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BELLU LAVURU 2 | 21 arresti nel Reggino: coinvolti anche dirigenti di Anas e Condotte

Stavolta gli hanno contestato l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Sono finiti in carcere i funzionari della “Condotte”, la multinazionale impegnata nei lavori per la variante di P…

Pubblicato il: 11/01/2012 – 12:46
BELLU LAVURU 2 | 21 arresti nel Reggino: coinvolti anche dirigenti di Anas e Condotte

Stavolta gli hanno contestato l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Sono finiti in carcere i funzionari della “Condotte”, la multinazionale impegnata nei lavori per la variante di Palizzi della statale 106, nella Locride.
Sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Domenico Santoro su richiesta del sostituto procuratore della Dda Giuseppe Lombardo.
È scattata all’alba l’operazione “Bellu lavuru 2”, a tre anni e mezzo dalla prima inchiesta che ha colpito la cosca Morabito di Africo.
«Questa seconda puntata – ha affermato il procuratore capo Giuseppe Pignatone – ha messo in evidenza come la “Condotte” non ha interrotto il subappalto con le ditte locali, nonostante avesse stipulato un protocollo con la prefettura con il quale si impegnava, in caso di informazioni anomale, a revocare l’incarico alle imprese riconducibili alla cosca Morabito».
Ventuno complessivamente gli arrestati ritenuti dagli inquirenti appartenenti o contigui alle famiglie mafiose Morabito-Bruzzaniti-Palamara, Maisano, Rodà, Vadalà e Talia.
I carabinieri del Nucleo operativo di Reggio e del Ros hanno colpito, in sostanza,  il “mandamento jonico” ed in particolare le cosche padrone dei territori di Bova Marina, Palizzi, Bruzzano Zeffirio ed Africo.
I reati contestati vanno dall’associazione mafiosa al concorso esterno, all’intestazione fittizia di beni. Ma anche truffa aggravata, danneggiamento aggravato, procurata inosservanza di pena, frode in pubbliche forniture, furto aggravato di materiali inerti, crollo di costruzioni o altri disastri dolosi e violazione delle prescrizioni alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
«Anche le imprese non calabresi, come il colosso “Condotte” – ha aggiunto Pignatone – hanno funzionari che si sono “adeguati” su come eseguire i lavori. Possiamo parlare di “calcolo di convenienza” che, però, ha il rovescio della medaglia: l’esigenza per la mega impresa di rientrare nei costi eseguendo lavori di scarsa qualità. Questa cattiva esecuzione dei lavori ha portato al crollo della galleria Sant’Antonio. Un crollo dovuto alla modalità irregolare con cui è stata realizzata la galleria. Dobbiamo solo ringraziare la sorte che quel crollo non ha provocato vittime».
L’inchiesta ha documentato l’infiltrazione pervasiva della ‘ndrangheta negli appalti per la realizzazione di una scuola e dell’ammodernamento della ss 106 , rientrante nel programma delle “Grandi Opere” di competenza dell’Anas (aggiudicato nel febbraio 2005 per l’importo di 84 milioni di Euro alla Società Italiana per Condotte D’acqua S.p.A. di Roma).
«È proprio un bellu lavuru» è stata la frase che i carabinieri hanno captato in carcere durante i colloqui il boss Giuseppe Morabito e i suoi familiari che annunciavano all’anziano capo cosca all’anziano capomafia, recluso a Parma, circa i lavori che si erano accaparrati in subappalto.  
Da quel momento i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria sono riusciti a monitorare l’intervento parassitario della ‘ndrangheta in ogni segmento dell’appalto.
In particolare, le cosche che operano in quella parte del territorio del mandamento jonico, confermando l’unitarietà della ‘ndrangheta, hanno superato tutte le rivalità che in quell’area in passato avevano dato luogo anche a sanguinose faide e si sono suddivise gli ambiti di intervento (arrivando addirittura a federarsi tra loro mediante apposito organismo direttivo denominato “base”), presentandosi ai responsabili della società appaltatrice come un unico interlocutore e coinvolgendoli nella gestione illecita dell’appalto.
Ritornando alla società “Condotte”, il procuratore Pignatone ha sottolineato come «non si hanno elementi sugli amministratori della società».
Le indagini della Dda  hanno accertato che il campo d’azione delle cosche era rappresentato per un verso dall’infiltrazione diretta, mediante l’impresa di famiglia “Imc di Stilo Costantino & C.”, ed indiretta, tramite la “D’Aguì Beton Srl”, nella fornitura del calcestruzzo dell’appalto pubblico per l’ammodernamento della Statale 106. Per altro verso, invece, l’infiltrazione è consistita nella gestione di fatto dei lavori di movimento terra, appannaggio dell’associazione temporanea d’impresa capeggiata dalla ditta Clarà e sotto un ultimo profilo, dalla sostanziale gestione di gran parte delle maestranze impiegate nei cantieri della grande opera.
Per quanto riguarda il calcestruzzo, infatti, è emerso che la ‘ndrangheta, attraverso dei prestanome vicini per vincoli di parentela alle cosche, ha monopolizzato l’intero ciclo, organizzando delle squadre per rubare gli inerti dalla fiumara Amendolea, produrre del calcestruzzo di bassissima qualità, imporne l’uso anche se non rispondente al vincolo progettuale, fatturarne falsi quantitativi e falsificarne, attraverso dei propri contigui, i risultati dei controlli.
Per ciò che riguarda, inoltre, le collusioni tra i boss e i responsabili della “Condotte” e dell’Anas, i militari dell’Arma hanno documentato incontri conviviali e i rapporti strettissimi per favorire gli interessi delle cosche e le attività per dissimulare le responsabilità emerse in seguito ai controlli della prefettura e delle forze dell’ordine.
Da qui l’accusa di concorso esterno, formulata dal pm Lombardo nei confronti dei funzionari della “Condotte”.
Dalle indagini è emerso che Vincenzo Capozza, direttore dei lavori dell’Anas, Pasquale Carrozza, capo cantiere della “Condotte”, Rinaldo Strati, amministrativo di cantiere della citata società appaltatrice, Antonino D’Alessio, direttore di cantiere della società appaltatrice, Sebastiano Paneduro, project manager della società appaltatrice, Cosimo Claudio Giuffrida, direttore tecnico della società appaltatrice, hanno consentito alla “Imc di Stilo Costantino & C.” di continuare la fornitura di calcestruzzo, nonostante il 30 agosto 2007 fossero pervenute dalla prefettura di Reggio Calabria una serie di informazioni “atipiche” che, nel rendere edotti i soggetti prima elencati del pericolo di infiltrazioni mafiose all’interno di quella impresa fornitrice, avrebbero dovuto portare all’estromissione immediata della suddetta impresa. In realtà, la prevista estromissione si è concretizzata solo il 12 novembre 2007 quando la “Condotte”, a seguito dei rilievi della commissione prefettizia, ha comunicato all’impresa fornitrice che, ai sensi della “clausola risolutiva espressa” inserita nella scrittura privata, la risoluzione del rapporto in essere “non era più suscettibile di alcuna deroga”.
Gli indagati avrebbero, inoltre, consentito alla cosca Morabito di inserire tra le maestranze assunte un numero elevato di operai generici direttamente o indirettamente riconducibili allo stesso contesto di tipo mafioso, personale poi impiegato in punti nevralgici del cantiere così da assicurare il controllo dello svolgimento di ogni fase dei succitati lavori pubblici.

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