Il gip Daniela Oliva ha accolto la richiesta della Procura della Repubblica di Reggio Calabria disponendo la proroga delle indagini sul procuratore aggiunto della Dna Alberto Cisterna, accusato di corruzione in atti giudiziari in favore della cosca Lo Giudice.
A puntare il dito contro il magistrato reggino è il collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice che ha riferito al procuratore Giuseppe Pignatone e al sostituto procuratore Beatrice Ronchi circa i presunti rapporti di Cisterna con il fratello, l`imprenditore Luciano Lo Giudice accusato di essere boss dell`omonima cosca.
In particolare, la Procura avrebbe chiesto più tempo per eseguire accertamenti bancari sul conto corrente del magistrato indagato. Cosa che, tra l`altro, lo stesso Cisterna ha chiesto nei mesi scorsi, quando ha saputo di essere indagato, proprio per dimostrare l`infondatezza dell`accusa di aver percepito soldi da Luciano Lo Giudice in cambio della scarcerazione del fratello Maurizio. A quest`ultimo, infatti, erano stati concessi i domiciliari da un ufficio diverso da quello in cui prestava servizio Cisterna. L`inchiesta, infine, si intreccia con le dichiarazioni di un altro pentito, Antonio Di Dieco, che ha parlato di un complotto ordito dalla `ndrangheta contro Cisterna e altri magistrati reggini, “colpevoli” negli anni Novanta di aver sferrato colpi durissimi alle cosche attraverso il processo “Olimpia”. Un complotto che, sempre secondo Di Dieco, passa dalla collaborazione di Nino Lo Giudice. Quest`ultimo, stando al pentito cosentino (oggi indagato per calunnia dalla Procura), gli avrebbe chiesto di aiutarlo nell`opera di delegittimazione di Cisterna. Ritornando all`inchiesta sul numero 2 della Dna, la Procura di Reggio proseguirà le indagini nei prossimi mesi dopo i quali dovrà valutare l`ipotesi di una richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione.
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