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Le pressioni dei Libri ai dirigenti della Bentini

«Io non posso più uscire di casa… A casa la sera, ieri, tre persone!… Ho dovuto mettere… perché poi ho avuto un`altra… mi hanno mandato a chiamare un certo Libri! Pare che sia il capo della…

Pubblicato il: 17/02/2012 – 20:38
Le pressioni dei Libri ai dirigenti della Bentini

«Io non posso più uscire di casa… A casa la sera, ieri, tre persone!… Ho dovuto mettere… perché poi ho avuto un`altra… mi hanno mandato a chiamare un certo Libri! Pare che sia il capo della cosca locale! Mi ha detto solo che mi vuole parlare perché lui fa le mense aziendali e sarebbe interessato a mettere una mensa in questo cantiere!».
A parlare, il 2 novembre 2005, è il responsabile del cantiere della Bentini Spa, Umberto Liguori. Un`intercettazione dalla quale traspaiono le difficoltà che il geometra ha incontrato nella gestione dei lavori per il nuovo Tribunale di Reggio Calabria. Pressioni e condizionamenti ambientali che gli uomini della Dia hanno registrato ascoltando le parole dei dirigenti della Bentini. «Gli ho detto che noi non siamo interessati… non è venuto lui direttamente, mi ha mandato uno a chiedere!» è sempre Liguori che parla con l`ingegnere Costantino Bordini, inconsapevole di essere intercettato. A quest`ultimo confida l`ambasciata con la quale il mammasantissima di Cannavò aveva  auspicato di accaparrarsi l`appalto per il servizio mensa: «Gli ho detto che noi non siamo interessati a fare delle mense aziendali perché quel locale che stiamo preparando è solo per refettorio, c`è stato ordinato dai sindacati, ma noi… è un locale dove gli operai vanno a mangiare, eventualmente a riunirsi per fare le riunioni sindacali, a riunirsi per fare delle riunioni delle imprese, ma… non altro. E quindi ho queste pressioni un po` qua e un po` di là… non so quanto riuscirò a tenerli a bada fino adesso… Va bene, comunque, se dovete mettere la mensa… io sono a disposizione, io la ringrazio!…».
Una storia confermata dall`ingegnere Bordini che agli uomini del colonnello Ardizzone ha riferito: «Ricordo che il Liguori mi disse che uno di questi soggetti che si era avvicinato per fare la richiesta indicata si chiamava “Edoardo”: ciò accadde qualche tempo dopo le originarie richieste ed in particolare circa un anno dopo la stipulazione, avvenuta nel novembre ’06, di una convenzione tra la Bentini ed una tavola calda denominata “Senza tempo”, situata alle spalle del Cedir e nelle immediate vicinanze del cantiere; ricordo che un giorno il Liguori, indicandomi un soggetto che come sempre si trovava alla cassa dell’esercizio in questione, mi disse “guarda quello si chiama Edoardo ed è uno dei delinquenti che mi venivano a fare pressioni per conto dei Libri”».
Intercettazioni e verbali di interrogatorio sono stati inseriti nell`ordinanza di custodia cautelare in carcere che ha portato all`arresto del boss Pasquale Libri, del titolare del bar “Senza tempo”, Edoardo Mangiola, e di Claudio Bianchetti. Nell`inchiesta è indagato anche Antonello Sinicropi (già in carcere perché coinvolto nel processo “Testamento”, ritenuto un uomo di fiducia della famiglia mafiosa di Cannavò.
Ritornando alle estorsioni ai danni della Bentini, la `ndrangheta ha “mostrato” il suo volto al  geometra Marco Difrancescantonio che, il 18 aprile del 2006, appena rientrato a Reggio dalle ferie pasquali, è stato fermato da due giovani che lo avevano invitato a riferire a Liguori «di adempiere ad un nostro dovere nei loro confronti poiché – dichiara alla Dia il dirigente della Bentini – noi avremmo dovuto sapere come muoverci e era un anno che aspettavano». Poche ore e sotto l`abitazione del geometra Difrancescantonio c`erano di nuovo gli stessi soggetti che lo hanno invitato a salire a bordo di un`Alfa Romeo dove c`erano altre due persone con il volto travisato da un cappellino e una sciarpa.
