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Il pentito Bonaventura: «Troppe talpe nel sistema di protezione»

CATANZARO Si sente abbandonato dallo Stato il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura che, dopo essere scampato a un attentato nella località protetta dove si trova sotto copertura, ha deciso …

Pubblicato il: 21/02/2012 – 16:02
Il pentito Bonaventura: «Troppe talpe nel sistema di protezione»

CATANZARO Si sente abbandonato dallo Stato il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura che, dopo essere scampato a un attentato nella località protetta dove si trova sotto copertura, ha deciso di rompere il silenzio per raccontare all`Ansa le condizioni in cui vive e la «presenza di troppe talpe nel servizio di protezione». Bonaventura era il reggente dell`omonima cosca di Crotone e da tempo ha iniziato a collaborare con la giustizia svelando i segreti e i traffici della `ndrangheta. Parlando della sua carriera criminale, Bonaventura ricorda che «ero il reggente della cosca così come aveva voluto nel 2001 mio zio Gianni. A questa decisione c`è stato il benestare dei capibastone invisibili. Poi ho deciso di collaborare con la giustizia per non rubare il futuro ai miei figli. Ma da quando mi sono “pentito” sto vivendo un vero e proprio calvario». Ed è proprio il calvario vissuto da collaboratore di giustizia che lo ha spinto a rompere il silenzio e a raccontare quanto gli sta accadendo durante la permanenza nel programma di protezione. Il suo racconto, minuzioso nei particolari, è ricco di richieste di aiuto inascoltate, del tentativo di intraprendere un nuovo percorso di vita, di tornare a una normalità tanto sperata. Nei mesi scorsi, durante un processo contro esponenti delle cosche crotonesi, ha denunciato ai giudici di averla fatta franca con la giustizia della `ndrangheta che lo aveva raggiunto sin nella località protetta dove vive. Bonaventura, infatti, è scampato a un attentato organizzato dagli emissari delle cosche che, per dirla con una sua frase, «volevano farmi fare la fine di Lea Garofalo (la testimone di giustizia sciolta nell`acido, ndr)».
Ma com`è stato possibile arrivare alla località protetta e all`identità di Bonaventura? A questa domanda risponderanno gli inquirenti che stanno indagando. Ma per il collaboratore di giustizia tutto è accaduto per «la mala organizzazione, per l`incapacità e la corruzione che ormai regna sovrana nelle nostre istituzioni. Di chi è la colpa? Delle troppe talpe che ci sono». E sulle condizioni in cui vive ora, il pentito è categorico. «Ora vivo peggio di prima – ha detto – sono stato lasciato completamente solo, nell`indifferenza di tanti. Ricevo telefonate minacciose da parte di chi ho denunciato, e questo grazie alle talpe nel sistema di protezione». Ma la denuncia di Bonaventura si spinge anche ben oltre perché «sono stato contattato, fino a questi ultimi giorni, da affiliati del clan Ferrazzo che mi hanno invitato a prendere un “caffè”, con l`intento di farmi ritrattare le accuse». Nonostante quanto gli sta accadendo Luigi Bonaventura ha intenzione di continuare a collaborare con la giustizia. «Credo in quello che sto facendo. Voglio essere un esempio per i miei figli e per la mia famiglia. Sono un calabrese che non si arrende e per questo motivo intendo andare avanti».

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