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La relazione della Dia: «La sanità è un settore a rischio `ndrangheta»

Pesantissima la relazione sulla `ndrangheta presentata alle Camere sulle attività della Direzione investigativa antimafia nei primi sei mesi del 2011. In particolare la Dia scrive di una `ndranghet…

Pubblicato il: 13/01/2012 – 17:43
La relazione della Dia: «La sanità è un settore a rischio `ndrangheta»

Pesantissima la relazione sulla `ndrangheta presentata alle Camere sulle attività della Direzione investigativa antimafia nei primi sei mesi del 2011. In particolare la Dia scrive di una `ndrangheta la cui pressione mafiosa della `ndrangheta si esprime sempre di più «nell`inquinamento di settori della pubblica amministrazione locale, con particolare riguardo all`utilizzo di raffinati sistemi intrusivi della sfera politico-amministrativa in enti territoriali caratterizzati da esigua popolazione e bassa densità abitativa». Nella relazione viene sottolineata «la centralità della minaccia» rappresentata dall`organizzazione calabrese. La sanità è uno dei settori maggiormente esposti al condizionamento mafioso, «al punto da essere considerata in permanente emergenza, anche in ragione degli elevati deficit finanziari che l`affliggono». Gli analisti segnalano anche «il tentativo di incidere sulla efficienza del sistema giudiziario reggino, con azioni violente contro “obiettivi simbolo”» e la posizione egemone conquistata sul mercato transnazionale della cocaina «grazie alla forte coesione tra i sodali ed alla credibilita` finanziaria delle cosche presso i cartelli sudamericani produttori». Continua anche l`espansione al di fuori della Calabria, all`estero e in altre regioni italiane, a cominciare dal Lazio dove storiche articolazioni delle principali `ndrine inquinano comparti economici e produttivi come quelli della ristorazione, dell`edilizia residenziale, delle sale da gioco e del mercato ortofrutticolo. A Roma, in particolare, «il numero e la rilevanza delle attività imprenditoriali favoriscono la “mimetizzazione” delle ricchezze acquisite e tendono a ritardare la percezione delle anomalie di crescita economica». Anche in Lombardia «la vocazione imprenditoriale della criminalità organizzata calabrese si realizza attraverso un tasso di violenza marginale, preferendo l`incessante ricerca di latenti forme di partecipazione e accordo con settori della politica locale, dell`imprenditoria e della pubblica amministrazione». In questo ambito «si concretizzano veri e propri “sistemi criminali” nei quali gli aspetti corruttivi si pongono in modo progressivamente funzionale alla conquista illecita di spazi di mercato e all`infiltrazione dell`economia sana. Le potenzialità di tali sistemi si sono accresciute ed arricchite negli anni di quelle indispensabili relazioni che l`autorità giudiziaria milanese ha definito essere il vero “capitale sociale” dei sodalizi e senza le quali il fenomeno sarebbe rimasto confinato nei profili iniziali di basso gangsterismo». «In Lombardia – conclude la relazione – la realizzazione degli obiettivi criminali, gestita da soggetti di seconda o addirittura terza generazione, non passa necessariamente per l`occupazione del territorio e l`intimidazione ma si declina nella pratica dell`avvicinamento-assoggettamento di figure professionali legate da comunanza di interessi».

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