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REALE | Moro, l`odontoiatra dai mille talenti

Per essere un odontoiatra se la cavava bene anche con la psichiatria, con la procedura penale e con la sceneggiatura. Il dottor Francesco Moro è uno dei personaggi chiave dell’inchiesta, nonché med…

Pubblicato il: 20/01/2012 – 19:47
REALE | Moro, l`odontoiatra dai mille talenti

Per essere un odontoiatra se la cavava bene anche con la psichiatria, con la procedura penale e con la sceneggiatura. Il dottor Francesco Moro è uno dei personaggi chiave dell’inchiesta, nonché medico in servizio di soccorso presso la Usl 9 di Locri. Il siparietto che Moro prepara con Giuseppe Pelle il 27 febbraio del 2010, messo poi in scena il due marzo dello stesso anno, è la sintesi di tutte le “qualità” dell’uomo.
Quella mattina il dottore va a trovare a casa il suo “compare” (è così che lo chiama per tutto il tempo) Giuseppe Pelle, detto “Gambazza”. Il boss è preoccupato, ma Moro si mette subito a disposizione ed in un attimo ti organizza un piano da manuale, in cui riesce ad esprimere al meglio tutti i suoi talenti.
Pelle ha bisogno di un certificato medico e lui prima verifica la sua disponibilità, poi indossa i panni dello psichiatra per definire i dettagli della diagnosi (come spiega il pentito Lovato bisogna stare attenti: a sbagliare una parola si rischia il manicomio di Barcellona Pozzo di Gotto), infine fissa ora e data della messa in scena: il martedì successivo “dopo delle otto e mezza del mattino … fino alle sette di sera… Così è sicuro che non capita niente …incompr… come volete entrare …incompr… là gli scrivo, là sopra … perché qua gli scrivo: “…vedete che sono amici!…”. Et voilà, il gioco è fatto.
Per Giuseppe Pelle c’è un bel certificato di “depressione maggiore” già confezionato da Guglielmo Quartucci (l’altro medico arrestato oggi di cui scriviamo negli altri servizi) qualche tempo prima e che va confermato. Deve essere “depressione” perché è una malattia «astratta», come ci spiega sempre il pentito Lovato, altrimenti uno capisce che non è vero e deve essere “maggiore” perché altrimenti è compatibile con il regime carcerario. Secondo una prassi consolidata nelle cliniche private compiacenti.
Il medico fa ripetere più volte il copione al vecchio boss, temendo che gli sfugga qualche battuta. Ma Gambazza, alla faccia della malattia che dovrebbe limitarne le capacità mentali, è lucidissimo e declama da attore consumato. Tutto è pronto per girare quello che Moro definisce «un film bello pulito».
E seguiamolo, questo film, nelle parole dell’ordinanza: «Prima dei saluti, i due si accordavano fin nei minimi particolari: il martedì successivo, intorno alle ore 18:00, PELLE Giuseppe avrebbe chiamato la guardia medica (“Verso le sei di sera chiamo… verso le sei… incompr…  che ha…”); la telefonata sarebbe stata fatta dopo il tramonto, circostanza che, come spiegava il dr MORO, avrebbe ulteriormente avvalorato la credibilità della “messa in scena”, in quanto i soggetti affetti da depressione maggiore manifestano crisi solitamente all’imbrunire (“Ricordatevi poi… martedì… Martedì… voi, quando vi pare a voi chiamate! Non c’è… quando voi… quando vi pare… Come va… come va “scurando”… Perché di solito quando va “scurando” si sentono…”); a quel punto il Moro sarebbe intervenuto e avrebbe finto di non sapere cosa stesse accadendo al Pelle (“io vi domando: Ma voi…incompr… che cosa avete avuto, che cosa ha?…” Incompr… così la facciamo bella… facciamo un film… bello pulito!..” )».
Poi si va in scena. Seguiamo ancora l’ordinanza: «Il 2 marzo 2010, ovvero il martedì successivo all’incontro tra Pelle Giuseppe e Moro Francesco, il piano veniva eseguito.
Alle ore 17:46, infatti, Pelle Giuseppe chiedeva alla moglie di telefonare al “118”, spiegandole  che avrebbe dovuto dire che già nel corso della mattina lui aveva accusato un malore e che in quel momento aveva perso i sensi: “si… gli dici: “questa mattina si è sentito male un’altra volta ed è venuto il medico.”… “e gli ha ordinato… gli ha prescritto queste cose e dobbiamo ricoverarlo…”… “ e…” queste cose qua e gli fai vedere questo… incompr… gli dici:” ed è… ed è  qua… incompr… di fare questa… di provare… incompr…” gli dici che mi ha preso nel cuore, che sono svenuto…”. Non è superfluo precisare che dall’ascolto delle conversazioni intercettate nell’abitazione nell’arco della giornata del 02.03.2010 risultava con assoluta certezza che PELLE Giuseppe non aveva accusato alcun malessere, né erano state riscontrate visite di medici; Barbaro Marianna mostrava di aver ben compreso ed affermava: “gli dico che ti ha preso nel cuore, che sei svenuto là a terra, che ti… incompr…” .
