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«Così ho salvato mia figlia sulla nave che affondava»

APRIGLIANO (COSENZA) Ora che l`incubo è passato si può provare a raccontare. Rivivere le ore del dramma: l`urto, la nave che si inclina e la consapevolezza che il tempo per mettersi in salvo è davv…

Pubblicato il: 15/01/2012 – 15:54
«Così ho salvato mia figlia sulla nave che affondava»

APRIGLIANO (COSENZA) Ora che l`incubo è passato si può provare a raccontare. Rivivere le ore del dramma: l`urto, la nave che si inclina e la consapevolezza che il tempo per mettersi in salvo è davvero poco. «E` un miracolo essere vivi». Valter Cosentini, tra i superstiti assieme alla moglie Cristina Rende e ai due figli di 4 e 9 anni del naufragio della Costa Concordia, è arrivato nella sua casa, ad Aprigliano, nel Cosentino, nella notte. Dopo gli abbracci con i familiari e qualche ora di riposo accetta di ripercorrere i momenti trascorsi sulla nave da crociera che ha concluso la sua corsa davanti all`Isola del Giglio. «Abbiamo vissuto momenti terribili e indimenticabili – dice – e adesso a distanza di qualche ora cominciano ad avvertirsi i primi segni di questa esperienza che non si cancellerà facilmente. Io e mia moglie siamo pieni di lividi e lei non si sente nemmeno tanto bene. E` ancora a letto». I ricordi sono ancora vivi: «Come ho vissuto quei momenti? Da subito – aggiunge – mi sono reso conto che si stava rivivendo la vicenda del Titanic: stesso panico, stessa disperazione, stessi problemi soprattutto con le scialuppe. Ho dovuto legare mia figlia alla cinghia per evitare di perderla di vista mentre mia moglie è rimasta con l`altro mio figlio. Ci siamo persi di vista per qualche minuto nel caos delle scialuppe ed è stato drammatico. In quel buio non ci eravamo nemmeno resi conto di essere così vicini alla costa e arrivare a terra è stato molto complicato». Attimi pazzeschi, nei quali, però, Cosentini ha trovato «la solidarietà
degli abitanti dell`Isola del Giglio. C`erano tutti e cinquecento i residenti quella sera ad accoglierci. Hanno anche aperto la chiesa. Prima di andare via, come segno di riconoscenza, per tutti ho baciato una signora, così a caso. Grazie».
Sono tornati a casa anche Francesco Frijo e Caterina Sestito. Per loro, quello sulla Costa Concordia era il viaggio di nozze. Sono marito e moglie dallo scorso 28 dicembre. La settimana che aspettavano da una vita ha rischiato di tramutarsi in tragedia: «Due ore da incubo che non si cancelleranno facilmente nella nostra memoria».
Francesco e Caterina si erano imbarcati a Civitavecchia, raccontano all`Ansa mentre gli amici e i parenti fanno loro festa, con sei bagagli colmi di vestiti, documenti, soldi, macchine fotografiche, oro e tanto altro. Hanno perso tutto quanto: sono rimasti con indosso solo la tuta che avevano al momento dell`imbarco. In Calabria sono arrivati stamattina in treno dopo avere pernottato da un parente a Salerno che gli ha prenotato il biglietto on line. «Che dire, nel male forse – dice Francesco – c`è il bene perché ho capito da quella sera quanto vale la vita. Poco fa guardavo in tv le immagini della coppia di sposi nordcoreani salvati nella notte e vedevo la nave: mi sono chiesto ma davvero mi trovavo in quella situazione, è quasi miracoloso che ci sia andata bene».
«È stato veramente drammatico – raccontano i due sposini che speravano di tornare da questa crociera con tutt`altro album di ricordi – con bimbi che urlavano e tanti in preda al panico, ma quello che ci ha sconcertato, anzi lo definiremmo scandaloso, è stato il fatto che con il personale di bordo non si riusciva nemmeno a comunicare. Se solo si chiedeva qualcosa bisognava capire dai gesti di risposta delle loro mani. Non c`era nessuno che sapesse parlare non dico in italiano ma nemmeno in inglese».

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