Tutti assolti in Corte d’Appello. Cadono le accuse nel processo “Onorata Sanità” che in primo grado aveva portato alla condanna degli imputati che avevano scelto il rito abbreviato.
I giudici di piazza Castello hanno rigettato la richiesta del sostituto procuratore Santo Melidona e hanno assolto Giuseppe Pansera, Leonardo Gangemi, Giuseppe Errante, Sandro Marcianò e il figlio Giuseppe Marcianò. Questi ultimi erano stati condannati per l’omicidio del vicepresidente del consiglio regionale Franco Fortugno.
Assolti, inoltre, l’ex assessore regionale alla Sanità Gianfranco Luzzo, il dirigente vicario del dipartimento Tutela della Salute e alle Politiche Sociali della Regione Peppino Biamonte, l’ex direttore generale dell’Asl 11 Pietro Morabito, l’ex direttore sanitario Santo Emilio Caridi, l’ex direttore amministrativo Domenico Latella, l’ex direttore del Dipartimento territoriale dell’Asl 11 Domenico Antonio Pangallo, il componente della Commissione di Verifica Roberto Mittiga, il geriatra dell’Asl 11 Salvatore Asaro, l’ex direttore sanitario dell’ospedale di Melito Francesco Cassano e il componente della Commissione per i requisiti minimi dell’ASL 11 Alessio Suraci.
Secondo la Procura, Mimmo Crea (condannato in primo grado) aveva favorito le cosche Morabito-Zavettieri di Africo e Roghudi, la cosca Cordì di Locri e la cosca Talia di Bova Marina. Il tutto in cambio dell’appoggio nelle elezioni regionali del 2005.
Il politico di Melito Porto Salvo, in sostanza, avrebbe fatto pressioni nei palazzi della Regione e dell’Asl 11 affinché la pratica della sua clinica non incontrasse ostacoli e fosse licenziata nel più breve tempo possibile.
«In data 11.11.2004, con atto deliberativo n. 428, – era scritto nella richiesta di rinvio a giudizio – Sansotta Guido (assolto, ndr) Direttore Generale dell’Asl 11, sulla base del parere favorevole espresso da Pangallo Domenico, Direttore del Dipartimento Territoriale, da Pietro Morabito, Direttore Amministrativo, e da Caridi Santo Emilio, Direttore Sanitario, esprimeva a sua volta parere favorevole all’esercizio per la residenza sanitaria assistenziale “Villa Anya” per complessivi 60 posti letto distinti in n. 40 per anziani e n. 20 in trattamento di tipo medicalizzato con annesso ambulatorio di riabilitazione, il tutto in presenza delle irregolarità formali e sostanziali caratterizzanti l’operato della Commissione per i Requisiti Minimi, ed altresì all’esito di una pluralità di contatti telefonici e personali con il Crea Domenico».
Attestando il falso, inoltre, l’ex assessore Luzzo avrebbe autorizzato la struttura “Villa Anya” ad operare quale residenza sanitaria assistenziale. Una casa di cura convenzionata che avrebbe percepito i rimborsi per prestazioni mai fornite.
Crea, infine, avrebbe goduto anche dei “servigi” del dirigente della Regione Peppino Biamonte.
A proposito, aveva scritto sempre il giudice per le indagini preliminari, «il contributo più temerario e decisivo per l’affermazione dei disegni del Crea – scrivono sempre i magistrati – è quello di straordinaria “creatività” relativo al confezionamento da parte del Biamonte di una nota a sua firma con la quale il dirigente regionale stigmatizza l’eccessivo incanalamento delle risorse finanziarie nel settore farmaceutico a scapito di quello riabilitativo. La nota, che lo stesso Biamonte cercherà di screditare come carta straccia una volta interpellato sul punto dai carabinieri, costituisce il premeditato strumento per apportare un’insperata modifica al bilancio appena approvato e non ha altro scopo che quello di contrattualizzare la clinica privata dei Crea mediante lo storno di una somma di 500.000 euro originariamente destinata a diversa voce di spesa».
Tutte accuse che in appello si sono trasformate in assoluzioni.
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