Aldo Varano ha posto un problema che non può essere frettolosamente archiviato o, peggio, derubricato a mero contraddittorio sui numeri della pervasività della `ndrangheta.
Il 27% dei calabresi è assimilabile agli organigrammi delle cosche? Pare esagerato. Anche la correzione del dato che lo porta a fare riferimento non a tutta la regione ma alla sola provincia di Reggio Calabria, resta difficilmente accettabile e persino il terzo esempio: 1.500 affiliati nella sola Siderno, appare, nonostante sia anch`esso troppo in eccesso stimato, non in linea con una percentuale di 27 punti, posto che Siderno ha quasi ventimila abitanti e quindi per rispettare quella percentuale gli affiliati dovrebbero salire addirittura a circa cinquemila.
Nella nota di replica alle riflessioni di Aldo Varano, il presidente della Corte d`appello fa riferimento, come fonte, alle indagini investigative ed ai processi avviati dalla Procura della Repubblica. Ma ci venga consentito osservare, e non certo per solidarietà di casta (che Dio sa quanto poca solidarietà esista tra giornalisti laddove impera, invece, la sindrome da primadonna), che anche questo riferimento può presentare il rischio di contare due volte lo stesso affiliato.
Mi spiego meglio: esistono informative ed anche procedimenti penali che coinvolgono in più indagini ed in più processi le stesse persone. Restando a Siderno, gli stessi capi e gli stessi gregari del clan Commisso e del clan Costa sono attenzionati in più indagini ed in più processi. Se facciamo un`unica somma degli indagati residenti a Siderno o dei sidernesi sottoposti a processi per fatti di mafia sicuramente conteremo più volte le stesse persone.
Diventa pericolosamente suggestivo, di conseguenza, arrampicarsi sui grandi numeri laddove per stabilire la pericolosità e l`accresciuta pervasività della `ndrangheta non c`è bisogno di chiamare in soccorso percentuali e numeri dei presunti affiliati: basta fare i conti con gli spazi sempre più vasti conquistati dalle cosche nell`imprenditoria e nelle istituzioni.
Basta, ad esempio, prendere atto di quanto si sia allargata l`area grigia e verificare come i casati mafiosi cominciano a saltare il rapporto collusivo per entrare direttamente nelle istituzioni locali.
In questa direzione i dati più allarmanti, paradossalmente, non vengono dalle relazioni dei vertici giudiziari calabresi quanto da quelle che, in contemporanea, sono state offerte dai procuratori generali e dai presidenti delle Corti d`appello di Genova e Milano, di Roma e di Torino, passando anche per quelle di Ancona e dell`Aquila.
Semmai andrebbe rilevato, e spiace che fin qui nessuno lo ha fatto, che mentre a seguire le relazioni sullo stato della Giustizia offerte a Milano ed a Torino, a Genova e a Roma, ad Ancona ed all`Aquila, ed anche a Palermo e Napoli, insomma in ogni regione italiana c`erano i governatori di quelle regioni, in Calabria sia il presidente del consiglio regionale che quello della Regione Calabria hanno preferito disertare tale importante appuntamento. Così a confrontarsi attorno ai numeri ed alla loro coerenza con la drammatica realtà calabrese sono rimasti solo magistrati e giornalisti.
E nemmeno tutti ma solo quelli più volenterosi.
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