L’idea è stata geniale. Per arginare la spaventosa emorragia di consensi e di gradimento certificata da tutti i principali istituti demoscopici italiani, l’attuale establishment del consiglio e della giunta regionale ha deciso di adottare una terapia d’urto: far ridere i calabresi.
Come spiegare, altrimenti, l’esilarante targa che, dopo essere rimasta a lungo coperta, da qualche giorno campeggia accanto all’ingresso di Palazzo Campanella? «Qui la ‘ndrangheta non entra», recita la retorica scritta ideata dalla commissione consiliare Antimafia. Uno slogan che, ancora oggi, è l’unico segno tangibile dell’attività svolta in quasi due anni dall’organismo regionale presieduto da Salvatore Magarò. E che, esposto lì, desta una gamma di reazioni che vanno dall’incredulità all’ilarità.
In realtà, la targa è stata fissata al muro da mesi, come nella stragrande maggioranza degli edifici pubblici calabresi in cui ne sono state affisse di identiche, per disposizione proprio della commissione Antimafia, capace di non occuparsi mai di nessuna inchiesta sulla criminalità organizzata. Affissa ma non scoperta, fino a un paio di giorni fa: forse perché non ce n’era stato il tempo prima. O forse per quel pizzico di pudore che deriva dal fatto di riconoscere quanto sia avventato affermare «qui la ‘ndrangheta non entra», in un palazzo in cui due consiglieri regionali di maggioranza (Zappalà e Morelli) sono stati arrestati per reati di mafia. E ancora, dove un assessore regionale (Caridi) è attenzionato dalla Dda di Genova e dalla commissione parlamentare Antimafia. Sarà forse per questo che, a differenza degli altri luoghi in cui la targa è stata affissa durante una cerimonia solenne, all’Astronave si è svolto tutto in sordina.
Situazioni imbarazzanti che si prestano a essere l’unico plausibile motivo per il quale sia il presidente del consiglio regionale, Francesco Talarico, che il governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, hanno disertato – sì, disertato! – l’inaugurazione dell’anno giudiziario nella regione a più alta densità mafiosa d’Europa (Pignatone dixit).
«Qui la ‘ndrangheta non entra»: una freddura che sa tanto di presa per i fondelli. Perché forse sarebbe più corretto dire che, al cambiar delle maggioranze, non muta una costante, in quel consiglio regionale: la ‘ndrangheta, da lì, non esce.
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