Vale la pena leggere il racconto fatto alla Dia dal geometra: «La persona travisata seduta sul sedile posteriore aveva una  pistola, non me l`ha puntata contro ma ha fatto in modo che io potessi vederla. La persona armata mi ha detto di non prendere sottogamba poiché la questione era seria, loro sapevano con chi avevano a che fare, per cui noi dovevamo preoccuparci solo della nostra incolumità. Mi riferiva che il mio ruolo era quello di essere un tramite con il mio capo che loro conoscevano chiamarsi Liguori, che era un anno che aspettavano una mossa da parte della nostra azienda, cosa che non vi era ancora stata anche se avevano già inviato dei segnali, segnali ai quali noi non avremmo dato alcun peso in maniera strafottente.  Ho cercato di ribadire quanto avevo già detto qualche ora prima agli altri due, specificando pure che l`organizzazione della nostra ditta non prevede un maneggio di soldi da parte dei responsabili del cantiere. La risposta fu “lo sappiamo che non maneggiate ma voi sapete anche a chi muovere e a chi chiedere per risolvere il problema”. Ha aggiunto anche che è da un anno che tutti chiedono se la nostra ditta fosse a posto, ed alla mia domanda “tutti chi?” ha precisato “tutto il mondo che gira intorno al cantiere”, aggiungendo che fino a quel momento loro avevano garantito che la nostra ditta era una ditta a posto ma che da oggi in poi, se la situazione non si fosse sanata, avrebbero ritirato questa ritengo che intendessero dire che non avremmo potuto avere il loro consenso e la loro copertura. Hanno ribadito le loro minacce, aggiungendo che sapevano dove abitiamo sia io che Liguori».
Dal novembre 2005 al luglio 2006, nel cantiere della Bentini si sono verificati danneggiamenti, sabotaggi e atti intimidatori  nei confronti di uomini e mezzi della società di Faenza.
Interessante, a proposito, le parole pronunciate dall`ingegnere Bordini e captate negli uffici della ditta. Il dirigente chiede un intervento per bloccare l`escalation di attentati. E non lo chiede allo Stato: «Non la mettere così, su, Edoà … ti chiamo perché voglio evitare guai … questa la devi mette così, ti chiamo perché voglio evitare guai! Il tuo intervento, però, mi sembra necessario, come l’altra volta ti ho chiamato e hai potuto provvedere. Tu hai qui sul cantiere ben due macchine … eh! Le macchine però, purtroppo sono rotte … e questa faccenda delle macchine rotte non è colpa né del geometra, né di chi sta nelle macchine… cioè, voglio dire, non è colpa dei tuoi uomini … però purtroppo le macchine si rompono, alcune macchine si rompono!!!  Allora, se succede una volta, fa parte del lavoro; se la succede la seconda volta, purtroppo è il lavoro; se succede la terza volta è un caso strano; se succede la quarta volta è una scalogna; se succede la quinta volta vuol dire che dobbiamo provvedere!!!».
Ha una lettura tutta sua dei problemi che la Bentini ha incontrato in riva allo Stretto per la costruzione del nuovo palazzo di giustizia. Prima di dimettersi dall`incarico, il direttore della “Divisione civile Italia”, Francesco Fochi, telefona all`ingegnere Bordini al quale confessa che: «Reggio Calabria rappresenta una croce, una croce veramente amara, perché me ne sento responsabile. Devo dire che probabilmente lei figura molto meglio come ingegnere che come politico, ma non tutti hanno la vocazione della politica. Lei, come ingegnere, cioè come soluzione tecnico, come proposte, come, come modo di affrontare le pianificazioni del cantiere, lei è perfettamente competente e ha tutte le conoscenze. È  chiaro che a Reggio Calabria forse bisognava anche essere dotati anche di come dire, di una dote politica di saper recitare, di saper ringraziare il Sindaco e gli altri, che forse lei, ma io meno di lei, meno di lei non abbiamo avuto insomma, e vivere, vivere l`ambiente politico richiede forse certe volte delle doti particolari che, va beh io sicuramente non ho».

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