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«Una scellerata convergenza di disinteressi»

«Una scellerata “convergenza di disinteressi” che ha reso possibile, ancor prima che la commissione dei delitti, il letterale sperpero di pubbliche risorse». Così la Corte d`appello di Catanzaro de…

Pubblicato il: 10/02/2012 – 17:34
«Una scellerata convergenza di disinteressi»

«Una scellerata “convergenza di disinteressi” che ha reso possibile, ancor prima che la commissione dei delitti, il letterale sperpero di pubbliche risorse». Così la Corte d`appello di Catanzaro descrive, nelle motivazioni della sentenza di secondo grado dell`inchiesta Why not, il “sistema” con cui è stata governata la Regione Calabria. In cinquanta pagina il presidente Francesca Marrazzo e i due consiglieri Gianfranco Grillone e Vincenzo Galati hanno spiegato i motivi per i quali il 27 gennaio hanno sancito la responsabilità penale dell’ex governatore Agazio Loiero e del suo capo di gabinetto Nicola Durante; il non luogo a procedere per intervenuta
prescrizione nei confronti dell`ex governatore, Giuseppe Chiaravalloti, del centrodestra; l`aumento della pena a 3 anni e 10 mesi (2 anni in primo grado) nei confronti dell`imprenditore ed ex presidente della Compagnia delle opere della Calabria, Antonio Saladino.

L`ASSOCIAZIONE Per i giudici d`appello non è “logica” ed è “smentita” la tesi del giudice per le udienze preliminari di Catanzaro, Abigail Mellace, con la quale veniva esclusa l`esistenza di un`associazione per delinquere tra alcuni degli indagati dell`inchiesta. «L`argomentazione del giudice di primo grado – si legge nelle motivazioni – è stata ritenuta erronea dalla Corte di Cassazione adita dalla Procura generale contro il proscioglimento dal reato associativo di alcuni
coimputati che non avevano chiesto di essere ammessi al giudizio abbreviato poiché il ragionamento con cui la sentenza nega l`esistenza stessa dell`associazione non regge dal punto di vista logico». «Più in particolare – aggiungono i giudici – viene smentita la tesi, sostenuta dal gup, secondo cui un`associazione per delinquere costituita per realizzare reati contro la pubblica
amministrazione è configurabile solo se facciano parte funzionari pubblici o, in genere, soggetti che appartengano all`amministrazione». Nell`affrontare il ruolo di Antonio Saladino i giudici della
Corte d`appello di Catanzaro sostengono che «il giudice di primo grado non ha disconosciuto il ruolo verticistico del Saladino, né i suoi legami con la politica e le alte sfere della burocrazia regionale». Nella sentenza si traccia, poi, una sintesi del sistema clientelare che dominava in Regione: «Quel che sta a cuore al Saladino, assegnati i servizi al consorzio, è che per gli stessi le società consorziate assumano, per chiamata diretta e nominativa, i soggetti raccomandati dai politici. Come afferma il primo giudice il Saladino non ha motivo, una volta che ha accontentato il referente politico, di preoccuparsi se il personale sia all`altezza o se, comunque, il lavoro venga più o meno correttamente svolto (ed è disinteresse che lo accomuna al politico stesso, mosso dal solo fine di garantire ai clientes una entrata fissa mensile). È mancata in radice, da parte dell`ente committente, la volontà politica di effettuare i controlli».

LA CONDANNA DI LOIERO E DURANTE Per la Corte d`appello non ci sono dubbi sulla «piena consapevolezza di Loiero Agazio e di Durante Nicola di contribuire in maniera determinante all`affidamento» del progetto “Censimento immobiliare”. A conferma i giudici citano i «ripetuti incontri, anche in sedi extra-istituzionali, con soggetti che, stando al loro dire, non avrebbero avuto titolo per interloquire (detto in parole povere perché intrattenersi ripetutamente con rappresentanti del consorzio che pressano per ottenere nuovi affidamenti se poi ci si difende dicendo che tale decisione spettava al dirigente e non al politico?)». A sostegno della loro tesi i magistrati sottolineano anche «la pervicacia con cui la Merante, anche approfittando del rapporto amicale con il fratello del presidente della giunta regionale, ha dapprima cercato di instaurare un contatto diretto con il massimo esponente dell`ente e, in un secondo momento, avendone percepito il potere di influenza su questo, si è spesa per ottenere il consenso del fidato consigliere giuridico Durante su una soluzione condivisa». La giustificazione della salvaguardia occupazionale e le pressioni da parte dei lavoratori, non convince i giudici. «Quanto alla dedotta
esigenza – scrivono – di salvaguardare i livelli occupazionali, risulta di tutta evidenza che se l`ente avesse voluto a tutti i costi esternalizzare il servizio, avrebbe potuto comunque ottenere lo scopo preso di mira adottando procedure legali anziché protrarre un affidamento illegittimo e, così, di fatto continuare a favorire i soliti raccomandati e foraggiare le solite clientele (o consolidarne di nuove)».

CHIARAVALLOTI E LA PRESCRIZIONE   L`assoluzione in primo grado dell`ex presidente Giuseppe Chiaravalloti per il capo di imputazione relativo al sistema “Navision” «è frutto di un`incompleta panoramica degli elementi offerti dall`attività investigativa». Il gup Mellace aveva escluso che l`ex governatore «possa essere stato mosso dall`intenzione di favorire Saladino; più in particolare, il giudice, conferendo piena credibilità al coimputato Franco Morelli – per lo stesso fatto rinviato a giudizio – ha circoscritto alla condotta dell`allora capo di gabinetto l`ideazione e la predisposizione del testo della delibera ed ha ascritto la firma del Chiaravalloti ad un atteggiamento di affidamento, al più colposo, nell`operato del Morelli». Questa ricostruzione non convince i giudici della corte d`appello. «È frutto – scrivono – di una forzatura nella parte in cui si attribuire a Chiaravalloti un atteggiamento di colposa leggerezza laddove neanche lo stesso imputato era giunto a tanto». Nelle motivazioni si ricorda inoltre che «in una delle agende del
Saladino sono stati rinvenuti numeri telefonici, fissi e mobili, istituzionali e privati, personali e intestati a persone dell`entourage familiare e lavorativo dell`uomo politico, disponibilità denotante una conoscenza tutt`altro che superficiale». «Dalle captazioni alle quali – proseguono i giudici – è stata soggetta Nadia Di Donna, una delle principali collaboratrici di Saladino nella fase di selezione delle domande e di avviamento al lavoro, la Di Donna fa espressamente riferimento a dipendenti della società Why Not raccomandati dal Chiaravalloti nonché ad accordi intervenuti tra questi ed il Saladino ai fini dell`invio dei curricula dei nuovi lavoratori da assumere».
L`ultima parte è dedicata a motivare la decisione dei giudici di aumentare la pena per l`imprenditore lametino: «Al Saladino, già individuato quale ispiratore del perverso meccanismo alla base delle illecite esternalizzazioni, risulta responsabile di un maggior numero di reati-fine; non solo: l`unico dato spendibile a suo favore, quello della incensuratezza, è di gran lunga sopravanzato dalla cinica manipolazione di una normativa che, creata per rispondere alla crisi del mercato del lavoro, si è trasformata, nelle mani del giudicabile, in uno strumento di potere piegato a scopi clientelare».

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