Presunto affiliato alla cosca Serraino: «Vogliamo la verità sulle bombe»

«Rispetto all`attentato alla Procura generale leggiamo tante cose sui giornali, articoli che parlano di depistaggi, di persone come Zumbo e il carabiniere Roccella. Ma noi vogliamo la verità come voi. E fino a quando non saprò cosa i carabinieri hanno scritto e inviato a Catanzaro, io faccio lo sciopero della fame».
L`udienza del processo “Epilogo” (in cui doveva essere sentito il maggiore Gianluca Vitaliano) si è chiusa con le dichiarazioni spontanee pronunciate, dalla gabbia dei detenuti, da Maurizio Cortese, ritenuto dalla Dda di Reggio un affiliato alla cosca Serraino. Rivolgendosi al presidente del collegio Silvana Grasso, Cortese ha detto di non sentirsi sereno di essere giudicato da questo Tribunale che in passato era stato ricusato per aver istruito altri processi contro il clan Serraino. Quanto affermato dall`imputato del processo “Epilogo” (nato da un`inchiesta del sostituto procuratore della Dda Giuseppe Lombardo) rende l`idea del nervosismo che si respira al palazzo di giustizia di Reggio Calabria. In particolare, nelle aule in cui si celebrano i processi che ruotano attorno agli attentati del 3 gennaio e del 26 agosto 2010 alla Procura generale e al pg Salvatore Di Landro.
Attentati di cui si è autoaccusato il collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice il quale ha dichiarato di essere responsabile anche del bazooka indirizzato al procuratore Giuseppe Pignatone e lasciato a poche centinaia di metri dal Cedir, sede della Direzione distrettuale antimafia.