Proseguendo, il Pelle raccomandava alla moglie di riferire che lui aveva tentato di suicidarsi in preda ad una crisi depressiva: “tu gli dici che… che deliravo, che facevo… ora che sono.. che gridavo, che facevo, che volevo impiccarmi, che volevo buttarmi dalla finestra…”  .
Appare fin troppo evidente che ciò che il Pelle suggeriva alla moglie costituiva una piccola summa dei sintomi tipici della “depressione maggiore”, patologia, ormai da anni, falsamente diagnosticata al Gambazza e che gli aveva già permesso di evitare il regime detentivo.
Per cui, alle ore 17:57, Barbaro Marianna contattava il 118. La telefonata veniva registrata sia “in ambientale”, mediante la microspia montata all’interno dell’abitazione, sia sull’utenza mobile in uso al figlio Pelle Antonio, utilizzata nella circostanza: alle ore 17:57, infatti, Barbaro Marianna contattava il numero d’emergenza del servizio medico “118” e riferiva alla centralinista che il marito era stato colto da una grave crisi respiratoria con conseguenti convulsioni. Alla specifica domanda dell’operatrice, che chiedeva delucidazioni in merito all’esatta ubicazione dell’abitazione, Barbaro Marianna rispondeva testualmente: “…si, che quelli di Bianco sanno, gli dite qua nella super-strada, via Borrello, che loro sanno…”. Era evidente che la moglie di PELLE, per la troppa sicurezza, si era tradita dichiarando che il personale sanitario che doveva intervenire già sapeva tutto (“quelli di Bianco sanno… loro sanno”).
Alle successive ore 18:14, Pelle Antonio, cl. 1987, telefonava al dottor Moro Francesco: “Dottore, siccome ho chiamato il 118…omissis…perché sta male ed io non… sono qua a casa e non ho macchina, non c’è nessuno, dottore, per portarlo in ospedale, che sta male, apposta”. A tale richiesta il medico rispondeva di essere impegnato in un intervento d’urgenza a seguito di un incidente stradale e aggiungeva che lo avrebbe richiamato successivamente: “Stiamo su un intervento Antonio ci…quando ci sbrighiamo…richiama tu…ti telefono io, ti telefono io d’accordo?…omissis…ti richiamo io appena…appena finiamo questo intervento, va bene? siamo su un incidente…omissis…” .
Il dialogo tra i due uomini, ancora una volta, forniva conferme della farsa architettata: il dott. Moro, cosciente del buon stato di salute di Pelle Giuseppe, dava ovviamente priorità ai feriti coinvolti in un incidente stradale e rassicurava il figlio del boss sul fatto che lo avrebbe chiamato quanto prima (“appena finiamo questo intervento, va bene? siamo su un incidente”).  
La certezza che le telefonate fatte da Barbaro Marianna e da Pelle Antonio rientravano nel piano ideato qualche giorno prima veniva acquisita ascoltando le conversazioni tra presenti all’interno dell’abitazione di PELLE Giuseppe, il quale, in quei frangenti, non accusava alcun malore, ma, anzi, stava intrattenendo alcuni ospiti.
Alle successive ore 18:58 presso l’abitazione di Pelle Giuseppe giungeva un’ambulanza con a bordo del personale sanitario che accedeva all’interno dello stabile del predetto per uscirne dopo circa venti minuti, così come riscontrato sia dall’intercettazione tra presenti che dall’analisi del servizio di video osservazione della via Borrello.
In data 04.05.2010 la P.G. procedente acquisiva presso l’Ufficio Asl n. 9 di Locri copia della scheda di intervento compilata alle ore 19:00 del 02.03.2010 in favore di Pelle Giuseppe dal personale sanitario impiegato in serv
izio di soccorso “118”: dal certificato a firma del dott. Moro Francesco si evinceva che PELLE Giuseppe, in quella circostanza, versava in uno “stato di agitazione” e aveva “crisi di panico”; il medico riportava sul referto di aver somministrato una fiala di “diazepam” e che la diagnosi a seguito del soccorso era “sindrome ansiosa in soggetto affetto da depressione maggiore”. L’ufficio ASL n. 9 di Locri – Direzione Generale specificava che il sanitario che aveva sottoscritto la scheda di intervento “118” effettuata in data 02.03.2010, si identificava nel dott. Moro Francesco».

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