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Caso Bergamini, c`è un testimone mai ascoltato dai magistrati

COSENZA Una lettera anonima, il mistero di una testimonianza mai verbalizzata davanti a un magistrato e un mistero fitto. Denis Bergamini è sempre più il “calciatore suicidato” del titolo del volum…

Pubblicato il: 15/12/2011 – 10:30
Caso Bergamini, c`è un testimone mai ascoltato dai magistrati

COSENZA Una lettera anonima, il mistero di una testimonianza mai verbalizzata davanti a un magistrato e un mistero fitto. Denis Bergamini è sempre più il “calciatore suicidato” del titolo del volume dedicato alla sua tragica fine da Carlo Petrini. All’inchiesta aperta dalla Procura di Castrovillari si offrono sempre nuovi elementi. A vent’anni di distanza, il quadro che emerge è nebuloso. Puzza di depistaggi e inerzie investigative. E di inquietanti collegamenti con la malavita cosentina. Ma partiamo dalle evidenze.

AVEVA SOLO UN LIVIDO
Le immagini offerte nell’ultima puntata di “Chi l’ha visto?” mostrano una cosa chiarissima: Denis non è stato trascinato dal camion che lo avrebbe investito per 64 metri. Lo provano i suoi vestiti, le sue scarpe neppure macchiate, una camicia e un gilet che sembrano appena stirati. Lo dice bene il padre del calciatore, Domizio: lui ha guidato un “quattro assi” (mezzo dello stesso tipo di quello dell’investimento a Roseto Capo Spulico) e sa che un incidente come quello raccontato nella versione ufficiale avrebbe straziato il corpo di suo figlio. Che, invece, era praticamente integro. Lo conferma Giuseppe Maltese, il massaggiatore della squadra all’epoca dei fatti. Dice che Denis aveva soltanto un livido sulla tempia. Riesce a darsi una sola spiegazione: è stato colpito e tramortito, poi il camion gli è passato sopra, ma solo per causarne la morte per dissanguamento.

TESTIMONIANZA DIMENTICATA
Il fulcro del mistero è tutto in pochi chilometri. Poco distante dal luogo dell’incidente c’è il ristorante di Mario Infantino. Davanti alle telecamere di Rai Tre, l’uomo ha ripercorso i momenti salienti di quel giorno. Dicendo che la fidanzata di Denis, Isabella Internò, entrò nel suo locale insieme a un uomo. E che questi la presentò come sua moglie, dicendo che era incinta. Chiese di farle fare una chiamata. Solo pochi minuti dopo (circa dieci, secondo Infantino) i carabinieri arrivarono sul posto per portarla via. Infantino fa di più: spiega che i due non giunsero sul posto a bordo della Maserati del calciatore, ma sull’automobile dell’uomo (mai identificato). Strano: perché nella testimonianza raccolta dai carabinieri, il ristoratore dice di aver visto la Maserati. Com’è possibile? Infantino non si scompone e continua: «Il carabiniere scriveva e io ho firmato». Da quel giorno, l’uomo non è più stato sentito da nessuno. Nessun magistrato ha mai interrogato quello che potrebbe essere un testimone chiave. A meno che, a vent’anni di distanza, non lo abbia fatto in questi mesi la Procura di Castrovillari. I magistrati, proprio nei giorni scorsi, hanno sentito Isabella Internò, acquisendo «sommarie informazioni» testimoniali. Un colloquio nel corso del quale la donna avrebbe sostanzialmente confermato quanto già dichiarato nei due gradi di giudizio del processo a carico di Raffaele Pisano, l`autotrasportatore di Rosarno alla guida del camion di Roseto Capo Spulico.

LA LETTERA ANONIMA
Lo dice l’avvocato della famiglia Bergamini, Roberto Gallerani. Il legale lancia anche un appello. All’ordine degli avvocati di Ferrara è arrivata una lettera anonima: contiene informazioni importanti, che potrebbero imprimere l’ennesima svolta al caso. Le scrive una persona che dice di non poter apparire. Gallerani lo invita a ripensarci e a contattarlo.

L’AUTO CON I DOPPI FONDI
C’è infine, un mistero al vaglio del Ris di Messina. La Maserati di Denis non era un’auto come un’altra. Era piena di doppi vani nascosti: nascondigli. Per cosa? Maltese, il massaggiatore, avanza un’ipotesi: «Ho paura che Denis facesse, a sua insaputa, il corriere della droga». È un’ipotesi resa ancora più inquietante dai passaggi di proprietà del mezzo. Prima del centrocampista del Cosenza, la Maserati era nelle disponibilità di una persona che le forze dell’ordine ritenevano legata a una delle cosche di Cosenza. Gli esami scientifici potranno dare una mano a chiarire questo punto. Ma i legami con il mondo del traffico di stupefacenti incupiscono lo scenario. Nel Cosenza giocava anche Michele Padovano (che di Bergamini era uno dei migliori amici), condannato pochi giorni fa a 8 anni e 8 mesi di carcere per traffico internazionale di stupefacenti. E anche uno dei testimoni che hanno contribuito a formare la verità ufficiale del suicidio è stato implicato, anni dopo i fatti, in una brutta storia di traffico di stupefacenti.

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