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Reggio, la mensa del Cedir nelle mani del clan

L`indagine è partita dall`attentato al bar “Mille voglie” distrutto da un incendio la notte del 3 gennaio 2008 in via Sant`Anna, zona di Reggio considerato feudo della cosca Libri. Dietro quell`int…

Pubblicato il: 17/02/2012 – 8:00
Reggio, la mensa del Cedir nelle mani del clan

L`indagine è partita dall`attentato al bar “Mille voglie” distrutto da un incendio la notte del 3 gennaio 2008 in via Sant`Anna, zona di Reggio considerato feudo della cosca Libri.
Dietro quell`intimidazione si nascondeva la famiglia mafiosa di Cannavò che, attraverso il titolare del bar “Senza tempo”, Eduardo Mangiola, si era accaparrata il servizio mensa e tavola calda per i dipendenti del Cedir e gli operai della Bentini, la ditta nazionale impegnata nella costruzione del nuovo Palazzo di giustizia.
L`ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip su richiesta del sostituto procuratore della Dda Marco Colaminici. In manette sono finiti il boss Pasquale Libri (il provvedimento gli è stato notificato in ospedale dove è ricoverato perché le sue condizioni non sono compatibili con il regime carcerario), Edoardo Mangiola e Claudio Bianchetti accusati di associazione mafiosa, estorsione, rapina e illecita concorrenza.
Gli arresti sono stati eseguiti dalla Dia di Reggio, diretta da Gianfranco Ardizzone, che ha ricostruito i fitti rapporti intrattenuti dal Mangiola con i massimi esponenti della `ndrangheta reggina e ha evidenziato la sua rapida crescita imprenditoriale non riscontrata dalle sue dichiarazioni dei redditi e da quelle della moglie.
Secondo gli inquirenti, il Mangiola sarebbe il collettore di una raffinata forma di estorsione perpetrata in danno della “Bentini Spa”. Piuttosto che ricorrere al classico metodo della “mazzetta”, i Libri hanno realizzato l`attività di infiltrazione attraverso la stipula di contratti di fornitura di servizi con cui hanno imposto le proprie prestazioni in regime di assoluto monopolio nonché attraverso la somministrazione controllata di forza lavoro con l`imposizione di operai. Operai legati anche alla cosca Serraino e che, di fatto, venivano pagati senza neanche presentarsi in cantiere.
Stando all`indagine della Dia, questo era il sistema che ha consentito il travaso di diverse migliaia di euro dalle casse delle imprese interessate ai lavori alle organizzazioni criminali di riferimento.
Il dominus di tutto sarebbe stato il boss Pasquale Libri, già condannato nel processo “Testamento” e fratello del defunto mammasantissima don Mico Libri.
La Dia ha anche sequestrato beni per oltre 4 milioni di euro. Il gip Domenico Santoro, infatti, ha disposto i sigilli ai bar “Senza tempo” e “San Gaetano Catanoso” e al panificio “Mangiola Carmela”, oltre che a due appartamenti, a un immobile in fase di realizzazione e a due auto.
I dettagli della conferenza stampa sono stati illustrati stamattina al sesto piano del Cedir. «Il dato più interessante, che ha portato al sequestro del bar, – ha dichiarato il procuratore capo Giuseppe Pignatone – è il rapporto tra Mangiola e i funzionari della Bentini che, sentiti, hanno  confermato il nostro impianto accusatorio. Emerge il tentativo costante delle cosche di sfruttare, a danno della collettività, ogni singola occasione di guadagno».
«Dall`inchiesta – ha aggiunto il capo della Dia di Reggio, Gianfranco Ardizzone – emerge un nuovo tipo di estorsione. I Libri non hanno chiesto la mazzetta ma hanno imposto l`assunzione di dipendenti selezionati e individuati dal capocosca. Dipendenti che non solo erano stati assunti, ma non andavano neanche a lavoro».

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