Infinito, si è tolto la vita il notaio svizzero delle società off-shore

Il sospetto è che sia stato l’uomo che aveva creato società off-shore negli Stati Uniti. Società off-shore nelle quali sarebbero confluiti i capitali della ‘ndrangheta. Nato a Zagabria, l’avvocato e notaio Daniele Borelli, di 51 anni, si è tolto la vita nella sua abitazione a Lugano, in Svizzera.
Il suo nome era comparso nelle carte delle Direzioni distrettuali antimafia di Milano e Reggio che, la settimana scorsa, hanno portato all’arresto di alcuni esponenti della cosca Gallico, del consigliere regionale della Calabria Franco Morelli, del presidente della Corte d’Assise Vincenzo Giglio e dell’avvocato Vincenzo Minasi.
Proprio con quest’ultimo finito in carcere con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, Borrelli era stato intercettato più volte tanto da essere stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Reggio Calabria. Stando all’impianto accusatorio, Borelli avrebbe partecipato moralmente e materialmente, assieme a Minasi e a Carmelo Gallico «alla costituzione della Zenas Llc, stipulando personalmente, quale rappresentante legale della stessa società il contratto» con il quale il 27 febbraio 2008 diversi terreni (per un totale di 69.617 metri quadrati) appartenenti alla cosca Gallico di Palmi «venivano formalmente ceduti alla citata società».
Il suicidio potrebbe essere collegato all’inchiesta e al decreto di fermo della Procura reggina che ha colpito l’avvocato Minasi contestualmente all’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip di Milano Giuseppe Gennari.
In Svizzera, infatti, l’avvocato Minasi si appoggiava allo studio di Borrelli con cui era costantemente in contatto per la gestione delle società off-shore. Nello stesso studio aveva sede la Zenas, costituita nel 2007 nel paradiso fiscale di Wilmington (Delaware – Stati Uniti d’America).
Gli inquirenti stanno riascoltando le intercettazioni che riguardano il professionista svizzero per trovare una chiave di lettura che lo possa avere spinto a suicidarsi.
Il 16 dicembre 2009 la squadra Mobile aveva captato una conversazione nella quale Minasi e Borelli «discutevano di una somma di denaro da incassare in Calabria per operazioni finanziarie e/o transazioni immobiliari già concluse». Borrelli adottava un linguaggio criptico, «e chiedeva a Minasi quando sarebbero stati effettuati i pagamenti di “quelle fatture che abbiamo in ballo”, precisando di essere a corto di liquidità».
L’avvocato di Palmi, in quell’occasione lo ha tranquillizzato dicendogli che «sarebbe tornato in Calabria il 27 dicembre e aggiungeva che sperava di “risalire con qualcosa di concreto”».
In un’altra intercettazione del 21 gennaio 2010, è sempre Minasi che, parlando con Rocco e Teresa Gallico, definisce il notaio Borrelli «l’unico anello debole che noi abbiamo».
L’anello debole che «conosce me… che gli ho presentato… e che conosce quello che ha fatto l’atto, perché è venuto lui a fare l’atto… chiaramente! Lo buttiamo fuori…perché “D”… va bene… che diventa una persona qualunque… se la compra… gliela toglie a questo e poi saranno affari suoi. Lui può dire: “Si, io sono stato amministratore fino a… e poi è venuto tizio, è venuto caio e gliel’ho venduta”».
I Gallico, l’avvocato Minasi e il notaio svizzero Borelli. Un triangolo che non ha più anelli deboli.