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È morto Renato Dulbecco Premio Nobel per la medicina

È morto, all`età di 97 anni, Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina. Lo ha confermato all`Ansa il presidente del Cnr Luigi Nicolais. Dulbecco era nato a Catanzaro il 22 febbraio del 1914, è …

Pubblicato il: 20/02/2012 – 15:42
È morto Renato Dulbecco Premio Nobel per la medicina

È morto, all`età di 97 anni, Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina. Lo ha confermato all`Ansa il presidente del Cnr Luigi Nicolais. Dulbecco era nato a Catanzaro il 22 febbraio del 1914, è stato biologo, medico e genetista italiano. Nel 1975 è stato insignito del premio Nobel per la medicina. Le sue ricerche, compiute tra gli anni Cinquanta e Settanta, nel laboratorio dell’Università di Bloomington, nell’Indiana, nel prestigioso California Institute of Technology (Caltech) di Pasadena, nell’Istituto di virologia di Glasgow e infine nel Salk Insitute di La Jolla in California, lo portarono alla scoperta del meccanismo d’azione dei virus tumorali nelle cellule animali, uno studio approfondito che gli permise di ottenere il massimo riconoscimento e salire agli onori della scienza.

MERCOLEDI` AVREBBE COMPIUTO 98 ANNI
Renato Dulbecco è morto nella sua abitazione domenica a Mt Soledad, a
La Jolla, nell`area di San Diego, in California. Lo riporta l`UT San Diego citando il Salk Institute, di cui Dulbecco era stato presidente in passato. Secondo quanto dichiarato da alcuni rappresentanti del Salk Institute, Dulbecco non era in buona salute da circa sei mesi. Lo scienziato catanzarese è morto all`eta di 97 anni, mercoledì ne avrebbe compiuti 98.
Nel 1930 si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Torino (benché amasse la fisica), e già dal secondo anno, grazie ai brillanti risultati ottenuti, fu ammesso come interno all’Istituto di Anatomia di Giuseppe Levi, personalità in vista nell’ambito medico e biologico. Qui, dove si occupava prevalentemente di biologia, ebbe modo di conoscere Salvador Luria e Rita Levi-Montalcini, che divenne un’ottima compagna di lavoro e con la quale instaurò una profonda amicizia che coltivò anche in seguito. Gli anni trascorsi all’Istituto furono segnati dal continuo intervento del regime fascista nella vita pubblica e privata, e lo stesso Levi, dichiarato oppositore del sistema vigente, fu sul punto di abbandonare la cattedra di anatomia pur di non prestare giuramento al regime. Dopo aver accettato di rientrare a far parte del gruppo di ricercatori di Levi, iniziò a interessarsi all’effetto delle radiazioni sulle cellule embrionali di pollo, osservando delle alterazioni nello sviluppo delle cellule germinali. Il neo-scienziato, tuttavia, fu consapevole del fatto che per approfondire questo genere di ricerca, avrebbe dovuto acquisire molte più conoscenze in ambito fisico, per cui decise di iscriversi alla facoltà di Fisica dell’Università di Torino, completando questi studi nell’arco di due anni. L’ambizione di conoscere l’effetto delle radiazioni sulla struttura e sul meccanismo d’azione dei geni, che costituivano ancora perlopiù un mistero, lo spinse ad intraprendere esperimenti utilizzando cellule in coltura, in particolare embrioni di pollo. Decisivo, a questo punto della sua carriera, fu l’incontro con Salvador Luria, che aveva già avuto modo di conoscere, essendo stato anch’egli studente a Torino e interno dell’istituto di Levi. Luria si occupava a quel tempo dei virus (biologia) che infettano i batteri (batteriofagi), e utilizzava come Dulbecco le radiazioni; data la comunanza di interessi, gli offrì la possibilità di lavorare nel suo laboratorio a Bloomington, nell’Indiana, dove collaboravano già personalità di spicco della comunità scientifica.

PROGETTO GENOMA
La personalità del grande scienziato, mai pago di conoscenza, lo portò a immergere se stesso in un nuovo colosso della scienza moderna: il “Progetto Genoma”, con l’obiettivo di identificare tutti i geni delle cellule umane e il loro ruolo, in modo da comprendere e combattere concretamente lo sviluppo del cancro. La tecnica adottata fin dagli esordi fu vincente: si trattava degli anticorpi monoclonali, ovvero anticorpi prodotti in laboratorio, fondendo una cellula tumorale con una plasmacellula attivata e diretti contro un unico antigene. La cellula così ottenuta (ibridoma) si moltiplica rapidamente e permette di produrre una notevole quantità dell’anticorpo specifico, che a sua volta si lega soltanto ad un tipo cellulare. Le ricerche iniziali furono condotte sulla ghiandola mammaria dei ratti e rivelarono la correlazione tra insorgenza di un tumore ed alterazione dell’espressione genica. Conoscere tutti i geni dell’uomo era l’anello mancante di questa catena vitale, e l’unico modo per smuovere la titubante comunità scientifica fu quello di lanciare il progetto mediante una delle riviste scientifiche più autorevoli: Science. Nell’arco di pochi mesi, furono attuate numerose iniziative, la scintilla del nuovo “ordigno” della scienza era stata innescata.

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