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REALE | Due "ville" per curare i boss depressi

“Villa degli Oleandri” era Guglielmo Quartucci. Raramente l`identificazione tra una persona e una struttura sanitaria ha raggiunto contorni così precisi. La clinica era un`eredità familiare molto l…

Pubblicato il: 20/01/2012 – 17:18
REALE | Due "ville" per curare i boss depressi

“Villa degli Oleandri” era Guglielmo Quartucci. Raramente l`identificazione tra una persona e una struttura sanitaria ha raggiunto contorni così precisi. La clinica era un`eredità familiare molto lucrosa, messa a disposizione degli amici dei clan. Lo racconta Samuele Lovato, il collaboratore di giustizia che ha aiutato la magistratura a fare luce sull`affaire delle false perizie psichiatriche. Il pentito chiarisce subito un dato: “Villa degli Oleandri” è «una delle cliniche che fanno parte del “sistema”».

LE DUE “VILLE” DELLE COSCHE Cosa sia il “sistema” è presto detto: «Io so che parecchie persone che appartengono alla malavita fanno richiesta …alla ‘ndrangheta … essendo in Calabria la malavita è la ‘ndrangheta. E pilotano la loro uscita dal carcere facendo tramite i loro avvocati, facendo avere delle richieste e delle disponibilità da Villa degli Oleandri per finire a Villa degli Oleandri. Una volta arrivati a Villa degli Oleandri fanno esattamente quello che facevano a Villa Verde cioè gonfiano le patologie, riportano sopra le cartelle farmaci che non vengono assolutamente somministrati, falsificano dei test …”». Lovato, uomo della cosca Forastefano specializzato in estorsioni e truffe, sostiene di aver usufruito degli speciali trattamenti offerti da alcune strutture sanitarie. E li racconta agli inquirenti, chiarendo «che “Villa Verde” e “Villa degli Oleandri” erano notoriamente due strutture “compiacenti” (“Queste sono aziende, sono cliniche compiacenti queste qua…. Villa degli Oleandri succedeva la stessa cosa… a Villa degli Oleandri funzionava alla stessa maniera di Villa Verde”), a differenza, a esempio, della clinica sita in Borgo dei Mastri (a Cosenza, ndr), gestita da un persona molto seria, tale dottor Balestrini (“Cosa che non avveniva a Borgo dei Mastri, in quanto a Borgo dei Mastri c’era Balestrini che non transigeva quello era schematico…. a Borgo dei Mastri assolutamente non c’era proprio spazio di movimento, perché c’era il dottore Balestrini che …”)».
A spiegare a Lovato come funzionavano le cose era stato il titolare di “Villa Verde”, Arturo Ambrosio, nei giorni in cui la cosca della Sibaritide stava cercando di portare il boss Tonino Forastefano fuori dal carcere: «Ambrosio parlò con il responsabile di “Villa degli Oleandri” affinché desse, come dire il termine non mi viene dovevano andare  loro chiedeva la disponibilità, lui avrebbe dovuto dare la disponibilità per ricevere Tonino Forastefano e metterlo nelle stesse condizioni in cui ero messo io a Villa Verde. Quindi la stanza da solo, la propria privacy e via discorrendo e mi disse in quell’occasioni, in una di quelle occasioni, in una di quelle occasioni disse che il dirigente di Villa degli Oleandri che era un uomo di mondo, compiacente, che mangiava e che faceva campare bene…. A Villa degli Oleandri succedeva la stessa cosa, infatti mi disse il dottore Ambrosio stesso, non mancherà a Tonino Forastefano mettersi a disposizione e far sì che la macchina vada avanti. Perché il dottore, e mi fece il nome di questo dottore, è un uomo di mondo e uno che si sa comportare con gli amici. Ed infatti gli aveva dato la disponibilità».

I RISCONTRI ALLE PAROLE DEL PENTITO Quando gli investigatori vanno a verificare le parole di Lovato, saltano fuori parecchi riscontri. C`è il caso della figlia di un boss di Cosenza; c`è quello di Nicola Rende, cognato di Salvatore Maritato, anch`egli uomo dei Forastefano; c`è anche il ricovero di Giuseppe Giannicola detto “`u mpicciusu”, uno che, «scarcerato  grazie alle false certificazioni prodotte dai medici compiacenti di Villa degli Oleandri, era tornato immediatamente a delinquere».

SERVE LA PATOLOGIA GIUSTA Tutti i “clienti” di “Villa degli Oleandri” avevano la stessa patologia: sindrome depressiva maggiore. È ancora Lovato a illustrare il metodo, con una competenza sconcertante. Serve, ovviamente una clinica compiacente. E serve anche un consulente di parte ben disposto: «Il consulente è quasi obbligo diciamo che prenda le tue parti, anche se non dovrebbe essere così, però lei capisce bene che ad un consulente che tu dai tre, cinquemila euro per una perizia non può andarti contro». A quel punto, il giudice nomina un perito e si cerca di avvicinare anche lui. Il pentito spiega che la patologia da applicare al caso dei boss può essere soltanto una: la depressione. E continua: «La depressione è una patologia non riscontrabile oggettivamente (“È una di quelle patologie astratte… tu non sai mai dire che uno sta fingendo o non sta fingendo. E non è una patologia tipo un braccio rotto che tu dici se è guarito, è guarito”), per cui la diagnosi dipende esclusivamente dalla valutazione del medico (“… Perché non è dimostrabile e in fase successiva non è dimostrabile che ti sei ripreso da quel tipo di patologia”)».
Lo scopo dei malavitosi è quello di tornare a casa: dagli arresti domiciliari si può agevolmente controllare il territorio. Ecco come: «Si fa in modo che la persona vada a finire in una di queste cliniche. Una volta che sei in questa clinica, ok, non è tanto il fatto di continuare a mantenere la patologia, perché la patologia che tu la mantieni è un discorso, ma tu devi uscire fuori dalla clinica per poter tornare quantomeno nella zona anche con i domiciliari a casa e poter riprendere il controllo sul territorio, rendo l’idea. Che cosa succede, succede che la versione dei medici è quella dici ha avuto dei miglioramenti rispetto a quando è arrivato… Per curare questo tipo di patologia il paziente necessita di stare vicino agli affetti familiari, causa scaturente della depressione in funzione a quando lui è stato carcerato, rendo l’idea. Allora, avendo questo altro tipo di documentazione, allora il Tribunale un attimino comincia a valutare il fatto dice ma alla fin fine dice è in clinica, ed in clinica è ai domiciliari, mandarla ai domiciliari a casa questa persona non è che ci sia niente di … sempre ai domiciliari è questa persona,  in poche parole. E questo diciamo era la cosa cioè diciamo quella a cui miravano tutti quanti». E spesso ci riuscivano.

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