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È morta Angela Casella, la madre coraggio che sfidò le `ndrine

“Mamma coraggio” non è riuscita a vincere la sua ultima battaglia. Angela Casella, 65 anni, la donna che ha sfidato le `ndrine e l`omertà, è morta la scorsa notte a Pavia dopo una lunga malattia. E…

Pubblicato il: 10/12/2011 – 13:20
È morta Angela Casella, la madre coraggio che sfidò le `ndrine

“Mamma coraggio” non è riuscita a vincere la sua ultima battaglia. Angela Casella, 65 anni, la donna che ha sfidato le `ndrine e l`omertà, è morta la scorsa notte a Pavia dopo una lunga malattia. Ecco il suo ultimo messaggio ai calabresi in un`intervista rilasciata lo scorso settembre al Corriere della Calabria, 23 anni dopo il rapimento del figlio Cesare e il suo arrivo nella Locride (clicca qui per rivedere il servizio del Tg1 sulla liberazione del giovane).

La voce è flebile ma il tempo non ha scalfito la forza e la determinazione che hanno sempre contraddistinto “mamma coraggio”. Angela Casella gioisce quando apprende che dall’altra parte del telefono c’è una calabrese. Risponde con garbo e gentilezza, e con disponibilità racconta che cosa significa per lei la Calabria. Non parla mai direttamente di quel terribile 18 gennaio 1988 quando suo figlio Cesare, allora diciottenne, venne rapito a Pavia e portato in Aspromonte.
Quello di Casella è stato uno dei sequestri di persona più lunghi e tormentati. Ma è entrato nella storia soprattutto per la forza di quella donna, solo all’apparenza gracile, che è riuscita a sfidare l’omertà, il silenzio e la ’ndrangheta senza nessuna arma segreta, mostrandosi soltanto per quello che è: una madre autentica.
Da Pavia è scesa nel cuore della Locride per convincere i rapitori a liberare suo figlio. Come madre ha parlato alle donne di San Luca e Platì. E come madre parla ancora dopo 23 anni. È disarmante la sua fermezza, la sua fiducia nello Stato e nei calabresi.
Senza giri di parole, subito afferma: «Non odio questa terra». Ma soprattutto lancia un grido silenzioso: «Non aver paura» di ribellarsi. Non pronuncia mai la parola ’ndranghetisti o sequestratori, ma «delinquenti» che non possono e non devono vincere la battaglia contro lo Stato. Oggi “mamma coraggio” è diventata “nonna coraggio” e dedica le sue giornate a tre bellissimi nipotini.
Signora Casella è ritornata in Calabria?
«Da allora mai. Ad eccezione di una volta, nel 1992, durante la campagna elettorale a Lamezia, nell’ultima fase della Dc (Angela Casella si è candidata nel partito della Democrazia cristiana nel collegio di Lamezia Terme, come simbolo della rinascita civile, ndr). Non sono più tornata perché non c’è stato un motivo specifico, non si è creata l’occasione. Ma è una regione bellissima con il suo mare e le sue montagne. Non odio questa terra. Assolutamente no».
È rimasta in contatto con le persone che ha conosciuto in quel periodo? Le sente ancora?
«No, ci siamo lasciati un po’ così. Non mi è capitato di sentire qualche calabrese. Adesso sto parlando con lei. Ho cugini e parenti a Paola (mia madre è originaria di lì), ma non ci sentiamo spesso per mancanza di tempo».
Come le sembra, oggi, la Calabria?
«Più risollevata. Se ne sente parlare, non solo e non sempre per vicende negative. Questa la differenza con il passato. Se poi non succede nulla, è un’altra cosa. Ne sento parlare, almeno. Prima non era così».
Ma la nostra regione rimane avvinghiata nella morsa della criminalità organizzata. La ’ndrangheta è l’organizzazione più potente, una holding che fa affari a livello internazionale.
