, insanguina le strade, distrugge mediante riprovevoli operazioni estorsive e usurarie, floride realtà commerciali e imprenditoriali». E dalle intercettazioni emerge un dato ancora più allarmante, perché «si desume con chiarezza come il numero di soggetti, senza volto e senza nome, costretti a subire i soprusi, le prevaricazioni, le arbitrarie pretese degli indagati sia molto più numeroso di quello emergente dai reati fine ricostruiti nel presente procedimento».

UNA CITTÀ SENZA ANTIRACKET
All`incontro con i giornalisti hanno partecipato anche il procuratore della Repubblica di Cosenza, Dario Granieri, ed il procuratore aggiunto, Domenico Airoma. Quest`ultimo ha parlato di «operazione di polizia importante nella quale, però, c`è un grande assente, e cioè la comunità civile perché non abbiamo avuto alcuna collaborazione dalle persone offese. Il mio sogno è che un giorno, mi auguro il più presto possibile, in questa sala della Procura della Repubblica di Cosenza in cui si sta svolgendo questa conferenza stampa e che abbiamo dedicato al giudice Rosario Livatino possa avere luogo l`incontro con la prima associazione antiracket costituita a Cosenza».

I NOMI DEI 18 ARRESTATI
DUE SONO LATITANTI
Due delle persone coinvolte nell`operazione condotta dalla Dia dai carabinieri e dalla polizia non sono state arrestate perché erano già latitanti: si tratta di Ettore Lanzino, di 56 anni, indicato come il capo dell`omonima cosca, e Francesco Presta, di 51, anch`egli affiliato alla cosca Ruà-Lanzino. Le altre 16 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Catanzaro su richiesta della Dda sono state tutte eseguite. I provvedimenti riguardano Francesco Patitucci, di 50 anni; Simone Andretti (41); Salvatore Ariello (37); Biagio Barberio (37), Domenico Cicero (54), Giovanni Di Puppo (38), Michele Di Puppo (47), Luigi Gagliardi (38), Mario Gatto (42), Luigi Gaudio (55), Pilerio Giordano (46), Walter Gianluca Marsico (44), Giuseppe Perri (55), Mario Piromallo (44), Roberto Porcaro (27) e Costantino Scorsa (57).

LA CONDANNA DI LARATTA
La prima reazione del mondo della politica arriva da Franco Laratta, deputato cosentino dei democrat: «Per essere credibili dobbiamo essere durissimi con gli iscritti e gli amministratori pubblici coinvolti a vario titolo. Senza guardare in faccia nessuno. In regioni ad alto rischio come la Calabria, i partiti devono intervenire energicamente, senza dubbi e incertezze. In Calabria è sempre più drammatica la questione morale e la questione “criminale” che riguarda molte amministrazioni». Per Laratta «la politica deve reagire e respingere l`attacco della ‘ndrangheta e della malavita».

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