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Le mani della `ndrangheta sulla ricostruzione de L`Aquila

Le mani della `ndrangheta sui lavori per la ricostruzione privata dell`Aquila dopo il terremoto del 2009. È questo lo scenario che emerge dall`inchiesta condotta dalla Procura distrettuale antimafi…

Pubblicato il: 19/12/2011 – 7:59
Le mani della `ndrangheta sulla ricostruzione de L`Aquila

Le mani della `ndrangheta sui lavori per la ricostruzione privata dell`Aquila dopo il terremoto del 2009. È questo lo scenario che emerge dall`inchiesta condotta dalla Procura distrettuale antimafia del capoluogo abruzzese che ha dato il via a un`operazione di polizia giudiziaria scattata questa mattina. Il blitz contro le infiltrazioni dei clan calabresi in Abruzzo ha portato all`esecuzione di quattro ordini di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettante persone legati al mondo dell`imprenditoria aquilana, che secondo l`accusa avrebbero contribuito al rafforzamento della cosca mafiosa “Caridi-Zindato-Borghetto” inserita nel più ampio “locale” dei Libri, radicata nel territorio di Reggio Calabria.? L`operazione “Lypas”, che prende il nome da una delle ditte edili riconducibili all`organizzazione criminale, ha visto impegnate guardia di finanza e polizia.
Gli arrestati, accusati di associazione esterna di stampo mafioso, sono l`imprenditore aquilano Stefano Biasini, 34 anni; Antonino Vincenzo Valenti (45), nato e residente a Reggio Calabria; il fratello Massimo Maria Valenti (38), nato a Reggio Calabria e residente all`Aquila; Francesco Ielo (58), nato a Reggio Calabria e residente ad Albenga (Savona). Le indagini coordinate dal procuratore della Repubblica Alfredo Rossigni e dal sostituto procuratore Fabio Picuti sono durate due anni e hanno evidenziato il forte interessamento degli esponenti della cosca reggina ai lavori di ricostruzione degli immobili da parte dei privati, nel cui ambito non è prevista alcuna procedura a evidenza pubblica né alcuna certificazione antimafia per l`impresa individuata per l`esecuzione dei lavori. Già nei mesi scorsi, dall`inchiesta della Dda di Reggio Calabria che sfociò nell`operazione “Alta tensione” contro il cartello Caridi-Zindato-Borghetto, erano emersi gli interessi di questo gruppo criminale verso le milionarie opere post terremoto. Quel fascicolo d`indagine, in particolare, evidenziò i collegamenti tra il boss Santo Giovanni Caridi e società aquilane impegnate nella ricostruzione. Dall`operazione coordinata dalla Procura aquilana emerge, invece, che il commercialista del boss aveva acquistato il 50% della società di costruzioni “Tesi srl“, di proprietà di Biasini. Secondo quanto si è appreso, Caridi si sarebbe inserito nella ricostruzione proprio attraverso Biasini, con la mediazione degli altre tre arrestati. L`operazione “Lypas“ si è potuta giovare di numerose intercettazioni telefoniche e ambientali. La polizia ha documentato fotograficamente le fasi preliminari di un incontro avvenuto nel maggio 2010 in un albergo dell`Aquila tra gli arrestati e componenti della cosca reggina. Quadro confermato dalle investigazioni economico-finanziarie della guardia di finanza. Nell`ambito dell`operazione sono stati messi i sigilli a cinque immobili, otto automezzi, quattro società e 25 rapporti bancari per un valore complessivo di oltre un milione di euro.
LA CONFERENZA STAMPA I risultati dell`operazione sono stati presentati in una conferenza stampa tenuta dal procuratore della Repubblica e distrettuale antimafia dell`Aquila, Alfredo Rossini, dal sostituto Fabio Picuti, dal questore Francesco Cecere, dal comandante provinciale della Guardia di Finanza, Giovanni Domenico Castrignanò, dal capo della squadra mobile della Questura dell`Aquila, Fabio Ciccimarra, e dal capo della polizia tributaria, Gianluca De Benedictis. Tutti hanno sottolineato il significativo dato legato alla sinergia tra i due corpi che hanno operato e l`autorità giudiziaria. Gli accusati si sono resi responsabili di aver a vario titolo rapporti tesi a favorire l`ingresso nella ricostruzione privata dell`Aquila della cosca affiliata alla `ndrangheta, Caridi-Borghetto-Zindato, in particolare fornendo supporto logistico all`Aquila a una serie di aziende legate a Santo Giovanni Caridi, Giovanni Zindato, Carmelo Gattuso e Pasquale Giuseppe Latella. Gli arrestati sono reclusi nelle carceri di Teramo, Avezzano, Roma e Reggio Calabria. Gli appalti ai quali le società in odore di `ndrangheta avevano partecipato sono due, con un fatturato complessivo di circa 200mila euro perché relativi a case con danni lievi. Erano in trattative, secondo quanto si è appreso, per un`altra quindicina di commesse sempre nella ricostruzione privata nell`ambito della quale non serve la gara pubblica, ma c`è l`affidamento diretto.
IL PROCURATORE «Siamo pieni di infiltrazioni e per contrastarle ci stiamo ammazzando, tutti  combattiamo per eliminare le conseguenze». È l`allarme lanciato dal procuratore della Repubblica e della Direzione distrettuale antimafia dell`Aquila, Alfredo Rossini, nel corso della conferenza stampa. «Sono felice del risultato centrato con questa operazione», ha proseguito Rossini, ricordando che fin dai giorni successivi al terremoto la Procura ha alzato il livello di attenzione nella convinzione che nel cantiere più grande d`Europa ci sarebbe stato il forte interesse della criminalità organizzata. Il sostituito Fabio Picuti, in prima linea in questa indagini coordinata dal procuratore, si è complimentato con polizia e guardia di finanza per la sinergica attività di investigativa contro le infiltrazioni della malavita organizzata. «Dopo il terremoto – ha ricordato Picuti – sia il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, sia il procuratore Rossini avevano lanciato l`allarme sul fatto che l`Aquila potesse diventare territorio di conquista per la criminalità organizzata che punta sulla ricostruzione. Oggi le indagini non dicono che l`Aquila sia diventata Corleone o zona di mafia e `ndrangheta, ma che sull`Aquila c`è l`attenzione delle organizzazioni mafiose le quali tentano di inserirsi nella ricostruzione post terremoto. Ma squadra mobile e Gico sono stati molto attenti». Il pm ha poi spiegato che il reato contestato si è manifestato con la disponibilità di imprenditori locali nel mettere a disposizione basi logistiche locali per permettere che la organizzazione si infiltrasse nel tessuto economico». Il prefetto, Giovanni Iurato, ha sottolineato l`unità di intenti delle istituzioni sul territorio aquilano, ricordando l`azione di prevenzione della prefettura che fin dai giorni successivi al terremoto ha monitorato le aziende che lavorano nel cratere del terremoto arrivando a quattromila controlli, «un lavoro messo a disposizione della direzione distrettuale antimafia».
IL QUESTORE «Sono questore da 10-11 anni e non mi è mai capitato che i vertici della Procura e quelli investigativi fossero seduti insieme ad un tavolo con polizia e guardia di finanza. Questo dovrebbe essere l`esempio per l`Aquila. Se si lavora insieme e si fa squadra, i risultati arrivano». Lo ha detto il questore dell`Aquila, Stefano Cecere, nel corso della conferenza stampa. Cecere ha sottolineato l`efficacia del sistema di prevenzione, assicurato dalla prefettura, e di controllo e repressione da parte della Procura distrettuale antimafia che coordina le attività con le forze di polizia a fare attività investigativa. Anche il comandante provinciale della guardia di finanza, Giovanni Domenico Castrignanò, ha sottolineato la sinergia tra i due corpi che ha caratterizzato questa indagine. «C`è un`attenzione spasmodica sull`attività nel cratere – ha spiegato Castrignanò –. Dopo le indagini tra virgolette criminali siamo stati coinvolti come polizia tributaria con le indagini su documenti finanziari e analisi bancarie in una vicenda che ha dimostrato come la sinergia e la collaborazione possano essere efficaci nel contrastare il crimine organizzato». Lo stesso concetto è stato sottolineato dal capo della squadra mobile, Fabio Ciccimarra, e dal capo della polizia tributaria, Gianluca De Benedictis, il quale ha spiegato che sono state fatti accertamenti su 30 persone fisiche e su 10 persone giuridiche.

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