«Non me ne intendo più. Mi sembra un po’ diverso rispetto agli anni precedenti, cioè qualche passo è stato compiuto. Hanno arrestato numerosi criminali: qualcosa, quindi, si è mosso. Ma non  bisogna lasciare la briglia. Mai mollare la presa».
Le ’ndrine sono fortemente radicate nel nord Italia. Fanno affari con la politica e sono interessate all’economia.
«Sì, è vero. Anche se conosco tutto quello che accade soltanto tramite i giornali e i telegiornali. E penso che lo Stato debba fare qualcosa di più, qualche passo in avanti».
La Calabria ha bisogno di un riscatto della società civile?
«Sarebbe importante cambiare un po’ la mentalità. Anche in questo caso, qualche piccolo cambiamento c’è stato, ma serve ancora  di più. Lo Stato deve dare una mano, non deve lasciarci soli».
Che ricordo ha delle donne di San Luca, Locri, Platì?
«Bello, solidale, stupendo».
Poco tempo fa, una giovane donna di Rosarno, Maria Concetta Cacciola, si è tolta la vita. Aveva deciso di collaborare con la giustizia e raccontare tutto quello che sapeva essendo cresciuta in una famiglia di ’ndrangheta. Aveva, però, lasciato il programma di protezione per tornare in Calabria e riabbracciare i suoi figli, che erano rimasti con i nonni. Un gesto da “madre coraggio”.
«Conosco questa triste vicenda: l’ho appresa dalla televisione. Anche se sono due giorni che non ho visto i tg, quindi non so se ci sono stati aggiornamenti, ma so che si è uccisa ingerendo acido muriatico. Quando ci si trova da soli, cosa si può fare? Lo Stato deve aiutare persone come lei. Ai tempi dei sequestri il sindaco non partecipava a nessuna manifestazione. Oggi, invece, indossa il tricolore e scende in piazza. Chi si ribella alla mafia deve essere supportato dallo Stato e dai cittadini che devono essere solidali. Non bisogna aver paura. Lo Stato, se vuole, può sconfiggere la mafia. Non può perdere questa battaglia. Non è possibile che siano i delinquenti a vincere. Maria Concetta Cacciola ha avuto più coraggio di me. È un peccato che questa ragazza non ci sia più. Presto si dimenticheranno di lei, tra una settimana non ne parlerà più nessuno. Resteranno soltanto dei bambini senza una madre. La forza di opporsi si trova se lo Stato ti aiuta e se la gente ti è vicina».
Nella sua vicenda lo Stato l’ha aiutata e la gente di Calabria le è stata accanto?
«Nel mio caso lo Stato ha fatto qualcosa e la società civile anche. Ci sono stati tanti bravi cittadini che mi hanno espresso vicinanza e solidarietà».
Che ricordi ha dei calabresi in generale?
«A parte il sequestro, in cui è venuta fuori la parte peggiore, ho visto anche la parte migliore. Penso bene dei calabresi. Non ho rancore».
Quali parole e gesti sono rimasti custoditi nell’album dei ricordi più intimi di quel periodo terribile?
«Una signora che era di Locri mi disse di non essere mai stata nella sua vita a Platì e a San Luca: decise di venire per me e con me. Poi, sa, il tempo sbiadisce un po’ i ricordi».
Oggi suo figlio ha un lavoro e una famiglia. Quando lo guarda, che cosa pensa?
«Ho smesso di pensare. Ho finito di rimuginare. Ormai lo guardo come figlio e basta. E penso ai nipoti. Cesare lavora nell’azienda del padre e ha una splendida bimba».
Di recente è morta Alessandra Sgarella e, per ironia del destino, nel giorno dell’arresto del suo ultimo rapitore, Francesco Perre.
«Mi è dispiaciuto tantissimo. Alessandra era ancora giovane. Almeno ha fatto in tempo a vedere che lo Stato non si ferma: deve metterli tutti in prigione».

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